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Cronaca

Incendio e rivolta nel carcere dove è detenuta Alessia Piperno

In fiamme Evin, la prigione più famigerata dell'Iran, dove sono rinchiusi migliaia di manifestanti arrestati nelle tre settimane di rivolta (tra cui con ogni probabilità la giovane romana). Le autorità hanno detto che la situazione è "completamente sotto controllo

Sono ore di grande apprensione. Un vasto incendio è divampato nel carcere Evin a Teheran, in Iran, dopo una rivolta di detenuti che ha interessato la sezione 7 della struttura. Secondo alcuni testimoni si sono uditi spari e gruppi di persone si sono radunate nei pressi della prigione urlando slogan. Alcuni video pubblicati su Twitter mostrano il fumo alzarsi dal penitenziario dove sono rinchiusi molti prigionieri "politici". In quella struttura sarebbe detenuta anche la 30enne romana Alessia Piperno, arrestata il 28 settembre scorso. Le autorità hanno detto che la situazione è "completamente sotto controllo". Otto persone sono rimaste ferite, secondo i vigili del fuoco e l'agenzia di stampa della Repubblica Islamica (Irna). 

Come scrive Today, Evin è un complesso enorme, una città nella città; è la prigione più famigerata dell’Iran, dove sono rinchiusi prigionieri politici, attivisti, intellettuali, avvocati, studenti, anche tanti di quelli che sono stati arrestati nelle ultime settimane. E ieri era in fiamme. 

Alessia Piperno: chi è

Viaggiatrice esperta, travel blogger da sei anni, Alessia Piperno era giunta in Iran due mesi e mezzo fa, insieme con un gruppo di turisti, tra cui un polacco, un francese e un altro italiano. Nei giorni precedenti l'arresto, avvenuto il 28 settembre, la giovane aveva condiviso post sui social che non erano passati inosservati a chi monitora le proteste scaturite dall'uccisione di Mahsa Amini. "Questa terra mi ha accolto a braccia aperte", aveva scritto in un post intitolato "Bella Ciao". La "decisione più saggia" - diceva - sarebbe quella di lasciare il Paese, ma "non riesco ad andarmene da qui, ora più che mai. E non lo faccio per sfidare la sorte, ma perché anche io ora sono parte di tutto questo".

La giovane italiana sarebbe accusata di aver preso parte alle proteste antigovernative. Il papà della ragazza romana, Alberto Piperno, aveva però negato che sua figlia sia scesa in strada per partecipare alle proteste. "Non mi risulta che Alessia stesse partecipando alle manifestazioni", aveva detto, aggiungendo solo che "sulla situazione di Alessia purtroppo non ci sono novità".

Cosa sta succedendo

Cosa è successo a Evin nelle scorse ore? Il primo allarme è scattato ieri sera intorno alle 21: una colonna di fumo si alzava sulla cittadella fortificata ai piedi dei monti Alborz, a Nord di Teheran. La parte interessata dall'incendio è stata il braccio 7, dove i detenuti sono rinchiusi in modo provvisorio in attesa di processo. La maggior parte sarebbero persone arrestate durante le recenti manifestazioni. I rivoltosi avrebbero dato fuoco a un deposito di vestiti. I detenuti ammutinati sarebbero stati separati dagli altri, che sono rientrati nelle loro celle. Stando ai testimoni, nel carcere sono stati uditi esplosioni e colpi d'arma da fuoco. La polizia ha sparato gas lacrimogeni anche contro le famiglie, che si erano radunate intorno alla prigione, degli attivisti e degli studenti che sono stati arrestati durante le proteste dopo la morte della giovane Mahsa Amini. Non può essere accertato cosa sia successo all’interno. Intorno alle 22.30 i media di Stato provano a rassicurare.

L’incendio è divampato al termine di un sabato in cui migliaia di persone sono tornate in piazza. All’università di Teheran risuonava uno degli slogan principali del movimento nato in reazione dopo la morte di Mahsa Amini mentre era tra le mani della polizia morale: "Teheran è una prigione, Evin è una università".

Karimi Davood, presidente associazione rifugiati politici iraniani in Italia, ha riferito dell'appello lanciato dal numero uno del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, Maryam Rajavi: "In questo momento il regime del Mullah sta massacrando i prigionieri politici del carcere di Evin e chiedo alla popolazione di soccorrere i suoi figli detenuti in carcere che sono sotto l'attacco dei pasdaran". "Le strade verso Evin sono intasate dalle macchine. I pasdaran hanno chiuso tutte le strade e sparano a chi tenta di avvicinarsi", ha raccontato ancora Karimi Davood. “Si sentono fortissime raffiche di armi. C’è un massacro in corso. Si sentono da lontano le grida dei rinchiusi insieme agli slogan ”morte a Khamenei", ha aggiunto Davood, che si trova in Italia ma è in collegamento con i gruppi locali di resistenza.

Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato che l'Iran è responsabile della sicurezza degli americani detenuti nella prigione di Evin, dopo gli incendi e gli scontri scoppiati nella famigerata struttura di Teheran. "L'Iran è pienamente responsabile della sicurezza dei nostri cittadini detenuti ingiustamente, che dovrebbero essere rilasciati immediatamente", ha twittato il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price, aggiungendo che Washington stava seguendo i rapporti sull'incidente "con urgenza".

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