Vaccini Pfizer, esposto in procura contro richiami a 35 giorni: "Non ci sono evidenze scientifiche"
L’esposto segue il ricorso già depositato al Tar per lo stesso motivo: le ipotesi di reato sono epidemia colposa, violenza privata, abuso ed omissioni di atti di ufficio, somministrazione di medicinali imperfetti, somministrazione di medicinali in modo pericoloso
Epidemia colposa, violenza privata, abuso ed omissioni di atti di ufficio, somministrazione di medicinali imperfetti, somministrazione di medicinali in modo pericoloso: sono le ipotesi di reato su cui si fonda l'esposto che verrà presentato nelle prossime ore in procura da un gruppo di cittadini che si erano già rivolti al Tar per protestare contro al decisione della Regione Lazio di allungare a 35 giorni, e dunque di due settimane, l’attesa per il richiamo del vaccino Pfizer.
L’esposto segue il ricorso già depositato al Tar per lo stesso motivo: la tutela dei cittadini ricadenti nella fascia dei 60/69 anni e 70/79 anni, i fragili e/o relativi caregiver: “Ciò che secondo noi dovrebbe indurre la procura ad avviare le indagini è innanzitutto il fatto che a oggi esiste solo una raccomandazione del Cts relativa allo slittamento del richiamo, ma non un atto che lo recepisca, né del governo né della Regione Lazio - spiega l’avvocato Vincenzina Salvatore, che segue il caso insieme con il collega Nicola Elmi - Non abbiamo un provvedimento della pubblica amministrazione che dettagli tra l’altro quali conseguenze avrebbe la modifica delle modalità di somministrazione sulla salute pubblica, ed è su questo che si basa secondo noi l’omissione e abuso di atti d’ufficio”.
C’è poi una seconda criticità evidenziata nell’esposto, che riguarda “la decisione arbitraria della Regione Lazio di fissare a 35 giorni il richiamo, e che va contro la raccomandazione del Cts - prosegue Salvatore - Il Comitato Tecnico Scientifico dice sei settimane, la Regione Lazio ha deciso che sono cinque. Si sta dunque modificando la modalità di somministrazione di un medicinale che è unico, ma viene somministrato in due tempi per dare all’organismo il tempo di adeguarsi. Non ci sono, insomma, riscontri scientifici sui 35 giorni”.
Salvatore ricorda come a oggi molte persone affette da patologie gravi e i loro caregiver dipendano dallo slittamento: “Si tratta di persone che da un anno non escono perché temono per la loro vita e la loro salute - sottolinea l’avvocato - E adesso devono restare chiusi in casa altre due settimane per questa decisione non supportata da evidenze scientifiche”.
I giudici del Tar ha intanto deciso di non anticipare la decisione cautelare richiesta con il ricorso, rinviando la decisione alla camera collegiale del tribunale prevista il 1 giugno: “La pronuncia del Tar del Lazio non pregiudica il ricorso di merito fissato per primo giugno, ma apre lo spazio al ricorso alla procura, visto che evidenzia un “pregiudizio irreparabile” per i 114 ricorrenti che avevano già ricevuto la prima dose di vaccino - ha detto Francesco Iacovone, sindacalista del Cobas nazionale e volto della protesta - Tanti cittadini fragili si sentono traditi da questa scelta e ora sono disperati, le loro storie spezzano il cuore».
"Chiediamo alla magistratura di disporre gli opportuni accertamenti in ordine alla vicenda - conclude Iacovone, che ha anche proclamato lo sciopero della fame - valutando gli eventuali profili di illiceità penale degli stessi. E di individuare i possibili responsabili per procedere nei loro confronti”.