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Cronaca

Strage di Ardea, sulla pistola usata da Andrea Pignani e la circolazione delle armi si infiamma il dibattito

Lamorgese: "La tracciabilità delle armi è garantita attraverso il Ced, ma è in via di conclusione un regolamento che disciplina il sistema informatico di questi dati"

La strage di Ardea è incancellabile. La pistola usata da Andrea Pignani per uccidere Salvatore Ranieri e i fratellini Daniel e David Fusinato è ancora fumante. I carabinieri e la Procura di Velletri, che indagano sulla tragedia, stanno focalizzando le loro indagini proprio sul perché la famiglia del killer non avesse dichiarato di tenere ancora quell'arma in casa, una Beretta di proprietà del padre di Pignani, guardia giurata e quindi titolato ad avere la pistola, morto però nel 2020. 

La pistola era dunque rimasta in casa, come se la licenza di porto d'armi avesse natura ereditaria, quando invece è personale. Verrebbe da pensare che la tragedia di Ardea, consumata nel consorzio di Colle Romito, possa essere stata una drammatica coincidenza, ma la realtà è più complessa di così. Il compito di vigilare su chi ha un'arma è dello Stato. Una tema, questo, tornato d'attualità nelle ultime terribili ore, con il segretario Pd Enrico Letta che, ad un'iniziativa elettorale con Roberto Gualtieri a Tor Bella Monaca, ha sottolineato come sia il momento di rivedere la legge: "Senza voler speculare sul dolore di quanto accaduto drammaticamente ad Ardea, credo sia venuto il momento di aprire una serie riflessione sul tema delle armi in casa delle persone. Sono un dramma, non un elemento di sicurezza. Chiediamo al governo di rivedere le regole".

Una linea condivisa anche dal segretario dell'Associazione nazionale funzionari di Polizia, Enzo Letizia: "La dolorosa vicenda di Ardea ci induce a richiedere una profonda riflessione sul tema della circolazione delle informazioni rilevanti in materia di armi tra le Autorità sanitarie, gli Enti locali e le Autorità di Polizia, concernenti sia il titolare della detenzione o della licenza, sia dei suoi conviventi. Può venirci in aiuto - suggerisce - al fine di contemperare i diritti di rilevanza costituzionale con le esigenze di tutela della privacy e del diritto alla salute ed alla vita, l'adozione di tecnologie come app dedicate che possono risolvere le delicatissime questioni sottese, anche di natura applicativa, disciplinandole attraverso un regolamento concertato tra i ministeri interessati".

Sullo stesso piano le dichiarazioni di Enrico Borghi, responsabile Sicurezza del Pd, che sottolinea come "questa tragedia ci fa capire come le armi da fuoco sono uno strumento delicatissimo che richiede una grandissima responsabilità nel loro impiego", e anche quelle di Carlo Calenda, leader di Azione e candidato sindaco a Roma che con Tweet ha ammonito: "Allucinante quanto accaduto ad Ardea. Ci sono troppe armi da fuoco in giro".

Come per il porto, la licenza per il possesso di un'arma è disciplinata dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e dal relativo regolamento di attuazione. La concessione (detta formalmente nulla osta) è rilasciata dalla questura di competenza, solo a chi abbia compiuto la maggiore età e non abbia precedenti penali. La licenza consente la detenzione delle armi e delle munizioni nella propria abitazione e relative pertinenze, ma non il porto o il trasporto all'esterno, per il quale è obbligatoria una licenza apposita. In ogni caso, la denuncia di detenzione di armi, deve essere immediatamente effettuata presso un commissariato della Polizia di Stato o una stazione dell'Arma dei Carabinieri. Adempimento non portato a termine dalla famiglia di Andrea Pignani o dal ragazzo stesso, diventato killer il 13 giugno 2021.

Secondo Vincenzo del Vicario, Segretario Nazionale di Savip (Sindacato Autonomo Vigilanza Privata) è da riternersi  "scandaloso" come "dopo la morte del padre di Pignani nessuno si sia preoccupato di ritirare armi e munizioni agli eredi, soprattutto dovendosi conoscere le condizioni in cui versava il giovane. Il messaggio d'allarme lanciato dal Segretario di Savip è sulla mancanza di un "sistema informatizzato di controllo, promesso e per il quale erano stati spesi ingenti fondi pubblici". Insomma, una tragedia annunciata.

Sul tema, a margine di un vertice in prefettura a Firenze, è intervenuto anche la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese che ha assicurato che si lavoerà per determinare il perché quella maledetta Beretta fosse nelle disponibilità di Andrea Pignani: "Era certamente una persona labile che aveva un'arma. Su questo aspetto stiamo cercando di capire tramite i carabinieri che sono presenti sul luogo".  

La ministra ricorda - come d'altronde sottolineato anche dall'Arma e dalla Procura di Velletri che indagano - che nessuno "ha fatto denuncia della presenza di un'arma" da fuoco a casa del padre dell'assassino, un ex guardia giurata, al momento del suo decesso avvenuto l'anno scorso. Attualmente, precisa, "la tracciabilità delle armi è garantita attraverso il Ced, ma è in via di conclusione un regolamento che disciplina il sistema informatico di questi dati. Si tratta di un testo già condiviso con le altre forze di polizia, è stato portato alla condivisione anche con le associazioni del relativo comparto". 

L'auspicio della ministra è che "quanto prima veda la luce, evidentemente c'è stato un po' di tempo di attesa, questo è verissimo però speriamo che nel giro di pochissimo questo regolamento che doveva essere adottato a fine 2018 veda la luce. C'è anche da dire però che ci sono accertamenti in corso per capire esattamente non solo la dinamica, che pare abbastanza chiara, ma come mai questa arma fosse lì dove non doveva essere".

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