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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Sanità: in Italia mortalità neonatale tra le più basse in Europa

Strutture di eccellenza ma scarsa organizzazione interessano tutte le regioni, compreso il Lazio. L'intervista a Costantino Romagnoli, presidente della SIN e direttore dell'Unità operativa di terapia intensiva neonatale del Policlinico Gemelli

Strutture di eccellenza ma scarsa organizzazione. La neonatologia in Italia e soprattutto nel Lazio gode di buona salute, anche se messa a confronto con le altre realtà europee. Eppure questo ancora non basta. L'intervista della 'Dire' a Costantino Romagnoli, presidente Sin (Società Italiana di Neonatologia) e direttore dell'Unità operativa di terapia intensiva neonatale del Policlinico Gemelli.

In Italia ci sono 128 strutture che effettuano meno di 500 parti l'anno. Cosa ne pensa?

"È una situazione ridicola. Alcuni ospedali di parti ne fanno addirittura solo 12 l'anno. Il problema fondamentale è che ci dobbiamo organizzare, perché nel nostro Paese sta succedendo qualcosa a mio avviso di molto grave. Il ministero della Sanità ha perso qualunque funzione, cioè dà delle linee guida di indirizzo, ma poi ogni Regione agisce a modo suo. A questo punto allora è ovvio che si crei una disomogeneità di servizi che non fa capire più niente soprattutto al cittadino. E questo vale non solo per la neonatologia, ma per tutta la sanità.

Una delle recenti polemiche che ci sono state sugli screening riguarda la storia dei paesi al confine tra la Toscana e l'Umbria, perché la Toscana fa lo screening allargato e l'Umbria no. A distanza di 5 km, insomma, c'è chi può usufruire di un servizio e chi invece no. La conseguenza è che molte mamme dell'Umbria vanno a partorire in Toscana e questo non è normale, soprattutto perché una malattia metabolica riguarda la salute di tutta la società e non solo quella dell'individuo".

Presidente Romagnoli qual è la situazione nel Lazio?

"La nostra Regione ha almeno 4 centri di neonatologia di grandissimo livello. Gli altri purtroppo soffrono di carenza di personale e di strutture. Nel Lazio ogni anno nascono 55mila bambini, tanti quanti in Olanda. Allora è bene sapere che l'Olanda ha 3 centri di terapia intensiva, mentre il Lazio ne ha 11. Come fa a sostenerli? Bella domanda. Se nella nostra regione si accorpassero questi 11 centri in 4, distribuiti adeguatamente, messi in rete con un sistema che già c'è, e facessimo una razionalizzazione adeguata di queste risorse, non avremmo da invidiare niente a nessuno. Quando capita che nel nostro ospedale ci vengono a trovare persone dall'estero, si chiedono sempre come facciamo ad ottenere questi risultati. Questo perché, senza un'organizzazione, è lasciato tutto alle capacità individuali di adattamento".

Quanti bambini nascono all'anno in Italia e quanti, mediamente, sono quelli sottopeso?     

"In Italia nascono circa 530/540mila neonati all'anno. Di questi un 7,5% sono prematuri e circa un 2% sono quelli che noi chiamiamo 'very low birth weight', cioè bambini di peso molto basso, con prematurità grave".

Quando un neonato corre seri rischi alla nascita per ragioni legate al sottopeso?

"La prematurità è definita come un'età gestazionale inferiore alle 37 settimane. È chiaro che i rischi che corre il bambino al momento dell'adattamento neonatale sono inversamente proporzionali all'eta' gestazionale: uno di 35 settimane, chiaramente, corre meno rischi rispetto a uno di 28. Quanto al peso limite, di fatto in questo momento si attesta intorno alle 24 settimane: chi sopravvive con un'età gestazionale inferiore, infatti, vuol dire che ha fatto male i calcoli. Questo perché tra la 22esima e la 23esima settimana è il momento in cui il polmone comincia ad essere sviluppato quanto serve per il minimo della sopravvivenza. Prima non è possibile".

Ha memoria di qualche caso eccezionale di bambino nato prematuro?

"Di casi ce ne sono tanti, ma spesso sono aneddotici. Al Policlinico Gemelli, dove lavoro, è riuscita a sopravvivere una bambina di 23 settimane che aveva un peso pari a 390 grammi. C'è da dire, però, che il 98% dei bambini che nasce con queste caratteristiche muore. È per questo che il caso aneddotico rende dal punto di vista giornalistico, ma poi di fatto rischia di creare delle false aspettative. Posso spiegare meglio il concetto con un esempio: se cade un aereo, ci sono pochissime possibilità che qualcuno sopravviva, ma puo' capitare che uno ogni tanto si salvi. Per quanto riguarda il Gemelli, nascono 3.400 bambini all'anno e normalmente quelli ricoverati perché prematuri sono tra i 500 e i 600 all'anno".

Quali sono gli accertamenti fondamentali da fare alla nascita?            

"Un bambino che nasce pretermine deve adattarsi alla vita fuori dall'utero, imparando come prima cosa a respirare. Ciò che il neonatologo deve fare, dunque, è garantirgli che possa essere messo nelle condizioni di farlo. Dopodiché ci sono una serie di adattamenti successivi, come l'alimentazione, che non sono però vitali nell'immediato o nel post partum ma lo diventano nel tempo. Se non si riesce a dare da mangiare al bambino, è chiaro che ci sono dei problemi oppure delle infezioni che vanno tenute sotto controllo".

Quali sono le principali cause di mortalità nel bambino prematuro?

"La principale è senz'altro quella legata alle infezioni, dal momento che il bambino nato prematuro ha un sistema immunitario che non è in grado di tollerare gli insulti infettivi che arrivano da agenti che normalmente convivono con noi sulla pelle o nell'intestino".

Screening neonatale, dottor Romagnoli ci parli dei vantaggi e svantaggi.

"Come tutti gli screening, anche quello neonatale serve ad identificare malattie congenite non svelabili clinicamente, ma che sono curabili. Esistono poi gli screening per quelle malattie non ancora curabili in toto, ma che possono avere delle vie che migliorano la qualità della vita. Infine c'è lo screening allargato, che serve a testare circa 40 malattie metaboliche, non tutte curabili. Lo screening ha tanti vantaggi, basti pensare che senza fare il prelievo del sangue si può fare anche quello audiologico per vedere se il bambino ha un problema uditivo congenito, e nel caso protesizzarlo il prima possibile, dunque renderlo normale. Quanto agli svantaggi, non esistono. Lo screening si fa prelevando dal tallone, con una semplice punturina, 5 o 6 gocce di sangue. È chiaro che qualcuno potrebbe considerare questo tipo di procedura aggressiva, ma in realtà si tratta solo di una semplice pratica assistenziale".

Parliamo dei costi.

"Per i vantaggi che ha lo screening neonatale, qualunque costo sarebbe basso! Detto questo, in Italia c'è un problema legato in primo luogo alla regionalizzazione della sanità: mancano dei centri di riferimento. Se devo fare 40 malattie metaboliche per 3mila neonati, per esempio, il costo non vale la candela. Ma se invece ci fosse un centro che raccogliesse tutti i neonati del Lazio, che sono circa 55mila, il costo sarebbe facilmente ammortizzabile. I centri di screening neonatale, insomma, soprattutto quando facciamo riferimento alle malattie metaboliche, dovrebbero essere pochi, altamente qualificati ed efficienti. Allora economicamente non ci sarebbero problemi".

Com'è cambiata la neonatologia in questi anni? Quali sono le nuove frontiere?

"Sono diventato medico nel 1971 e ho cominciato a entrare in questo settore un anno dopo. Le trasformazioni, dunque, le ho viste tutte. Se pensiamo a quella che è la mortalità neonatale ma anche infantile in Italia, noi oggi abbiamo una delle mortalità più basse a livello europeo. E tutto questo è dovuto al fatto che le competenze che ha acquisito la sanità, e soprattutto la neonatologica italiana, sono di altissimo livello. Oggi un bambino di un chilo, se non ha un problema infettivo grave che non riesce a curare, sopravvive sicuramente e la sua qualità di vita nel 90% dei casi è buona. Insomma, non abbiamo nulla da invidiare a nessuno, ma abbiamo solo un difetto: non ci sappiamo organizzare bene. Laddove ci si organizza bene, però, i risultati sono eccezionali".

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