"Cieli blu" nella "Città dell'Aria": Guidonia tra lutto e incredulità il giorno dopo lo scontro tra aerei
Si accende fra i residenti il dibattito sui voli militari sui cieli della città. Il sindaco proclama il lutto cittadino
"Quando li ho visti volare a bassa quota sopra il centro abitato ho subito capito che c'era qualcosa che non andava". A parlare non è un esperto di volo, né tantomeno un pilota dell'aeronautica o un aviere. Le parole sono quelle di un uomo nato e cresciuto a Guidonia che ha assistito agli attimi precedenti alla collisione che ha poi determinato l'incidente aereo costato la vita al tenente colonnello Giuseppe Cipriano e al maggiore Marco Meneghello. Un rapporto simbiotico quello fra la Città di Guidonia Montecelio e l'aeroporto militare Alfredo Barbieri. Città dell'Aria, questo il nome con il quale viene anche chiamato il comune alle porte di Roma che prende il nome proprio da un generale dell'aeronautica militare, Alessandro Guidoni, morto il 27 aprile del 1928 mentre stava sperimentando un nuovo tipo di paracadute. Un volo sui cieli delle allora paludi che contornavano la vallata di Montecelio che fu fatale al generale che cadde al suolo morendo dopo un tremendo impatto dovuto alla mancata apertura del paracadute. "La città aeronautica Guidoni si chiamerà Guidonia e i suoi abitanti guidoniani". Con queste parole allora Benito Mussolini fondò poi la città di Guidonia. Era il 1937 e l'aeroporto militare di Montecelio era già uno dei più importanti d'Italia.
Uno stretto connubio quello fra gli abitanti di Guidonia e l'aeroporto militare Alfredo Barbieri, aviatore militare romano decorato di Medaglia d'argento al valor militare alla memoria, considerato uno dei padri dell'aviazione da bombardamento italiana. Molte delle attuali seconde e terze generazioni della giovane città di Guidonia sono infatti figli di quegli aviatori che a partire dalla fondazione dell'aeroporto hanno trovato prima un lavoro e poi una città dove vivere, Guidonia appunto. Cittadini abituati al suono degli aeroplani militari che sorvolano la Città dell'Aria. Ma martedì qualcosa è andato storto. Quel rumore familiare sui cieli della città si è tramutato in un incubo, un disastro, costato la vita a due piloti dell'aeronautica. "Sono 40 anni che mi volano in cielo aerei militari - racconta ancora un testimone -. Quando ho visto quelle manovre atipiche di quei quattro aerei ho avuto come un sobbalzo. Un sesto senso che mi ha indicato che stava per succedere qualcosa di grave". Tempo di abbassare la testa e rialzarla "che quegli aerei non erano più in cielo". Poi "ho sentito un forte boato e una colonna di fumo nero sprigionarsi in cielo".
Sono i momenti della tragedia. Nel volgere di pochi minuti a Collefiorito di Guidonia arrivano decine di soccorritori. I vigili del fuoco stanno ancora spegnendo l'aereo con il quale il maggiore Meneghello si è immolato per evitare una strage, centrando in pieno un'auto parcheggiata in una piccola strada - via delle Margherite - larga il tanto necessario a far passare due auto. Sono momenti di terrore. Nel cuore della parte storica di Collefiorito figli, padri, madri e cittadini si precipitano a casa dei parenti che abitano nel centro abitato di Collefiorito vecchio. "Mia moglie era appena andata via con mia figlia - racconta Stefano con il terrore negli occhi -. Aveva parcheggiato l'auto davanti a quella dove è cascato l'aereo, è stato un miracolo".
Sul luogo della tragedia - dove a poche centinaia di metri è caduto anche l'U-208 del 60° stormo di Guidonia in cui ha trovato la morte il tenente colonnello Giuseppe Cipriano - è il panico. I residenti continuano ad accorrere in abiti da lavoro con un solo pensiero nella testa, abbracciare i propri cari che si trovavano in casa a pochi metri dalla tragedia.
Fra il rumore delle sirene e quello dei soccorsi aerei che sorvolano i cieli della città i cittadini si interroggano: "Ma è normale che un aereo dell'aeronautica faccia ste piroette sopra un centro abitato?", si chiede un residente che si trova in piazza degli Anemoni. E se l'aereo caduto sul prato avesse colpito il distributore di carburante che si trovava a pochi metri? Adesso staremmo parlando di una strage". E ancora: "E' stato mio figlio a chiedermi questi giorni se era normale che gli aerei volassero così bassi", racconta un altro residente dal bar che si trova a poche decine di metri da via delle Margherite. "Non è possibile che volino così basso sulle nostre teste - racconta un ragazzo -. Dopo questo disastro aereo abbiamo ancora qualche dubbio che non sia pericoloso?". "Dopo tanti anni che abito qua doveva succedere" - le parole di un altro residente -. Strano che non sia mai successo".
Una memoria buona quella dell'abitante di Collefiorito di Guidonia, abituato da una vita a vedere sopra i propri occhi gli aerei dell'aeroporto militare volare sopra la propria testa. Nel corso dei decenni non sono mancate le morti in servizio, ma hanno riguardato sempre dei paracadutisti, a partire dal Generale Guidoni che con il suo sacrificio diede vita inconsapevolmente alla città di Guidonia Montecelio. Ultima tragedia in ordine di tempo si verificò il 28 novembre del 2017 quando il sergente maggiore Mirko Rossi, paracadutista di 41 anni dell’aeronautica mlitare in forza al 17° Stormo perse la a vita in seguito all'impatto al suolo durante un'attività addestrativa di lancio con paracadute pre-pianificata che si stava svolgendo presso l'aeroporto militare Alfredo Barbieri.
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Tragedie dai cieli, ma anche gesti di eroismo, come quello del maggiore Meneghello che ha sacrificato la sua vita evitando una strage. Era il 1985 quando l'allora tenente Maurizio Simone -a cui è intitolato il piazzale dove si trova l'ingresso dell'aeroporto militare - nel corso di un’esercitazione sull’aeroporto di Guidonia, non esitò a lanciarsi in aiuto di un altro allievo paracadutista in difficoltà, purtroppo senza riuscire nell’impresa, anzi offrendo la propria vita nel tentativo di salvare il suo allievo. I due parà erano dei Falchi Blu, speciale nucleo particolarmente addestrato per i lanci di precisione con il paracadute. A mille metri d'altezza l'aviere Cosimo Cavallo si lanciò dal portellone dell'aereo, ma il tenente Simone si rese subito conto che il paracadute dell'aviere non funzionava. L'ufficiale si lanciò subito, raggiunse il soldato ma non riuscì a aprire la maniglia d'emergenza del suo paracadute. Morì dopo l'impatto al suolo. Un gesto eroico che non bastò però a salvare la vita di Cosimo Cavallo, che poi morì poco dopo il ricovero in ospedale.
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Guidonia dove le tragedie nei cieli non sono purtroppo una novità con gli abitanti di Guidonia che si sono stretti attorno ai "loro aviatori", a quel 60° Stormo che ha da sempre casa nella Città dell'Aria. Dopo il dolore e le lacrime oggi a Guidonia Montecelio è stato proclamato il lutto cittadino. Un connubio fra guidoniani e aviatori riassunto nelle parole con il quale il sindaco Mauro Lombardo ha comunicato il lutto cittadino: "Quanto accaduto nella nostra Città rappresenta una tragedia sconvolgente. L’intera comunità ha assistito attonita al gravissimo incidente aereo che è costato la vita a due piloti che prestavano servizio presso il 60° Stormo. Una tragedia che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi se il velivolo precipitato nel centro abitato di Colle Fiorito non avesse miracolosamente evitato, probabilmente per scelta e abilità del pilota, la collisione con le case. Non ci sono parole per descrivere il nostro stato d’animo. Questa Città ha un rapporto simbiotico con l’Aeronautica. Del resto, la storia di Guidonia Montecelio e quella dell’Arma Azzurra sono legate sin dalle rispettive origini. Domani (oggi ndr) sarà proclamato il lutto cittadino. Personalmente, e a nome dell’intera cittadinanza, esprimo le più sentite condoglianze alle famiglie dei due piloti, il tenente colonnello Giuseppe Cipriano e il maggiore Marco Meneghello. Guidonia Montecelio si unisce al dolore dei loro colleghi e di tutti gli italiani".