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Zeffirelli contro Sordi: "Non fu star mondiale, non lo metto nel mio film su Roma"

Il regista spiega perché non ha inserito Alberto Sordi nel suo docufilm su Roma promosso dal Campidoglio. Dure reazione da parte del mondo del cinema e non solo. Nanni (Pd): "Zeffirelli e Alemanno non conoscono Roma"

Albertone non trova posto nel docufilm su Roma che il Campidoglio ha commissionato al regista Franco Zeffirelli. Il perché lo spiega direttamente il regista toscano, senza peli sulla lingua: “Alberto Sordi non è una star internazionale” e non c'è motivo di dargli visibilità insieme a Marcello Mastroianni e Anita Ekberg che si bagnano nella Fontana di Trevi, Anna Magnani in “Siamo donne” di Luchino Visconti e le “vacanze romane” di Audrey Hepburn e Gregory Peck.

Zeffirelli ha spiegato al Messaggero che “Sordi è un fenomeno esclusivamente nazionale” mentre il docufilm “Omaggio a Roma” è stato ideato per promuovere l'immagine della Capitale del mondo. “Roma per me è come una donna della quale sono troppo innamorato, non ne vedo più i difetti”, dichiarò Zeffirelli nel 2009 quando presentò in anteprima al Festival del Cinema di Roma i primi tre minuti del docufilm, con Monica Bellucci e Andrea Bocelli a scambiarsi baci roventi nelle vesti dei protagonisti di Tosca di Giacomo Puccini. Ma per Zeffirelli, (soprannomitato con una punta di cattiveria negli anni '60 "Scespirelli" per i suoi filmoni shakesperiani interpretati da cast di protagonisti internazionali ma pieni di caratteristi italiani), Alberto Sordi non è conosciuto fuori dai confini italiani, “niente a che vedere rispetto a nomi universali come la Magnani o Mastroianni”.

La scelta di lasciare fuori Albertone ha suscitato un coro di proteste nel mondo, raccolte dal Messaggero. “Sordi poco conosciuto all'estero? Dopo 'Un americano a Roma' gli conferirono la cittadinanza onoraria di Kansas City”, spiega un esterrefatto Christian De Sica. Per Carlo Lizzani, “effettivamente Mastroianni e la Magnani hanno una caratura internazionale decisamente superiore” ad Albero Sordi "ma questa poteva essere l’occasione giusta per farlo conoscere”. Carlo Vanzina, figlio di Steno, regista di tanti successi interpretati da Sordi, si esprime a nome dei romani: “Alberto è uno di noi, è un nostro eroe e resterà tale. ˜È assurdo fare un 'Omaggio a Roma' e lasciarlo fuori, lui è l’identità di questa città”. E ancora più lapidario è il commento di Enrico Montesano: “Io credo che Roma sia internazionale: è Caput Mundi. E Albertone ne era la sua grande espressione”.

La press-agent di Sordi, Paola Comin, smentisce la tesi del “Sordi sconosciuto all'estero” ed elenca al Messaggero alcune fra i riconoscimenti internazionali ricevuti da Albertone. “Un giorno fummo ricevuti da Francis Ford Coppola a casa sua, si ispirò a lui quando anni dopo diresse uno spot con Massimo Ghini che omaggiava Alberto ne 'Lo sceicco bianco'. Negli ultimi anni della sua carriera Sordi ricevette telegrammi di stima da tutti i più grandi, da Al Pacino a Scorsese. A Parigi, alcuni anni prima che morisse, i prestigiosi Cahiers du Cinema organizzarono una retrospettiva con tutti i suoi film. E ricordo come se fosse ieri quando a San Francisco, centinaia di studenti americani furono costretti a rimanere fuori perché l’aula in cui Alberto tenne lezione era tutta esaurita”.

Più critico, sul versante politico, è il consigliere del Pd capitolino Dario Nanni, membro della commissione cultura del Comume di Roma. "Non aver inserito Alberto Sordi nel docufilm su Roma significa semplicemente non avere capito la città, le sue caratteristiche e i suoi cittadini – dice Nanni - Chi non ha compreso il legame con Sordi della città eterna non può comprendere nemmeno il suo animo intimo. È l'ennesima dimostrazione di distanza di un sindaco che non è mai entrato in sintonia con la capitale tanto da non riconoscerne nemmeno i suoi simboli profondi”. Quello di Zeffirelli è “un racconto superficiale della città” e Roma è per il regista (“pagato profumatamente”, sottolinea Nanni), “solo un corpo estraneo come lo è l'inquilino del Campidoglio”. Il docufilm di Zeffirelli “ sembra una vendetta contro Roma perpetrata da entrambi per sentirsi esclusi dalla città eterna”. Alemanno avrebbe fatto meglio a rivedere “Il marchese del Grillo”, suggerisce Nanni. Emblema di un certo tipo di romanità, il “magistrale” film diretto da Mario Monicelli è stato “interpretato da chi ha profondamente amato Roma”.

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