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Cronaca

Case roulotte per senza tetto: la Procura svela il sistema, ma è scontro sull'archiviazione

Oggetto da un anno di un'inchiesta per abuso edilizio, sulle case mobili per indigenti della Comunità di Sant'Egidio il Pm vuole chiudere la partita. I denuncianti però si appellano al Gip: "C'è molto di più dell'illecito contestato. Carte svelano aspetti inquietanti"

Un anno di investigazioni e sequestri a tappeto. Pattuglie della Polizia Locale impegnate in tutta la città, decine di rimozioni, verbali, schedature. Il sistema emerge complesso, tra ombre, lacune e spunti investigativi. Da piazzale Clodio però arriva lo stop. Sulle roulotte di Sant'Egidio, scenario un anno fa del delitto del trentenne Carlo Macro e oggetto di un'inchiesta per abuso edilizio, è scontro giuridico. Un braccio di ferro infuocato tra chi vuole giustizia e chi pensa non ci sia nulla di penalmente rilevante. 

A tredici mesi dall'avvio delle indagini, aperte per fare luce su gestione e autorizzazioni delle decine di case mobili donate dalla Comunità di Sant'Egidio ai senza tetto della Capitale, il pm Francesco Dall'Olio ha chiesto l'archiviazione del fascicolo. Non ci sarebbe nessun illecito per gli alloggi di fortuna dell'ente cattolico parcheggiati in strada, sui marciapiedi, sullo spartitraffico. Nessun abuso edilizio perché, scrive il giudice, “finalizzati a uso temporaneo, limitato e sicuramente contingente” e quindi “non necessitanti di permesso di costruire”. 

Non ci stanno però i denuncianti, i consiglieri di opposizione Fabrizio Santori della Regione Lazio e Marco Giudici del XII municipio, autori dell'esposto depositato in tribunale a febbraio 2014. Annunciano battaglia e inviano al gip un atto di opposizione. La prima contestazione è nel merito: quei manufatti sono abitazioni e senza permessi violano la legge.

Forti della giurisprudenza che nell'ipotesi di installazione di roulotte o simili per uso abitazione configura il reato di costruzione edilizia abusiva, e tenendo presente che la Cassazione fissa a tre mesi il termine oltre il quale se il giaciglio è ancora in strada non è più da considerarsi temporaneo, le carte fornirebbero prove sufficienti per parlare di vere e proprie case parcheggiate sul suolo pubblico. 

--->TUTTE LE OMBRE NELLE INDAGINI<---

PERCHE' LE ROULOTTE NON SONO MOBILI – Ci sono i verbali redatti dalla Polizia Locale durante censimenti, rimozioni e sequestri, dove sono registrate le voci degli occupanti e fotografate le condizioni di ritrovamento delle roulotte.  Qualcuno “dichiarava di alloggiare all'interno da più di un anno”, in altri casi “la roulotte era utilizzata come dimora già da svariato tempo” oppure “ veniva utilizzata in modo continuativo quale abitazione”. 

In via Garibaldi, un'occupante ascoltata dalla polizia dichiara di avere ricevuto il giaciglio da Sant'Egidio, “da tre anni circa”. Dentro un mezzo posto a sequestro in via Beccari si accerta “la presenza di prostitute che esercitano la propria attività a bordo di camper parcheggiati da diversi anni”. 

Nelle stesse note si descrivono le vetture, molte in condizioni “tali da non poter circolare”, senza targa, con il numero di telaio abraso, o con le gomme a terra. Alcune sono addirittura fissate all'asfalto con “blocchetti di materiale edile posti al di sotto della roulotte per la sua stabilità e sicurezza”, o “poggiate su foratini di cemento”. 

E' poi lo stesso Gip a contraddire le affermazioni del pm, quando in tredici ordinanze di convalida di sequestro pronunciate nel corso dell'inchiesta parla esplicitamente di “occupazione abusiva di immobili e violazione edilizia essendo la roulotte inabile allo spostamento”. 

LE OMBRE NELLE INDAGINI – Ma la questione della temporaneità è solo una delle ragioni che spingono i denuncianti a ritenere la decisione della Procura “prematura e non condivisibile”. Negli atti giudiziari c'è molto di più. 

“Pignatone era stato allertato dal precedente pm di possibili reati contro la pubblica amministrazione - spiegano i consiglieri - per quale ragione non solo non si è tenuto in considerazione come capo d'accusa, ma si è addirittura deciso per l'archiviazione?”. Il riferimento è a un cambio di rotta registrato nel corso delle indagini, che lo stesso legale di Santori, l'avvocato Salvatore Sciullo, definisce “anomalo al punto da meritare senza dubbio un approfondimento investigativo”. 

A novembre, otto mesi dopo l'apertura dell'inchiesta, il primo pm titolare, Michele Nardi, rimette il fascicolo al numero uno di piazzale Clodio, il Procuratore Pignatone, allertandolo su “elementi che farebbero ritenere esistenti reati contro la PA, come la violazione del segreto di ufficio e il favoreggiamento personale”. Qualcuno, ed è la stessa Polizia Locale a riferirlo a piazzale Clodio, avrebbe saputo in anticipo luoghi e date delle operazioni programmate dagli agenti, spostando le roulotte poche ore prima dell'arrivo delle pattuglie.

Il fascicolo viene riassegnato come da richiesta, e subentra il Procuratore Dall'Olio, ma di reati contro la pubblicazione amministrazione non si parla più. Il capo d'accusa resta l'abuso edilizio. “E' inquietante che nel corso dell'indagine siano emersi ipotesi di rivelazione del segreto istruttorio – dichiara l'avvocato Leonardo Casu, legale del consigliere Giudici - per il pm sembra che qualcuno conoscesse in anticipo le modalità e i tempi di interventi della polizia giudiziaria”. 

IL RUOLO DI SANT'EGIDIO - E le carte in questo senso parlano chiaro. A sapere in anticipo le mosse degli inquirenti, secondo quanto riportato nel fasciolo, erano i volontari della Comunità, che per loro stessa ammissione alle forze dell'ordine, rivelano di conoscere il dove e il quando dei sequestri in programma. Un elemento che rafforza le tesi della parte offesa: “La Comunità di Sant'Egidio ha chiaramente potuto beneficiare di impunità durante le indagini”. 

“Per quale motivo quando la priorità delle roulotte è accertata perché c'è targa e telaio vengono indagati solo gli occupanti e non i responsabili dell'ente?”. E ancora: “La Polizia attribuisce a Sant'Egidio la gestione delle case mobili anche in casi di assenza degli elementi identificativi, ne disponevano solo come possessori, potendo quindi disconoscere qualunque coinvolgimento davanti all'Autorità Giudiziaria”. 

Un altro aspetto, quello del modus operandi dell'ente di volontariato, sul quale i consiglieri chiedono chiarezza al Gip. E insieme a loro ci sono anche i genitori del giovane Carlo Macro che ha perso la vita accanto a una roulotte, ucciso con un cacciavite piantato nel petto per mano del clochard che la abitava.

“Dobbiamo andare avanti con determinazione perchè le carte mostrano chiaramente che si agisce contro la legalità”. Giuliana Bramonti, la mamma di Carlo Macro, il 30enne ritrovato in una pozza di sangue dopo la lite con l'occupante di una roulotte di via Garibaldi, combatte da mesi. Vuole verità, che assicura “verrà fuori”, e giustizia. “Chiunque faccia volontariato, anche carità cristiana, lo deve fare all'interno della legge, deve rispettare le regole applicate a tutti quanti noi cittadini, nessuno può sentirsi al di sopra”.

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