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Cronaca

Roma come lavatrice per la Camorra, 9 arresti per riciclaggio. Nei guai anche produttore cinematografico

Le indagini sono iniziate lo scorso 18 gennaio, quando i carabinieri di via In Selci hanno sgominato due bande di albanesi

Riciclaggio con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa e fatture false. Sono le accuse rivolte nei confronti ad un produttore cinematografico romano e altre 8 persone, destinatarie di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip ed eseguita su disposizione della Dda di Roma, dai carabinieri di Roma.

Contestualmente all'ordinanza, il nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza ha sequestrato preventivamente, oltre un milione e 500 mila euro. Tra le persone raggiunte da misura anche un produttore cinematografico. Soldi sporchi della Camorra che dovevano essere ripuliti a Roma.

Il provvedimento cautelare trae origine da una costola dell'indagine, svolta dai carabinieri di via In Selci, lo scorso 18 gennaio quando erano state sgominate due bande di albanesi. Una faida vera e propria tra due gruppi, il primo con a capo da una parte Ermal Arapaj detto 'Ufo' e l'altro, quello di Elvis Demce. Stando a quelle indagini, Demce aveva rapporti diretti con i camorristi del clan Mazzarella per i quali avrebbe cercato di recuperare alcuni crediti.

Il progetto del sequestro di persona

Le attenzioni investigative su questi ultimi avevano fatto emergere i rapporti con un produttore cinematografico finalizzati, oltre che al riciclaggio di denaro, anche alla realizzazione del sequestro di persona di un imprenditore che aveva accumulato un rilevante debito nei confronti del clan camorristico D'Amico Mazzarella. Un progetto poi non andato a buon fine. 

Come avveniva il riciclaggio

Il focus dell'indagine, tuttavia, punta sul riciclaggio del denaro. Gli approfondimenti investigativi hanno portato a ricostruire e documentare le diverse fasi di un sistema. I soldi della Camorra venivano prelevati a Napoli e portati a Roma con opportuni accorgimenti, nascosti a bordo di mezzi sistemati ad hoc. Grazie all'aiuto di un poliziotto e un carabiniere, il gruppo riusciva infatti spesso a farla franca durante il trasporto di denaro.

I due appartenenti alle forze dell'ordine, come è emerso, davano garanzie per poter sfuggire a eventuali controlli e avrebbero anche esteso la propria collaborazione alla acquisizione e comunicazione di informazioni utili a consentire l'elusione di eventuali indagini.

"Un film può costare 200 mila euro"

Una volta trasportato, il denaro da ripulire veniva consegnato a un'azienda vitivinicola compiacente. Quindi, l'azienda trasferiva a sua volta il denaro alle società cinematografiche controllate e gestite dal produttore romano, con la copertura documentale di fatture inesistenti, soprattutto in riferimento a sponsorizzazioni per film per giustificare le grosse transazioni.

Il denaro della camorra dunque completava così l'iter per essere "ripulito" nel cinema, "perché un film può costare 200 mila ma può costare pure 50 milioni di euro", raccontava uno degli indagati. Insomma, un escamotage difficile da ricostruire, almeno nella mente del gruppo. Il denaro ripulito, veniva infine rimandato a Napoli attraverso transazioni bancarie eseguite dalle società cinematografiche a beneficio di altre società ritenute riferibili al clan camorristico, beneficiario delle operazioni ricostruite.

Il giro d'affari da oltre un milione di euro 

Durante le investigazioni sono state documentate movimentazioni bancarie per operazioni di riciclaggio di almeno 1.250.000 euro, facendo anche emergere prova della disponibilità sistematica di 200 mila euro al giorno da destinare a queste operazioni di mascheramento della provenienza illecita. 

Grazie alle indagini si è potuto monitorare direttamente il prelievo del denaro e le successive consegne al produttore cinematografico e all'azienda vitivinicola. Così come è stato ricostruito anche il complesso giro di fatture per operazioni inesistenti, per ripulire il denaro.  

L'accusa nei confronti delle 9 persone destinatarie della misura cautelare, ricordando che siamo in una fase di indagine in cui vige la presunzione di innocenza, è di "riciclaggio in concorso con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti". 

Articolo aggiornato alle 12 del 17 marzo 

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