Beni confiscati: "Con il nuovo regolamento a Cinque Stelle anche Impastato sarebbe illegale"
La Rete dei numeri pari in Campidoglio chiede "partecipazione in extremis"
Un'assemblea pubblica nel cuore delle istituzioni cittadine: la sala del Carroccio del Campidoglio. Anche la data non è scelta a caso: 9 maggio, anniversario della morte di Peppino Impastato. Così la Rete dei numeri pari, che solo a Roma raccoglie oltre 40 realtà, tra cui Libera, ha fatto sentire la sua voce sul tema del 'Regolamento per la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata sul territorio di Roma', elaborato dalla maggioranza a Cinque Stelle ed appoggiato in maniera unanime anche dalle opposizioni in commissione capitolina.
Il regolamento dovrebbe arrivare presto al voto finale dell'Aula. "Un passo importante e positivo per Roma" spiegano gli organizzatori ma sul quale quella rete di cittadini e associazioni che da anni lavora nelle periferie e sul territorio "in situazioni complicate" e di contrasto alla criminalità e
"per una cultura della legalità e della giustizia" hanno registrato "diverse lacune" a partire "dall'assenza di un percorso partecipativo". Tra loro associazioni antimafia, sindacati, movimenti, e Libera, che nell'ormai lontano 1995 lanciò la campagna che portò l'anno seguente all'approvazione
della legge.
"Abbiamo individuato dei punti importanti che per noi vanno cambiati nel regolamento e su cui speriamo di avere un confronto con l'amministrazione a Cinque Stelle" spiega in apertura Giuseppe De Marzo, responsabile delle politiche sociali di Libera e coordinatore nazionale della Rete dei numeri pari. Ad ascoltare anche Stefano Fassina di Sinistra per Roma e i consiglieri
pentastellati Nello Angelucci e Valentina Vivarelli, presidente della commissione patrimonio, che non si è sbilanciata: "Dobbiamo studiare le proposte e capire se sono integrabili nel regolamento" la sua posizione.
In concreto si tratta di restituire alla città un patrimonio "sempre più vasto", in misura proporzionale "al crescente volume di affari della criminalità in città". I numeri li dà Marco Genovese, di Libera Roma: "209 beni, tra appartamenti, terreni, box auto e negozi, già passati nelle proprietà del Comune; 470 immobili di varia natura, tra cui 200 a scopo abitativo e 50 terreni agricoli, attualmente nelle mani dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati", e circa mille beni sequestrati, già oggetto di un Protocollo di intesa tra il Tribunale di Roma, l'amministrazione capitolina e una serie di associazioni tra cui Libera. "Anche per questi chiediamo un utilizzo in via temporanea e sperimentale" spiega Pasquale Grosso di da Sud.
Il punto di partenza delle proposte è la partecipazione. "Chiediamo che venga inserita nel regolamento l'istituzione di una 'Consulta', un luogo dove cittadini e realtà possano attivare sinergie". Si continua con la trasparenza e l'accessibilità delle informazioni. "L'elenco in pdf disponibile ad oggi non è abbastanza. Servono dati aperti, utilizzabili e comprensibili. Bisogna
raccontare cosa accade dentro questi luoghi, perché non è solo questione di trasparenza ma anche di testimonianza". E ancora. "Tra le finalità manca la possibilità di utilizzare i terreni per l'agricoltura sociale, che potrebbe diventare un'importante opportunità di lavoro" in periferie dove la forza della criminalità si misura soprattutto nella sua capacità "di essere un vero e proprio welfare parallelo". Manca anche "qualsiasi riferimento all'accoglienza dei migranti, elemento che, oltre ad essere virtuoso, potrebbe costituire un grande risparmio" fa notare Roberto Giordano della
Cgil di Roma e del Lazio.
A suscitare allarme anche l'articolo che prevede la possibilità che questi beni siano destinati a scopo di lucro là dove l'assegnazione a fini sociali non vada a buon fine "per motivi non imputabili all'amministrazione" si legge nel documento. "Vogliamo che vengano inserite le garanzie nel regolamento che si tratterà di una parte residuale dell'utilizzo di questi beni" continua Massimo Pasquini, segretario nazionale dell'Unione inquilini.
Con 12 mila persone in attesa di una casa popolare, 7 mila sfratti all'anno e migliaia di persone che vivono per strada, anche il nodo della destinazone abitativa è stato presentato come "centrale" perché "questi immobili devono entrare nel discorso più generale del riuso della città costruita e dello stop al consumo di suolo". Per Pasquini, "l'articolo relativo pone un problema giuridico da risolvere: non si capisce come beni che entreranno nel patrimonio indisponibile del comune possano diventare appartamenti di edilizia residenziale pubblica o forme di assistenza alloggiativa temporanea". Un nodo "che va chiarito, altrimenti rischiamo che resti inapplicabile". Un nodo "centrale", appunto, perché anche la questione del diritto ad una casa, spiega Margherita Grazioli dei Movimenti per il diritto all'abitare, "si riallaccia per noi a quella rivendicazione di reddito e di dignità che contrasta quelle disuguaglianze che costituiscono un terreno fertile per le mafie".
Disappunto generale anche sull'articolo 11 che al punto 4 riporta: "Sono esclusi dalla possibilità di concorrere i soggetti che abbiano occupato immobili di proprietà di Roma Capitale senza averne titolo, ovvero i soggetti aventi morosità pendenti e contenziosi con l'amministrazione". Un articolo
che per i presenti "esclude realtà molto importanti per la città di Roma per la loro attività sociale". Un articolo, quello del regolamento a Cinque Stelle, "che avrebbe escluso anche la Radio Aut di Peppino Impastato, che svolgeva le sue attività in un luogo occupato".
Mentre si parla i colori accesi del volto di Peppino Impastato disegnato sulla locandina dell'assemblea, ben visibile per tutta la durata dell'incontro, sembrano non parlare del passato ma di una fotografia recentissima, quella del raid dei Casamonica al Roxy Bar a Romanina. Per
questo, ricorda Caterina Costa di Legacoop sociali "nessuno ce la può fare da solo". E l'uso dei beni confiscati, aggiunge Filippo Rignolo di Sparwasser- Arci, deve diventare "un orizzonte di visione per cambiare questa città metro per metro". Ne è un esempio, tra i presenti, il racconto di Noris Pivetta, della nuova biblioteca di Collina della Pace, realizzata "grazie alla costanza e
alla partecipazione della cittadinanza" in un casale sequestrato alla mafia.
"Abbiamo lavorato nelle commissioni e con i municipi, che rappresentano le strutture più a contatto con il territorio" ha spiegato Valentina Vivarelli ai presenti. "Molti passaggi li abbiamo copiati dai regolamenti di altre città. Vogliamo approvare il regolamento il prima possibile, ma non sarà da considerarsi definitivo. Ci sarà un monitoraggio e la Giunta verrà chiamata ogni anno ad esprimersi sulle linee guida politiche per la destinazione di questi immobili che verranno poi inserite nel Documento unico di programmazione e che saranno quindi emendabili anche dai consiglieri". In quanto alla "dialettica" con le realtà presenti, le parole del consigliere Nello Angelucci, "vi aspettiamo in commissione". La Rete dei numeri pari invierà le proposte entro 48 ore. La speranza, tutta in salita, è che l'amministrazione a Cinque Stelle accetti il confronto prima che si arrivi alla votazione definitiva del regolamento.