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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Trieste

Bambino autistico grave, la scuola taglia le ore di terapia: "Crea problemi alle maestre"

Succede in un istituto comprensivo del Trieste-Salario, dove il bambino di 6 anni frequenta la prima elementare. Da inizio anno le ore concesse alla professionista si sono ridotte a 2

Un disturbo dello spettro autistico di grado severo, che comporta una disabilità intellettiva fortemente limitante per le capacità di apprendimento e relazionali. Nonostante questo, un bambino di 6 anni da metà gennaio si è visto ridurre a 2 ore settimanali l'assistenza di una terapista assegnatagli dal centro privato che lo ha in carico. A imporre questa limitazione è stata la scuola che frequenta dallo scorso settembre, un istituto comprensivo con sedi tra i quartieri Trieste e Africano, nel II Municipio. 

Il bambino autistico lasciato senza terapista

A raccontarci la storia è la mamma Francesca, 42 anni, danzatrice professionista e residente a pochi passi dal plesso frequentato dal piccolo. Da tre mesi tenta di avere un dialogo con la dirigente scolastica, senza successo: "E' stata molto dura nei nostri confronti - spiega - dicendo che siamo genitori difficili. Io non ci dormo la notte, mio figlio ha estrema necessità di essere seguito in un determinato modo, perché segue una terapia di origini statunitensi conosciuta come ABA (applied behaviour analisys), analisi applicata del comportamento, che prevede sia una fase casalinga sia una a scuola e coinvolge tutte le persone che ogni giorno hanno a che fare con lui. Serve a farlo integrare nel contesto in cui si trova, in questo caso la classe, ed è per questo che la terapista deve stare lì il più possibile, per seguirlo e osservarlo". 

La certificazione dell'Asl Roma 1

Una necessità che la stessa Asl Roma 1, tramite il servizio di neuropsichiatria infantile, aveva messo nero su bianco sia prima dell'inizio dell'anno scolastico, comunicandolo alla dirigenza dell'istituto comprensivo, sia i primi di febbraio su richiesta della famiglia in seguito alla drastica riduzione delle ore concesse. "A inizio anno ci eravamo quasi stupiti - continua Francesca - perché la scuola aveva permesso l'accesso della terapista per tre ore al giorno tutti i giorni. Le cose stavano andando bene. Poi però qualcosa è cambiato". 

La lettera della preside che riduce le ore di terapia

Ed è cambiato in peggio, decisamente. Prima delle festività natalizie, durante una riunione da remoto del gruppo di lavoro operativo che nelle scuole si occupa di monitorare ogni singolo caso di disabilità e coinvolge docenti e famiglie, emergono delle perplessità da parte della scuola: "E' uscito fuori che la terapista dava fastidio al lavoro delle maestre in classe - riferisce la mamma di Andrea - e così dopo Natale, con la scusa del picco dei contagi da Covid 19, è stata ridotta la possibilità di accesso". In una lettera del 1° febbraio, firmata dalla dirigente scolastica, si mette nero su bianco il cambio di strategia, con toni che non lasciano spazio all'interpretazione e soprattutto che chiariscono la posizione dell'istituto nei confronti delle esigenze della famiglia e del bambino: "L'intervento della terapista in aula è stata inizialmente concessa, sebbene non sia prevista dall'ordinamento la presenza di figure esterne, in via temporanea al fine di favorire il processo di conoscenza e inclusione - scriveva la preside due mesi e mezzo fa - . Nei vari incontri istituzionali e informali che si sono succeduti nel tempo, è stata più volte sottolineata la necessità di ridurre, fino a esaurimento, la presenza della terapista in classe anche per risolvere le numerose criticità evidenziate e ripristinare un sereno clima di lavoro didattico a tutela del diritto allo studio di tutti gli alunni".

La concessione "straordinaria ed eccezionale"

Per la dirigente, quindi, sono sufficienti la maestra di sostegno per 22 ore e l'Oepac per il tempo restante, quindi 18 ore. "Viste le pressanti richieste della famiglia - concede però la funzionaria -, si concede l’ingresso della terapista in classe nella sola giornata di martedì dalle ore 9.00 alle ore 11.00, in via straordinaria ed eccezionale, e in maniera temporanea fino alla naturale conclusione del lavoro di accompagnamento di Andrea". Ma il lavoro di accompagnamento di un soggetto autistico, qualsiasi sia la sua età, non ha una conclusione certa e soprattutto non può ridursi a un giorno a settimana nell'ambiente scolastico. Sono le stesse linee guida stilate nel 2011 dall'Istituto Superiore di Sanità a dirlo e riscontrabili ovunque: i programmi psicologici hanno successo quando sono intensivi, coinvolgono famiglia e scuola e vedono una costante misurazione dei progressi. 

Il momento più critico durante la quarantena

"Il momento peggiore è stato durante i periodi di didattica a distanza - continua a raccontare Francesca - perché mio figlio non è in grado di seguire e quindi ha perso diverse lezioni. Hanno spiegato le sottrazioni, lui ne è rimasto escluso. Io ad oggi non ho ben chiaro cosa faccia Andrea in classe, come venga assistito, cosa stia imparando, perché la preside non mi riceve da gennaio, non risponde alle email, sono giorni che la maestra di sostegno è assente e non so con chi sta e se sta con qualcuno". Le conseguenze della drastica riduzione della presenza della terapista in classe sta mostrando i primi effetti sul piccolo Andrea: "Lo vedo molto più agitato - conferma la mamma - e mi raccontano che sta davanti al termosifone a non fare niente, senza che nessuno intervenga. Certo, non posso attribuire tutto alla mancanza della terapista, ma una cosa è certa: meno è presente lei e meno vengono corretti i comportamenti sbagliati di Andrea". 

La diffida caduta nel vuoto

La famiglia di Andrea ha anche inviato una diffida il 30 marzo, tramite avvocato, nei confronti della scuola. La richiesta è quella di rivedere la decisione presa a inizio anno sull'esclusione di qualsiasi figura che non sia prevista dall'istituto e la riduzione a sole due ore come concessione straordinaria, tenendo conto di quanto stabilito dall'Asl sulla base della gravità della disabilità del bambino. "Non ci hanno risposto, nemmeno alle email successive" risponde mestamente Francesca. Che vorrebbe portare il figlio in un'altra scuola, ma si sente rispondere da tutte la stessa cosa: "Non c'è più posto, da nessuna parte". 

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