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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Arrestata famiglia di cravattari: "Non è cattiveria, ma se non paghi te pijo a bastonate"

Il blitz è stato coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale. Nei guai 3 persone indagate per usura, estorsione e abusivo esercizio del credito

"Io te pio a bastonate. Non è cattiveria però devi fare la persona seria. Io i soldi che c’ho me li sò fatti con l'anni de galera non me li hanno regalati a me". E' questa una delle minacce, intercettate, che una famiglia di cravattari rivolgeva ai piccoli imprenditori di Roma est e del litorale finiti nella tela dei prestiti con tasso usuraio avvalendosi anche dei legami di parentela con una famiglia della 'ndranghete ormai, da anni, stabile tra Anzio e Nettuno. 

A sgominare il losco giro d'affari i poliziotti della Questura di Roma ed i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale, nei confronti di padre e figlia e di un loro 'luogotenente'. Tutti e tre indagati per "usura, estorsione e abusivo esercizio del credito".

Gli investigatori, coordinati dalla D.D.A., hanno ricostruito numerosi rapporti usurari gestiti dal sodalizio, che, nel caso di mancata o ritardata restituzione del denaro, minacciavano le vittime: "A me quelli grossi mi piacciono perché fate il botto quando cascate". Si legge in un'altra delle intercettazioni riportate. 

Accanto ai due uomini, destinatari di misura cautelare in carcere, emerge la figura della figlia per la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari.

La donna, 36enne, oltre ad aver fattivamente partecipato ad alcuni episodi di usura, è la compagna di un uomo molto vicino ad una cosca calabrese di Guardavalle, da anni stanziata sul litorale romano e già giudicata dalla Corte di Appello di Roma che ha confermato condanne per associazione mafiosa. Proprio quel legame sarebbe stato talvolta rimarcato per conferire maggiore forza intimidatoria alle proprie minacce.

I sodali imponevano pagamenti settimanali per il rientro del debito, applicando tassi di interesse pari al 40% mensile per prestiti fino a 5mila euro.

Oltre tale importo si "accontentavano" del 10% mensile ma, in questo caso, il pagamento era a 'capitale fermo', in quanto le rate non decurtavano il capitale iniziale.

Una vittima, ad esempio, per un prestito di 80.000 euro, è stata costretta a pagare 8.000 euro al mese senza che l'importo iniziale venisse ridotto nel tempo. Per estinguere il debito, infatti, l'usurato era tenuto a corrispondere l'intera somma presa a prestito più una rata. In caso di ritardi nei pagamenti, poi, venivano applicate "multe" fino all'intero importo della rata non corrisposta.

La sinergia tra il personale della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, armonizzati dalla regia della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha permesso di smantellare definitivamente l'agguerrito sodalizio, liberando molte famiglie della Capitale.

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