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Cronaca

Truffe informatiche su servizi tv: 28 indagati solo nel Lazio

Sfruttando software e apparecchiature idonee, gli indagati avrebbero violato i sistemi di decodifica dei prodotti televisivi offerti a pagamento dai maggiori distributori

Professionisti, titolari di esercizi commerciali e aziende e operatori di settore sono i 39 indagati per truffa informatica e violazione della normativa sul diritto d'autore. Le frodi sono state scoperte nell'ambito di un'operazione della polizia postale di contrasto a alla pirateria audiovisiva, che danneggiava soprattutto Mediaset e Sky.

Solo nel Lazio sono 28 le persone indagate. 7 sono in Sicilia, 3 in Piemonte e 1 in Emilia Romagna. Sfruttando software e apparecchiature idonee, gli indagati avrebbero violato i sistemi di decodifica dei prodotti televisivi offerti a pagamento dai maggiori distributori (tra cui Sky e Mediaset), e distribuivano via Internet i codici di accesso ai diversi bouquet, consentendone la visione abusiva a numerosi utenti della Rete, che per tali servizi corrispondevano ai criminali corrispettivi più bassi di un legittimo canone di abbonamento. Sono alcune migliaia le persone che hanno usufruito illecitamente del servizio.

La procedura, squisitamente informatica, utilizzata a tali fini, (denominata card-sharing), consentiva infatti la illecita condivisione tra più soggetti del segnale legittimamente destinato ad un solo utente, che ne corrispondeva il corrispettivo al distributore. Tra i prodotti televisivi più richiesti ed oggetto del mercato illegale parallelo individuato, eventi sportivi, reality show, e bouquet di cinema in HD.

Sotto la direzione della Procura di Roma-Gruppo Criminalità Informatica, a seguito di intense attività di pattugliamento della Rete, la Polizia delle Comunicazioni ha individuato gli utenti coinvolti a vario titolo nelle attività criminali. I sequestri effettuati hanno fornito importanti riscontri alle ipotesi di reato, consentendo di ricostruire i tasselli di un sistema piramidale ed aprendo orizzonti internazionali alle indagini. L'operazione si colloca come la prima risposta delle forze dell'ordine ad un fenomeno delittuoso ancora in fase di evoluzione, e come segnale di allerta per la collettività della portata criminale di condotte troppo spesso percepite come tollerabili nel comune sentire sociale, ma che hanno fatto già fatto registrare grave danno economico sia alle aziende specializzate nella produzione e fornitura di sistemi di sicurezza digitale, sia a quelle che producono e diffondono programmi televisivi. Gli utenti individuati rischiano fino a tre anni di reclusione. (Fonte Ansa)

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