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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Il covid e la crisi economica, l'allarme della DIA: "C'è il rischio che gruppi criminali si sostituiscano allo Stato"

"Nell'anno della pandemia, con una verosimile maggiore permeabilità dell'economia alle infiltrazioni malavitose, è crescente il numero di segnalazioni sospette rispetto al 2019", emerge dal rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia

Il Coronavirus e le sue limitazioni, la connessa crisi economica di molte imprese e la poca disponibilità di denaro, liquido, in circolazione. Un terreno fertile per le realtà criminali che, dal 2020, hanno trovato un nuovo modo per entrare nel circuito dell'economia legale di Roma, non solo utilizzando le attività come "lavatrice" per ripulire il denaro sporco. 

È quanto emerge dal rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia: "Nonostante la stagnazione economica del 2020, il dinamismo delle organizzazioni criminali non ha subìto un decremento. Infatti, nell'anno della pandemia con una verosimile maggiore permeabilità dell'economia alle infiltrazioni malavitose, è crescente il numero di segnalazioni sospette rispetto al 2019".  

In sostanza: i gruppi criminali di Roma e provincia hanno il potenziale per sostituirsi allo Stato, supportando subito ed economicamente gli imprenditori in crisi per le restrizioni alle quali hanno dovuto sottostare nell'ultimo periodo. Uno scenario che nel rapporto - che fa riferimento al primo sempre del 2020 - appare attuale: "Alla carenza di liquidità in cui molte imprese si verranno a trovare in conseguenza della emergenza Covid, vengono pianificate, organizzate e sviluppate autonome attività criminali che danno origine di nuove ricchezze illecite da riciclare. Uno shock improvviso e imprevedibile che ha visto corrispondere, al blocco di molte attività economiche sul territorio, il conseguente crollo della domanda di beni e servizi, nazionali ed esteri".

L'inquinamento dell'economia legale

Ed è proprio in questo contesto di sostanziale stagnazione, quando i consumi entrano in una spirale di crisi, che le organizzazioni criminali riescono meglio a mimetizzarsi poiché, movimentando il proprio denaro più velocemente, si pongono come "efficaci alternative allo Stato nel sussidio ai più bisognosi" cercando all'occorrenza di fare "proselitismo criminale" ovvero "utilizzando la propria liquidità per inserirsi nei circuiti produttivi legali, inizialmente quale sostegno alle attività", si legge nel rapporto.

Un importante indicatore di possibili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei canali dell'economia legale è dato dal sensibile e costante incremento delle segnalazioni per operazioni sospette. Per la provincia di Roma si è, infatti, passati dalle 4.034 segnalazioni del 1° semestre 2018 alle 5.992 del 1° semestre 20202. Un trend di crescita del 48%. 

Il rischio di inquinamento dell'economia è ora ulteriormente accentuato dalla crisi generata dall'emergenza del Covid-19. "Un tale contesto moltiplica le opportunità di infiltrazione per la criminalità, storicamente opportunista. La recessione, che rischia di travolgere molti settori produttivi, agevola infatti le consorterie che, disponendo di importanti liquidità, si propongono quali ammortizzatori sociali illegali per soggetti ed imprese in difficoltà", si legge nelle carte della Direzione Investigativa Antimafia.

I "cravattari" a Roma 

Il rischio evidente è che le "mafie, garantendo una cessione di liquidità immediata, dapprima a tassi molto bassi e, successivamente, sempre più alti, possano esercitare, nei confronti delle vittime bisognose una pressione usuraria ed estorsiva tale da gantir loro la successiva acquisizione delle attività commerciali. Il quadro delineato evidenzia come le condotte usurarie possano subire, soprattutto in questo periodo storico, una forte espansione andando ad intaccare non solo le piccole e medie imprese ma anche, e soprattutto, i singoli", continua il rapporto.

Uno scenario ipotizzato anche all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2021 dal Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Roma Antonio Mura: "L'usura continua ad essere uno dei fenomeni criminali tipici, e perciò più diffusi, della Capitale. Accanto ai soggetti che autonomamente si dedicano ai prestiti a tassi usurari (i "cravattari"), opera la criminalità organizzata che si dedica a tale attività criminale per 'mettere a reddito' i capitali accumulati e nello stesso tempo penetrare nel tessuto economico della città". 

E che le conseguenze del Covid lasceranno segni, lo dimostrano anche le parole del Gip di Roma Zsuzsa Mendola che, raccontando l'operazione 'Noi proteggiamo Roma' che portò all'arresto di 20 Casamonica, sottolineò come in questo contesto "di difficoltà e di estrema fragilità economica e sociale della cittadinanza, certamente concreto è il pericolo del ricorso a forme illecite di finanziamento per il conseguimento di immediata liquidità e di conseguenza il pericolo di reiterazione da parte degli indagati dei delitti fine in contestazione. La grave situazione di congiuntura economica e sociale, che sta permeando l'intero territorio nazionale, certamente rende più vulnerabili i cittadini e costituisce terreno fertile per il rafforzamento del potere criminale e intimidatorio, che il clan Casamonica ha già ampiamente dimostrato di possedere sulla città di Roma, e per la sua ulteriore estensione e diffusione".

Roma terreno fertile per le "piccole mafie" e la corruzione

Riciclaggio e "investimento"

Ma non ci sono solamente i fenomeni legati all'usura a preoccupare. Secondo gli esperti della Direzione Investigativa Antimafia, vista la crisi economica dovuta al Covid, "vengono pianificate, organizzate e sviluppate autonome attività criminali che danno origine nuove ricchezze illecite da riciclare". Come dimostrano anche i blitz ai danni di clan di Camorra a Roma e di 'Ndrine che fanno affari in città.

Nell'ambito dell'operazione Jackpot, che nel febbraio 2020 ha interessato la Capitale, viene descritto come un imprenditore romano agevolava il "lavaggio" di ingenti somme di danaro mediante l'emissione di false fatturazioni emesse da alcune società da lui amministrate. 

L'indagine ha documentato come l'organizzazione, capeggiata ​Salvatore Nicitra, uno degli ex boss della Banda della Magliana e in carcere perché arrestato nel giugno 2018 per indagine Hampa, quando fu sgominato il gruppo di Franco Gambacurta, avesse assunto con modalità mafiose il controllo monopolistico nell'area nord della Capitale, della distribuzione e gestione di apparecchiature per il gioco d'azzardo (slot machines, video lottery, giochi e scommesse on line), imposte con carattere di esclusività alle attività commerciali. Quel denaro, in gran parte ripulito, ha fruttato un patrimonio da 13 milioni di euro a Nicitra.

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