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Cronaca

"Se non paga tocca ammazzarlo", usura e estorsioni con minacce mafiose: 17 arresti

Perno dell'organizzazione era, secondo la Guardia di Finanza "l'illecito rapporto tra un affermato imprenditore romano e due pluripregiudicati di origine campana, da tempo trasferitisi a Roma"

Un sodalizio criminale definito contiguo con gli ambienti malavitosi è stato stroncato dal Nucleo di Polizia Tributaria della capitale. Diciassette arresti e un sequestro di beni per un totale di 16,5 milioni di euro: è questo il bilancio dell'operazione Luna nera. I 17 arrestati, (13 in carcere e 4 ai domiciliari) dovranno rispondere a vario titolo di associazione a delinquere, usura, estorsione, abusivismo finanziario, reimpiego di capitali illeciti, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e accesso abusivo a sistemi informatici. 

In alcuni casi le condotte risultano aggravate dal cosiddetto metodo mafioso, considerata la forza intimidatrice esercitata e lo stato di assoggettamento, spesso degenerato in terrore, provocato nelle vittime.

Perno dell'organizzazione era, secondo la Guardia di Finanza "l’illecito rapporto tra un affermato imprenditore romano e due pluripregiudicati di origine campana, da tempo trasferitisi a Roma". Un rapporto che ha dato origine al sodalizio criminale contiguo con ambienti malavitosi di stampo camorristico e ‘ndraghetista.

Le indagini, condotte dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale, hanno avuto inizio nel 2013, a seguito della denuncia sporta dalla vittima di reiterate estorsioni, connesse a prestiti usurari.

Secondo quanto accertato l'imprenditore romano, Alessandro Presutti, coadiuvuato da Franco o'Pazz Francesco Sirica e da Luigi Buonocore avrebbe applicato "bieche logiche mafiose". In una intercettazione finita agli atti del procedimento, uno degli indagati afferma: "Ci devono pagare lo strozzo. Sto aspettando. Mi metto sulla moto e lo butto di sotto. Tocca  ammazzarlo".

Più in generale le intercettazioni hanno consentito di documentare come l'imprenditore si rivolgesse a soggetti dall’elevato spessore criminale per il recupero dei crediti vantati ed ancora non riscossi. Tra i criminali contattati il boss Maurizio Rango, reggente della cosca di ‘ndrangheta Rango - Zingari di Cosenza ed attualmente in carcere per associazione mafiosa, attraverso cui reclutare anche un presunto killer di ‘ndrangheta, sicuramente più "convincente" in ipotesi di ulteriori ritardi nei pagamenti.

Decine le vittime delle condotte di usura stroncate dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria. I malcapitati, a fronte di ingenti prestiti di denaro contante erano costretti a corrispondere tassi di interesse mensili fino al 20%, subendo, in caso di inadempimento, gravi minacce, intimidazioni e ritorsioni anche con il ricorso alla violenza (le indagini hanno documentato, tra l’altro, un caso di accoltellamento).

Il sodalizio criminale aveva la capacità di reclutare noti pregiudicati, tra i quali un importante esponente della famiglia Cordaro del quartiere Tor Bella Monaca, Giuseppe Cordaro, già detenuto dal luglio 2016 e oggi nuovamente destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere, ampiamente conosciuto alle cronache per gli ingenti traffici di droga e per i numerosi fatti di sangue verificatisi nella zona, connessi a “regolamenti di conti”, funzionali al “dominio” sulle lucrose piazze di spaccio.

Nel corso delle indagini è emerso il collegamento e la fidelizzazione con il noto boss Michele Senese, Michele o' pazzo, la cui fama criminale veniva sovente evocata per gestire le dinamiche relazionali con altre organizzazioni malavitose ovvero per intimorire le vittime di usura o, ancora, per garantire la raccolta di denaro necessari al sostentamento dei membri del gruppo campano nonché alle loro ingenti spese legali connesse a processi in corso. Agli arresti, inoltre sono finiti anche due professionisti, incaricati di tentare recuperi "legali" dei crediti. In questo caso si tratta di un avvocato del foro di Roma e di un consulente del lavoro.

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