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Sabato, 20 Aprile 2024

Roma modello Instagram, tra risse e influencer 'coatti': così la strada si sposta sui social

Viaggio tra aspirazioni e punti di riferimento 2.0 dei giovanissimi, tra storie, ricerca di 'hype' e sponsorizzazioni

Piazza del Popolo, 31 gennaio 2021. A poco più di 24 ore dal ritorno in zona gialla del Lazio, gruppi di giovanissimi si danno appuntamento in uno dei luoghi di ritrovo per eccellenza della Capitale, un magma di ragazzi che hanno sulle spalle mesi di lezioni a distanza, giornate chiusi in casa, vita rivoluzionata da una pandemia. E proprio come se fosse un sabato sera come tanti, l’energia trattenuta esplode tra risse, balli sui tetti delle auto (questo è successo nei pressi del Colosseo, e scene simili all’Eur), distanza di sicurezza e mascherine un lontano ricordo.

Uno scenario che ricorda - pur senza lo stesso grado di violenza - quanto accaduto il 6 dicembre del 2020 sulla terrazza del Pincio, proprio sopra piazza del Popolo, dove decine di ragazzi si sono affrontati in quella che è ben presto diventata una maxi rissa. Le immagini hanno iniziato a rimbalzare sui social, passando di chat in chat, di profilo in profilo e di storia in storia, suscitando interrogativi e domande. E riflessioni, in particolare sul rapporto che i più giovani hanno con i social network (potenziato inevitabilmente durante la pandemia) e come guardano alle nuove professioni in campo social.

Se fino a una decina di anni fa, infatti, dai banchi di scuola si guardava la tv aspirando a diventare calciatori o modelle e immaginando una vita sotto i riflettori tra denaro e popolarità, le aspirazioni sono cambiate di pari passo con la società. E tanti ragazzi trascorrono sempre più tempo sui social network, un po’ per ingannare la noia dovuta alla cattività, un po’ per restare in contatto con il mondo esterno, e un po' per sognare. Sognare, magari, di diventare famosi non più in tv o su un campo da calcio, ma sul web. Di diventare "virali", e di avviare una carriera a colpi di storie, foto e video sempre più condivisi, entrando in un meccanismo di cui però spesso hanno poca consapevolezza.

Chiedendo pareri e opinioni ai ragazzi stessi la domanda sorge spontanea: possibile che ciò che si vede sui social venga spinto all’estremo per guadagnare il cosiddetto "hype", l'aspettativa e l'eccitazione spasmodiche intorno a un contenuto, a una persona, a una situazione? Possibile che alcuni comportamenti vengano esasperati per aumentare il seguito, magari prendendo a modello i diversi influencer che negli ultimi mesi sono aumentati esponenzialmente, mostrando aspetti di una quotidianità fuori dall’ordinario mantenuta proprio grazie alla presenza sui social?

Per i ragazzi nella stragrande maggioranza dei casi la risposta è no. Inconcepibile, per i tanti che abbiamo sentito, organizzare risse o altre situazioni estreme per guadagnare follower, aumentare la popolarità e guadagnare così denaro. Personaggi come Chiara Ferragni e Fedez - tanto per citare i più noti - aleggiano però sugli schermi di moltissimi ragazzi che ne ammirano la vita e i privilegi.

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Cosa dicono i ragazzi

"Magari lo fanno anche per i social, ma sbagliano, non si rendono conto di mettersi in una situazione pericolosa", commentano due sedicenni sedute sulle panchine del Pincio guardando le immagini della rissa che qualche settimana fa è andata in scena a pochi metri. E un altro gruppetto sorride tra divertimento e commiserazione, sentenziando che "sì, alcuni lo fanno per l’hype". Ma sono pochi: "Può capitare di passare alla mani, una spinta, una parola di troppo e la situazione degenera - riflettono altri due ragazzini in piazza del Popolo - però la cosa sbagliata è riprendere con il cellulare per postare sui social, e non cercare di dividerli e calmare gli animi".

A parlare con un campione della generazione direttamente interessata, insomma, il “modello Instagram” non esiste. E però, come confermato anche da un esperto (giovanissimo) del settore, le aspettative ci sono eccome. Davide Del Maso è un social media coach, tiene corsi di formazione all’Università e per le aziende che vogliono sfruttare i social per il marketing, e soprattutto è il co-fondatore di un progetto sull’educazione digitale ribattezzato ”Social Warning: Rischi e Potenzialità dei Social”, finalizzato a insegnare ai più giovani come usare correttamente i social netowork.

Influencer e sponsorizzazioni: alla ricerca del testimonial 2.0

Dal Maso ha 25 anni ed è vicentino. Gli parliamo nel periodo di lockdown, via Skype, e ci conferma che sì, ormai sempre più aziende scelgono "testimonial 2.0" per farsi pubblicità, e li selezionano sulla base di quanti follower hanno, calcolando il raggio in cui il messaggio della sponsorizzazione può arrivare, e stabilendo un compenso dietro ogni foto, video o storia postati. Più l'influencer è seguito, più “influenza”, appunto, con i contenuti che condivide, più il compenso è - generalmente - alto. Ma se la spiegazione sembra semplice, tutt’altro che semplice è il percorso che consente di diventare un influencer nel vero senso della parola.

"Quando pensiamo agli influencer ci viene subito in mente Chiara Ferragni - spiega Del Maso - Ferragni però si è inventata la professione, e come lei ce n’è davvero una su un milione. Chi vede foto e video non sempre si rende conto del fatto che dietro c’è un impero, una macchina che fa solo questo. Ci sono studi, preparazione, dedizione. E questo non è chiaro a tutti, perché molti influencer spesso trasmettono un messaggio di facilità nel fare quello che fanno. Oggi l’idea di un ragazzo su tre è che l'influencer lo possano fare tutti, perché non ci vuole talento né preparazione, ma solo fortuna, e che sia facile guadagnare soldi. Ovviamente non è affatto così".

La realtà, spiega ancora Dal Maso, è che come in ogni professione ci vuole un background. E in ragazzi più giovani (ma non solo) la mancata consapevolezza si può tradurre nel tentativo di fare colpo sui social estremizzando comportamenti, passandovi moltissimo tempo e provando e riprovando ad aumentare i follower, con conseguente aumento di frustrazione nel vedere che non basta un video con molte visualizzazioni a diventare influencer: "I ragazzi spesso non pensano a un altro aspetto fondamentale, che è la reputazione digitale. Un video di un certo genere, pur causando un momentaneo hype, resta in rete, si cristallizza - sottolinea Dal Maso - E le aziende ne tengono conto quando si tratta di entrare nel mondo del lavoro, ci sono conseguenze a lungo termine più pesanti di quelle a breve termine".

Il caso Algero Corretini, la parabola discendente di 1727

L’esempio di Ferragni è un estremo, ma nel panorama romano ci sono persone che hanno fondato la loro identità su video diventati virali, o che hanno sfruttato i social network per accrescere la popolarità e da lì iniziare a proporsi per sponsorizzare questo o quel prodotto. Nel primo caso il pensiero va ad Algero Corretini, meglio conosciuto con il nome social: @1727wrldstar. La popolarità di Corretini, 25 anni, nel maggio del 2020 è esplosa per un video in cui lo si vede al volante di un’auto mentre dà quella che lui chiama una “lezione di guida” culminata con un incidente: “Ho preso il muro fratellì”, è la frase che pronuncia mentre va a sbattere, entrata immediatamente a far parte si una sorta di “sottocultura popolare”.

Corretini a distanza di 7 mesi si è ritrovato con oltre 220.000 follower, coinvolto in una serie di approfondimenti su social e giovanissimi, e nel novembre del 2020 ha anche incontrato alla Piana del Sole Federica Angeli, giornalista e delegata alle periferie del Campidoglio per parlare dei problemi del suo quartiere, Valle Galeria.

Corretini dal 25 gennaio è in carcere a Rieti con l’accusa di avere picchiato con una sbarra la compagna, inseguendola in strada mentre lei cercava di scappare. La ragazza è stata portata in ospedale, sotto choc, ed è stata dimessa con una prognosi di 30 giorni.

Massimiliano Minnocci, il Brasiliano “redento”

C’è poi chi ha fatto invece il percorso inverso, e da un passato turbolento culminato in un arresto si è reinventato influencer. Come Massimiliano Minnocci, “Il brasiliano” sui social. Minnocci è diventato famoso a livello nazionale dopo una lite in tv con il vignettista Mauro e un’ospitata alla Zanzara, il programma radiofonico di Cruciani. A Roma però era già parecchio noto, soprattutto dopo essere stato arrestato, nel 2018, a margine di una manifestazione di CasaPound (non ha mai nascosto di sostenere ideologie di estrema destra). In quell’occasione Minnocci aveva insultato e minacciato i poliziotti e i carabinieri presenti sul posto per garantire l’ordine pubblico, e le immagini della lite in strada - e quelle che lo ritraevano sanguinante in commissariato - hanno fatto il giro del web.

Minnocci, che su Instagram oggi ha 193.000 follower, lo abbiamo incontrato proprio al Pincio. Accompagnato dall’autista che lo assiste ogni giorno, "perché mi devo muovere anche io, la patente non ce l’ho e i mezzi pubblici li faccio prendere agli altri", ci ha raccontato cosa significa per lui essere un influencer e qual è, secondo lui, l’influenza che queste figure hanno sui più giovani.

La video intervista al Brasiliano: "Come sono diventato influencer"

"Quando sono uscito di galera mi sono chiesto cosa volevo fare, perché non volevo tornarci più - ha spiegato - Così ho pensato di sfruttare i miei 90.000 follower e propormi per collaborazioni. Il giorno dopo avevo 20 mail, e da lì è iniziato tutto. Faccio cosa normali, ma sono molto fortunato, a fine mese guadagno molto bene" Bene quanto? Come un manager di azienda? "Diciamo anche di più, ma non parliamo di soldi perché non sono 1727".

Ma cosa vuol dire, per Massimiliano Minnocci, essere influencer? "Io più che influencer mi ritengo un trascinatore di folle - conclude - perché ho personalità e carattere, ma per me essere influencer è soprattutto essere un punto di riferimento per i giovani. Io sto facendo il bravo ragazzo, non posso più drogarmi o fare quello che facevo prima, perché il 15enne o il 14enne mi prende a modelli. Sono come un padre per i miei follower".

E cosa ne pensa allora delle risse di cui tanto si parla? "Ho avuto 16 anni anche io, e devo dire che ho fatto di peggio - sorride, poi torna serio - Io sono un bandito, il punto d’incontro tra la finzione di “Suburra” e la realtà, e ora è vero che va di moda, è anche per questo che io sono famoso. Ma se tornassi indietro studierei, andrei a lavorare, ed è quello che voglio insegnare ai ragazzi. Ho sbagliato, ho fatto i danni, il carcere, ma ora cerco di far capire cosa si può e non si può fare".


 

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