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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

La cancelliera dell'Antimafia arrestata per usura

La donna, 61 anni, si occupava di gestire i prestiti e le riscossioni in città mentre il figlio, da Tenerife, coordinava l'attività. Da febbraio lavorava negli uffici della Dda

Un “affare di famiglia”, un giro di usura tra Spagna e Italia cui partecipavano il figlio, un 38enne che da Tenerife coordinava l’attività di prestito e riscossione, ma anche il patrigno e la madre, una donna di 61 anni che per anni è stata cancelliera alla procura di Roma e che da qualche mese era entrata a far parte del personale amministrativo della direzione nazionale antimafia.

Tutti e tre sono finiti agli arresti al termine di una lunga e complessa indagine della squadra mobile della questura di Roma, coordinata dai pm Giovanni Conzo e Francesco Basentini, che ha portato all’emissione di altre cinque misure di custodia cautelare per i complici, tra cui il braccio destro del 38enne, un 66enne di origini baresi, e un 70enne. Sono tutti accusati di usura, esercizio abusivo del credito ed estorsione.

Il giro d’affari si concentrava principalmente tra San Paolo, Piramide, Garbatella, Marconi e Trullo, e nel mirino degli usurai finivano soprattutto piccoli commercianti che si vedevano offrire inizialmente prestiti a tassi vantaggiosi (anche se sempre più alti rispetto a quelli consentiti) e che nel corso dei mesi venivano costretti a suon di minacce a consegnare cifre sempre più alte, con interessi che su basi trimestrali arrivano a superare il 70%.

Le indagini, condotte tra il giugno 2020 e il marzo 2021, sono partite proprio dalla denuncia di un piccolo esercente della Garbatella che, in difficoltà economiche, si era rivolto al “boss” dell’associazione, a Tenerife. Gli accordi erano stati presi e il denaro era stato prestato, ma quando l’uomo ha iniziato a lamentarsi di non riuscire a restituirli con quei tassi d’interesse, chiedendo più tempo, ecco arrivare le minacce: “Mo ti faccio proprio male, mi hai rotto il c…, ti mando a spaccare tutto”, è una delle frasi che gli inquirenti hanno intercettato nel corso del lungo periodo di indagine. E se il “boss” restava a Tenerife con la compagna, il controllo sulle vittime lo esercitava anche attraverso i familiari.

La madre, in particolare, presentata come “una persona importante, che lavora al sevizio di un magistrato all’interno del tribunale di Roma”, e che secondo la procura “non si limitava solo a prelevare i profitti da destinare al figlio, ma contribuiva anche lei alla verifica” delle cifre consegnate. Sebbene “esecutrice di direttive del figlio”, insomma, aveva un ruolo attivo, perché “forniva il proprio contribuito nella verifica degli incassi, consapevole dei prestiti a usura cui si dedicava il figlio”.

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