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Cronaca

Prostituzione: donne ridotte in schiavitù, vendute e marchiate a fuoco

Undici persone in manette. Le vittime venivano reclutate nel paese d'origine e qui venivano private dei documenti, intimidite con minacce di morte e poi rivendute o messe in palio come premi

Associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione sulle strade della Capitale, riduzione in schiavitù ed alla tratta di giovani donne, queste le pesanti acccuse, a vario titolo, con cui dovranno vedersela undici persone, tre donne e otto uomini romeni, arrestati dai Carabinieri della Compagnia di Tivoli.

L'ORGANIZZAZIONE CRIMINALE -Reclutavano giovani donne nei territori d’origine e le avviavano alla prostituzione esercitando su di esse poteri corrispondenti al diritto di proprietà, approfittando di una situazione di inferiorità psichica, dell’estrema povertà delle famiglie d’origine e privandole della libertà personale, sottoponendole ad un grave ed insuperabile stato di soggezione psicologica e di vera e propria coercizione fisica. Per una ragazza i segni rimarranno indelebili: circa tre anni fa è stata infatti “marchiata a fuoco” con l’iniziale del nome del suo sfruttatore. Le giovani donne, attirate da connazionali con la promessa di un lavoro stabile e sicuro, una volta in Italia venivano private dei documenti, intimidite con minacce di morte e poi rivendute ad altri connazionali o messe in palio come premi nei giochi d’azzardo.

INDAGINi - Le indagini, condotte dal Nucleo Operativo di concerto con la Procura di Roma, avviate nell’estate del 2011, hanno evidenziato che l’organizzazione vedeva in cima alla piramide marito e moglie, ‘proprietari’ di un tratto di via Aurelia, pagato due anni prima 10mila euro, a cui facevano capo i singoli sfruttatori che, per poter far prostituire le proprie protette su quel tratto di strada considerato molto redditizio, dovevano corrispondere ai coniugi una quota giornaliera pari a 50 euro.  Oltre all’Aurelia “acquistata”, le malcapitate venivano fatte prostituire sulla Tiberina, Casilina, Palmiro Togliatti e Tiburtina.

PROSTITUZIONE E VIOLENZE - Durante le ore lavorative, al fine di impedire qualsiasi fuga o libertà di movimento, le donne erano sorvegliate continuamente, attraverso un servizio di ronda serrata ed ininterrotta che veniva svolta nei luoghi dove le giovani adescavano i clienti e nelle vie limitrofe, anche al fine di contabilizzare la durata delle prestazioni. Le ragazze vivevano a stretto contatto con i loro protettori, in alcuni casi, intrecciavano con loro una sorta di relazione sentimentale. L’attività d’indagine ha permesso di far luce su alcuni episodi di violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti delle donne che volevano sottrarsi ai loro persecutori.

DONNE COMPRATE - Le giovani romene venivano condotte in Italia, spesso con l’inganno, e qui avviate alla prostituzione, rese oggetto di vere e proprie compravendite da parte degli sfruttatori. Durante le attività è emerso che una di loro era stata vinta da uno degli indagati in un gioco d’azzardo con un altro connazionale. Inoltre, indirettamente, i militari dell’Arma hanno assistito ad un ‘processo’ zingaro nei confronti di una donna che, colpevole di aver tradito il marito con il cugino di quest’ultimo, era stata ‘condannata’ a prostituirsi e a darne i proventi al coniuge. Le tre donne fermate sono state associate presso il carcere di Roma Rebibbia, mentre i sette uomini sono stati tradotti alla casa circondariale di Roma Regina Coeli.


 

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