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Il libro abusivo nella Roma che non legge più

Occupano zone di pregio di Roma, sono le bancarelle di "arcipelago delle parole", un vuoto normativo le ha fatte diventare abusive. I libri passano in secondo piano e si trasformano in semplici bancarelle di souvenir

Correva la locomotiva Italia, erano gli anni '60, alle spalle la guerra e davanti, lavoro, cultura e sogni. Come sono lontani quegli anni, non c'era tutta questa tecnologia e l'italiano medio cominciava ad apprezzare la lettura e il libro come strumento di libertà. 

A Roma, tra Termini e piazza della Repubblica, in via Terme di Diocleziano, venivano tirati su diversi banchi che vendevano per lo più libri, usati o in edizioni rare: "Noi eravamo le librerie per il popolo, la gente era imbarazzata nell'entrare nelle librerie perché non sapeva cosa chiedere e invece da noi trovava una persona con cui poter rapportarsi." Questo è quello che dice Armando, un vecchio libraio che da quasi 60 anni ha un banco in via Terme di Diocleziano. "Ora di libri non si campa più, 40 anni fa vendevamo centinaia di manuali di elettronica, falegnameria, libri sulla sessualità - continua Armando - pensa che qui veniva addirittura Berlinguer che con il nipote, si fermava e comprava stampe o libri. Era un altra Italia, più interessata alla cultura."
E' un pezzo di Roma "Armando della Stazione", così lo chiamano i suoi colleghi, e con gli occhi lucidi descrive una città che non riconosce più, una società che non ha più passione, e si sente a pelle che nonostante tutto, l'amore per i suoi libri non è cambiato.
 
La politica negli anni ha cercato di riavvicinare i romani alla cultura e alla lettura, nel '97 l'amministrazione Rutelli lanciò un'iniziativa dal nome altisonante "L'arcipelago delle parole" un circuito di bancarelle che in alcune piazze e strade del centro storico della capitale avvrebbero dovuto vendere libri. L'allora assessore al Commercio Claudio Minelli descriveva tale iniziativa al Corriere della Sera, in un articolo di quell'anno: "L'Arcipelago delle Parole si inserisce nelle iniziative promosse e finalizzate a sostenere e diffondere il ruolo straordinario del libro e delle librerie nella nostra città, ma anche per riordinare le attività che si svolgono su area pubblica." 
 
Il progetto "Arcipelago delle parole" è stato chiuso anni fa,  i banchi però esistono ancora e sono 'tecnicamente' abusivi, come ammettono gli stessi venditori. I libri allora diventano merce rara e sulle bancarelle c'è merce che c'entra poco con la cultura. In  Via delle Muratte, in Largo dei Lombardi  e in altre zone della città regna una grande confusione: souvenir, foto, guide, poster e varie cianfurusaglie. "I libri non si vendono e noi dobbiamo adeguarci, sappiamo che siamo abusivi ma in realta noi paghiamo la concessione del suolo, l'amministrazione con una mano incassa e con l'altra ci indica come colpevoli del degrado del decoro urbano." Questo è quello che dice un venditore di via delle Muratte: "Siamo costretti a vendere di tutto per competere con tutti gli ambulanti abusivi del centro, con edicole e negozi di souvenir che sono dei veri a propri bazar dove trovi di tutto."
 
Roma resta un limbo, un'idea che mai si concretizza, un'alchimia indecifrabile di programmi e concretezza di azioni. Perché l'Urbe diventi una vera capitale europea non si può prescindere da una regolamentazione seria per chi lavora in zone di pregio. Le librerie ambulanti furono pensate in modo che dessero un colore diverso, un respiro di cultura ad alcuni angoli della città, ma se poi non ci si preoccupa di regolarli e monitorarli, si finisce per ritrovarsi nel caos. La sensazione che si vive e che attraverso i fastosi proclami e slogan, la città sia pronta a cambiare tutto per poi non cambiare nulla e allora ecco che tutto resta così, abusivo e confuso. Il libro, il vero protagonista della nostra storia, resta lì fermo e impolverato, chiuso negli scaffali, sopraffatto e ferito dalla plastica di inutili oggetti.
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