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Cronaca

"Sant'Egidio dice stop a sgomberi roulotte, hanno dimenticato cosa è accaduto a mio figlio?"

A parlare è la madre di Carlo Macro, ucciso da un cittadino indiano residente in una roulotte per senza tetto fornita da Sant'Egidio. Replica al comunicato stampa diffuso dalla Comunità che chiede al sindaco lo stop delle rimozioni

La comunità di Sant'Egidio chiede di fermare gli sgomberi delle roulotte per senza tetto, quelle che la stessa associazione mette a disposizione dei senza fissa dimora della Capitale. Quelle finite sotto i riflettori per aver fatto da sfondo a gravi fatti di cronaca, e per operare in un regime di dubbia legalità, molte senza autorizzazione e altrettante in violazione del codice della strada.   

"Nelle ultime settimane la Polizia Municipale sta portando avanti una sistematica operazione di allontanamenti forzosi in vari quartieri della città" scrivono in un comunicato stampa. Operazioni che rischiano di "esasperare situazioni già di grave fragilità" rischiando "di renderle irrisolvibili con grave danno per tutti". 

E ancora: "Sono errori che si ripetono anche in passate amministrazioni, di fronte al disagio sociale grave, d’estate scattavano operazioni di miglioramento dell’ “arredo urbano” rimuovendo le persone più in difficoltà e in un tempo di distrazione della città". Parole che fanno discutere, specie chi per la rimozione di queste strutture lotta da mesi. 

"Leggo con molto stupore e con viva preoccupazione che la Comunità di S.Egidio protesta contro il sindaco di Roma affinchè intimi alla polizia capitolina di interrompere la doverosa e tardiva rimozione delle roulotte abusive disseminate in tutte le parti della città". A parlare è Giuliana Bramonti, madre di Carlo Macro, il giovane ucciso il 17 febbraio per mano di un cittadino indiano, ospitato in una roulotte fornita dalla Comunità di Sant'Egidio in zona Trastevere come alloggio temporaneo per senza fissa dimora. 

La donna attacca senza mezzi termini l'associazione, e quella forma di assistenza che "in barba ad ogni forma di legalità" e "costringendo gli indigenti di qualsiasi tipo a vivere in modo a dir poco precario, al freddo in inverno, al caldo in estate, senza acqua, senza luce, senza bagni e quindi senza la minima igiene, innesca nella città coni d'ombra in cui, oltre a prestare il fianco a ogni tipo di attività malavitosa, si alimenta ancor più emarginazione, intolleranza e insicurezza". Quello stesso cono d'ombra in cui Carlo ha perso la vita, a 27 anni. "La Comunità si è forse dimenticata di cosa è successo a mio figlio?". 

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