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Cronaca Tor Bella Monaca / Viale Paolo Ferdinando Quaglia

Un commando dei Moccia per la spedizione punitiva nel bar: sei arresti a Tor Bella Monaca

La spedizione punitiva nel bar per la supremazia nel quartiere, gli spari e il clima di omertà. A ricostruire quanto avvenuto sono stati i carabinieri di Tor Bella Monaca

Una spedizione punitiva in un bar che affaccia sulla "torri" e i colpi di pistola per ribadire la propria supremazia nel territorio. Soprattutto nel dedalo delle vie dello spaccio.

Una aggressione consumata contro tre nordafricani lo scorso ottobre in un clima di omertà che, però, non ha fermato le indagini dei carabinieri della stazione di Tor Bella Monaca che hanno arrestato sei persone tra cui anche Gaetano Moccia, noto pregiudicato della zona e già finito nei guai per un blitz al Ferro di Cavallo, e fratello del defunto boss Vincenzo Moccia, detto Vincenzino, morto in carcere nel 2008. 

Le indagini

Sei, in totale, le persone arrestate su disposizione del gip di Roma, Maddalena Cipriani. Le accuse sono quelle di "minaccia aggravata, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo". Tutti familiari o affiliati del clan Moccia. Il provvedimento trae origine dall'indagine iniziata dal rinvenimento di un'ogiva e di un foro nella vetrata di un balcone che si trova al primo piano di un palazzo che affaccia su via Paolo Ferdinando Quaglia.

Grazie a quel rimasuglio di proiettile i carabinieri di Tor Bella Monaca, coordinati dalla compagnia di Frascati, hanno studiato l'ipotetica traiettoria del colpo esploso e sequestrato l'intero impianto di videosorveglianza di un bar situato a pochi metri dall'abitazione coinvolta.

L'omertà nel quartiere

Questo perché i titolari del locale e le vittime che frequentano il locale, tutti ascoltati, non si sono sarebbero dimostrati collaborativi nelle indagini. "Qui non è successo nulla, se si ammazzano più il là che possiamo farci", la versione. Un clima omertoso che non ha aiutato le indagini, tanto che un testimone - in un secondo momento - ha chiesto anche di ritirare la sua versione dei fatti. 

Elementi che, però, non hanno fermato gli investigatori coordinati dal pm Giovanni Conzo. Secondo quanto ricostruito, nella tarda serata di sabato 23 ottobre, un 'commando' di sei persone, di cui Gaetano Moccia armato di pistola, ha messo in atto una vera e propria spedizione punitiva contro tre cittadini tunisini, minacciandoli e colpendoli con calci e pugni. In pochissimi secondi, il bar, a quell'ora molto affollato, si è svuotato, ma nessuno dei presenti ha contattato le forze dell'ordine.

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Il filo rosso della droga

Nessuno, in sostanza, ha parlato. Probabilmente per paura. I Moccia sono una famiglia potente e conosciuta nel quartiere. Un gruppo di spacciatori radicato. Fatto sta che al termine dell'azione, sono stati esplosi anche tre colpi di pistola in aria da Gaetano Moccia, uno dei quali ha appunto centrato il muro del balcone dell'abitazione di una signora che ha chiamato poi i carabinieri.

Nel quartiere, però, i vicini hanno raccontato che nessuno aveva sentito nulla scambiando quei "botti" per fuochi d'artificio. La vicenda, secondo chi indaga, non è però apparsa come un episodio isolato soprattutto per i precedenti di alcuni appartenenti al commando e per il fatto che due dei tre cittadini tunisini sono stati già in altre occasioni feriti con colpi di pistola. Il filo rosso è quello della droga. 

Uno dei tre, infatti, fu ferito da un colpo di pistola in via dell'Archeologia. Anche in quel caso la vittima non collaborò con le forze dell'ordine. Un altro, invece, lo scorso anno. Secondo una ipotesi investigativa le tre persone bersaglio dell'agguato nel bar di via Quaglia avrebbero provato ad alzare la cresta con i Moccia.

Forse si volevano allargare, stanchi di fare i "manovali" dello spaccio. A seguito delle indagini dei militari dell'Arma, i pm hanno richiesto al giudice l'emissione delle misure cautelari in carcere le sei persone del gruppo dei Moccia. Sono tutte gravemente indiziate di essere i componenti del 'commando'. Questa mattina sono stati arrestati e condotti presso le case circondariali di Rebibbia e Regina Coeli.

Sequestrati Rolex e soldi

''Appare evidente - sottolinea il gip nell'ordinanza di custodia cautelare - la sussistenza di allarmanti esigenze cautelari: si impone l'intervento cautelare sia al fine di evitare e scongiurare il pericolo di recidiva sia al fine di proteggere la genuina acquisizione delle prove. Quanto al pericolo di inquinamento probatorio deve richiamarsi non solo quanto riferito'' da un testimone ''che intendeva ritrattare le precedenti dichiarazione per timore di ritorsioni'' ma anche ''la circostanza che nessuno delle persone offese presenti nel bar ha denunciato la spedizione punitiva''.

Quanto al pericolo di recidiva, scrive ancora il gip, ''non solo deve essere messo in risalto la gravità dei fatti accertati che sono indubbiamente espressione di una spiccata capacità criminale, ma deve essere richiamato quanto accertato dalla polizia giudiziaria anche nell'ambito di altre indagini in ordine alla capacità criminale della 'famiglia Moccia'''. Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati dai carabinieri 12mila euro in contanti, due rolex e anche sostanza stupefacente.

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