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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Mafia capitale, il tribunale del riesame su Buzzi: "Infaticabile nel crimine"

Si legge nelle motivazioni dell'ordinanza con la quale sono stati respinti i ricorsi di diversi indagati nell'inchiesta. Le attività corruttive "hanno coinvolto nel comune pubblici ufficiali e anche un assessore dell'attuale consiliatura"

"Punto di riferimento dei sodali e dei suoi collaboratori" e "fidatissimo alter ego" di Massimo Carminati. E' il ritratto di Salvatore Buzzi che emerge dalle pagine redatte dai giudici del tribunale del riesame per il 'ras delle cooperative' al centro dell'inchiesta 'Mafia Capitale'. Secondo i giudici della libertà è "un personaggio dalle indubbie capacità imprenditoriali, ma dalla totale assenza di scrupoli" e per questo "è certamente pericoloso e deve essere posto in condizioni di non nuocere alla collettività".

Secondo il collegio dagli atti dell'inchiesta "emerge come Buzzi si dedichi al crimine in maniera davvero infaticabile". Secondo i giudici Buzzi "si adopera al fine di tessere trame di accordi illeciti" e si attiva per prevalere "con l'aiuto di amministratori pubblici a vario livello". Inoltre "nei confronti dei politici e dei funzionari pubblici la sua capacità di 'sapersi muovere' e la sua 'generosità' sono notorie al punto che alle volte sono quelli che gli offrono opportunità che non ha neanche ricercato".

Riguardo a Claudio Caldarelli il tribunale ricorda come lui ricopra "un ruolo formale nelle cooperative riconducibili a Buzzi ed in tale veste viene 'utilizzato' dall'associazione per mantenere i rapporti con i funzionari pubblici e per infiltrarsi nella amministrazione". Nei suoi confronti si spiega che "la continuità del suo impegno criminale e la determinazione dimostrata nel supportare l'organizzazione mafiosa giustificano pienamente l'affermazione della sussistenza del pericolo di recidiva in termini sia di attualità che di concretezza".

IL QUADRO - Secondo il riesame inoltre l'inchiesta 'Mafia Capitale' ha svelato una serie di condotte illecite "che si sono protratte sino ad epoca prossima all'emissione dell'ordinanza del gip con modalità che dimostrano una consuetudine ed una abitualità sconcertante, indice di un malcostume generalizzato che inquina tutta l'attività pubblica". Sono chiare le indicazioni del tribunale del riesame nelle motivazioni dell'ordinanza con la quale sono stati respinti i ricorsi del presidente della cooperativa '29 giugno' Salvatore Buzzi, di Claudio Caldarelli e Paolo Di Ninno (carcere) e di Emanuela Bugitti, Alessandra Garrone, Giordano Tredicine, Stefano Bravo e Guido Magrini (domiciliari), e accolto quelli di Franco Figurelli, Massimo Caprari, Angelo Scozzafava, Antonio Esposito e Pierpaolo Pedetti (che hanno ottenuto i domicliari) e di Mario Monge, al quale è stato imposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Per il collegio dei giudici della libertà, presieduto da Bruno Azzolini, "il quadro indiziario", rispetto agli arresti del dicembre scorso per associazione per delinquere con l'aggravante del metodo mafioso, "risulta oggi ancora più grave in quanto sono emerse nuove condotte degli indagati di corruzione, al fine di agevolare l'associazione mafiosa di cui fanno parte, con un'attività che è durata fino al giorno del loro arresto, con l'inserimento nell'associazione di un consigliere regionale (Gramazio) e con la presenza di diverse condotte corruttive e contatti sospetti dai quali e' possibile evincere una rete di corruttele non compiutamente emerse dalle indagini". Le attività corruttive di 'Mafia Capitale' - ricorda il tribunale del riesame - "hanno coinvolto nel comune di Roma pubblici ufficiali e anche un assessore dell'attuale consiliatura" quando la precedente ordinanza del tribunale "aveva avuto ad oggetto fatti avvenuti, prevalentemente, durante la giunta Alemanno".

Riguardo a Pierpaolo Pedetti, consigliere dell'assemblea capitolina e presidente della VII Commissione patrimonio e Politiche abitative del Comune di Roma, "un inqualificabile comportamento" quando, alterando un bando di gara legato all'accoglienza di 580 migranti, "deve convocare una riunione informale tra gli operatori e pateticamente e senza alcuna diginità attende istruzioni da Buzzi per conoscere quale dovrà essere la propria proposta". Per il collegio, si tratta di "un episodio che dimostra come il pubblico amministratore abbia completamente interrotto ogni aggancio con la legalità ed abbia affidato la propria funzione alla deriva della corruzione prestandosi a essere duttile strumento nelle mani di imprenditori senza scrupoli".

Secondo il tribunale del riesame, Massimo Caprari, consigliere dell'assemblea capitolina dopo essere stato consigliere provinciale e presidente del consiglio del V Municipio, "vende le proprie funzioni per votare la delibera in ordine ai debiti fuori bilancio, manifestando una particolare spregiudicatezza soprattutto se rapportata al ruolo di neofita del consiglio comunale". Spiegano i giudici: "E' significativo che Caprari riesca a 'scandalizzare' Buzzi con una richiesta (l'assunzione di tre persone) valutata eccessiva perfino dallo spregiudicato imprenditore. La condotta complessiva di questo indagato - evidenzia il tribunale parlando sempre di Caprari - dimostra quale sia la sua concezione dell'esercizio di un'attività elettiva, quella di consigliete comunale, che lo stesso ha continuato a esercitare fino al momento del suo arresto".

Stessa impostazione attiene anche Giordano Tredicine, anche lui consigliere dell'assemblea capitolina, "il cui spessore criminale è sottolineato da Massimo Carminati che gli attribuisce un 'milione di impicci'. Il giudizio di Buzzi è assolutamente concorde ed è anzi certamente significativo che, con evidente riferimento alla propensione di Tredicine a farsi pagare per ogni 'servizio' reso, aggiunga 'però devi scenne dai taxi, sennò gira sempre il tassametro'".
 

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