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Cronaca

Laziali 'prigionieri' a Varsavia, il vice capo della Polizia: "Legge applicata giustamente"

A distanza di oltre 10 giorni diversi biancocelesti ancora fermi nella capitale polacca. Striscione in Campidoglio: "Liberi". Cochi: "Tifosi arrestati a fronte delle così poche garanzie personali che sono state loro riconosciute"

Nei confronti dei tifosi laziali in trasferta a Varsavia "è stata giustamente applicata la legge". Così il vicecapo vicario della Polizia, Alessandro Marangoni, il quale ricorda come "i tifosi italiani quando vanno all'estero dimenticano spesso che devono misurarsi con la legislazione di quel determinato Paese. E nel caso dei tifosi biancocelesti a Varsavia è stata giustamente applicata la legislazione polacca".

VIOLENZA NEGLI STADI - Marangoni è intervenuto al convegno sulla violenza negli stadi organizzato a Montecitorio, alla presenza tra gli altri del Ministro con delega allo sport Graziano Delrio, presente tra gli altri anche il vicepresidente dell'Osservatorio per le Manifestazioni Sportive del Viminale, Roberto Massucci, che ha seguito passo passo le vicenda dei tifosi laziali.

PERSONE NOTE ALL'HARD ROCK CAFE' - "I ragazzi - ha ricordato il funzionario - si sono trovati in 200 all'Hard Rock Cafè, senza che nessuno degli organizzatori della trasferta avesse invitato a farlo. Tra di loro c'erano anche una ventina di 'persone note', di 'daspati'. Ad un certo punto, secondo la ricostruzione, hanno cominciato ad attaccare la polizia che ha risposto. Ricordo che la legge polacca prevede la punibilità anche per coloro che partecipano passivamente alla cosa".

A VARSAVIA PERSONALMENTE - Massucci ha aggiunto che la vicenda "è stata seguita dal governo ai massimi livelli. Io stesso sono andato a Varsavia per capire cosa era successo e cercare di indirizzare l'azione del governo. A memoria non ricordo che un premier sia mai intervenuto su un altro primo ministro per capire come risolvere una situazione. Detto questo, ho incontrato la polizia polacca, l'autorità giudiziaria, gli arresti e i genitori. Di questi, quasi tutti hanno cercato di giustificare il figlio, dicendo che era innocente, criticato la polizia polacca che è stata esagerata, e il governo italiano. Solo un genitore, un falegname - ha concluso Massucci - mi ha risposto: 'quando torna a casa gli do tante di quelle botte...'. Ecco, ognuno tragga le giuste considerazioni da questo aneddoto".

STRISCIONE IN CAMPIDOGLIO - Intanto il 9 dicembre dal Palazzo Senatorio del Campidoglio è comparso uno striscione (nella foto) con un messaggio sintetico ma significativo: "Liberi". A spiegare le motivazioni l'ex delegato allo Sport dell'amministrazione Alemanno Alessandro Cochi: "Il riferimento è ai tifosi biancocelesti ancora detenuti dalle autorità polacche, in seguito all’incomprensibile atteggiamento delle forze di polizia di Varsavia nel corso delle ore precedenti alla partita di Europa League Legia-Lazio. Il pensiero va non solo al gruppo di tifosi tuttora detenuto con accuse pretestuose, ma a tutti quei duecento e più concittadini romani fermati e reclusi in quanto considerati “colpevoli” di essersi recati in una Capitale dell’Unione Europea per assistere a una partita di calcio! Cosa ancor più grave alla luce del comportamento violento, oltraggioso e provocatorio di molti dei sostenitori polacchi nei confronti della nostra Città".

RISPOSTA SPROPORZIONATA - Alessandro Cochi che prosegue: "Qualsiasi atteggiamento sbagliato dei tifosi laziali andrà sanzionato, ma la risposta delle autorità locali è apparsa sin da subito sproporzionata a quanto potesse essere avvenuto. E comunque si attendono quelle prove oggettive senza le quali Varsavia dovrà spiegare al nostro Governo le ragioni per cui così tanti tifosi sono stati arrestati, a fronte delle così poche garanzie personali che sono state loro riconosciute. Forse qualcuno lo ha dimenticato ma la Polonia fa parte dell’Unione Europea, la cui immagine si contraddistingue in tutto il mondo per la certezza dello Stato di diritto".

AUTORITA' POLACCHE - Una situazione vergognosa: "Non serve avere un ruolo politico o istituzionale per denunciare legittimamente il vergognoso comportamento delle autorità polacche nei confronti dei nostri concittadini in un luogo, simbolo di Roma e dell’intera nazione, da cui in passato sono state avviate tante campagne di protesta contro le grandi ingiustizie internazionali, a partire dal caso clamoroso dei due Marò per arrivare alla lotta contro la condanna a morte di Tareq Aziz. E da dove, incredibilmente, fino ad ora non si è levata (salvo pochissime  eccezioni) alcuna voce ufficiale (quindi con documento scritto) di sostegno nei confronti di tanti romani, e di ammonimento per lo Stato polacco, i cui diritti principali sono stati sistematicamente violati in un Paese “amico”. L'appello "Liberi" - conlcude Cochi - diventa ancor più necessario con l’approssimarsi del Natale e alla luce dell’atteggiamento tanto remissivo – o forse omissivo – delle nostre Istituzioni".

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