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Giovedì, 23 Marzo 2023
L'ordinanza

"Diabolik ucciso per 100mila euro", al killer anche un vitalizio: la rivelazione di "Buscettina"

Raul Calderon, argentino, è in carcere con l'accusa di omicidio aggravato dal metodo mafioso in relazione alla morte di Fabrizio Piscitelli

Per uccidere Fabrizio Piscitelli, più conosciuto come Diabolik, sarebbero serviti 100 mila euro, più qualche bonus. Una sorta di vitalizio che avrebbe permesso al killer, Raul Esteban Calderon, l'argentino presunto killer arrestato di recente di cambiare vita. Soldi sporchi di sangue, ma garantiti che lo avrebbero mantenuto consentendo a lui e alla sua socia, nonché ex compagna di vita, di smetterla, almeno per un bel po’, con le rapine. Il vero core business dei Bonnie e Clyde romano-argentini.

Questo è quanto i fratelli Bennato avrebbero pagato il killer vestito da runner che ha ucciso a sangue freddo l'Irriducibile Diablo. A dirlo è "Buscettina", così lei stessa si auto definisce, ex compagna proprio di Calderon che ai magistrati il 13 dicembre del 2019 ha raccontato le sue verità. L'ultimo tassello per ricostruire il quadro.

"100.000 euro" e i bonus per uccidere Diabolik

"Raul mi ha detto che aveva avuto 100.000 euro in contanti da Leo (Leandro Bennato ndr) e siccome era poco, ma lui non aveva altri contanti, gli avrebbe dato 4 mila euro al mese", racconta l'ex compagna dell'uomo arrestato con l'accusa di avere ucciso Piscitelli. Secondo lei chi ha commissionato il delitto sarebbe stato proprio "Leo" Bennato. Lui sarebbe stato "il mandante" mentre il movente, seppur si parla di gente che aveva a che fare con il narcotraffico e, almeno nel caso di Diabolik, vantava amicizie importanti tra i clan Senese e Casamonica, sarebbe stato personale, "nel senso che Leo era considerato un infame da Diabolik" e che quest'ultimo sarebbe stato in grado di "spargere questa voce" in giro mettendo così Bennato in cattiva luce, le parole della donna.

"Leo" Bennato, per l'omicidio di Diabolik, va sottolineato, non ha ricevuto nessuna misura cautelare, né - almeno dalle carte dell'ordinanza riguardante Calderon - risulta indagato. Un fatto questo che racconta come sulla deposizione di "Buscettina" ci siano ancora accertamenti e verifiche in corso. Veramente un personaggio del calibro di Piscitelli è stato ucciso così, in uno dei parchi più affollati di Roma, in pieno giorno e senza "l'autorizzazione" di altri?

La lettura che da "Buscettina" potrebbe essere riduttiva. Una parte di una verità ancora da raccontare. Perché non si può uccidere un criminale del calibro di alto rango per motivi così banali e senza l'assenso di malavitosi o conseguenze immediate. Ma è questo che viene riassunto nell'ordinanza di custodia cautelare di 31 pagine che racconta l'azione di Calderon con il gip Tamara De Amicis che per lui ha chiesto il carcere. 

La pistola per "fa n'omicidio"

Che sia stato Calderon a premere il grilletto, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, lo sapeva "tutta Roma". Anche chi indagava, prima di mettere insieme tutti i pezzi che hanno poi portato all'arresto. L'ex compagna di Calderon lo ha detto anche a lui, non sapendo di essere intercettata: "Sei tu che hai ammazzato a Diabolik con la pistola mia. Lo sanno tutti. M'hai rubato la pistola per fa n'omicidio de m…a", urlava al telefono. "Lo sai hai ammazzato Diabolik con la pistola mia, la 9X21, se me fai passà li guai so' cazzi tua Raul, quando te fai trent'anni lo vedi come stai male…co' questo addio bello…e fa che nessuno mai me viene a bussa' perché dico tutto quello che so".

"Tu stai male - replica Calderon - te rendi conto de quello che dici….dillo….urlalo brutta tr…". "A Raul….forse non hai capito che lo sanno tutti…te devi anda' a fa' trent'anni perché non me li voglio fa' io per te…hai usato la pistola della rapina", conclude la donna. Quella pistola, quella usata per far fuori Piscitelli, era stata rubata a un gioielliere di Torre Maura che aveva cercato invano di difendere il suo esercizio commerciale durante una rapina. Poi la ex di Calderon l'aveva nascosta in "una anfora" usata come vaso di fiori", si legge nell'ordinanza di custodia cautelare.

"L'anfora - dice - si trovava davanti l'ingresso dell'abitazione della mamma di un carabiniere, che abita sul mio stesso pianerottolo e che ha molte piante". Un giorno però la pistola è scomparsa. E i soldi hanno iniziato a circolare in casa, nonostante Calderon e la ex compagna con le rapine fossero fermi da un po’, lui perché appena uscito dal carcere e lei in fuga dopo quel colpo alla gioielleria. "Raul mi disse di non preoccuparmi perché le cose sarebbero cambiate, mi diceva che si vedeva con Leo e che qualcosa sarebbe uscito fuori".

Effettivamente, secondo quanto ricostruito, il denaro non mancava da quando Calderon frequentava la famiglia Bennato: oltre 7 mila euro in un cassetto, 2 mila euro per un mobile del bagno, 500 euro in regalo. Quelli elencati nell'ordinanza. E quello di Diabolik sarebbe stato solamente il primo affare di sangue, bene pagato.

La vendetta e l'omicidio di Shehaj Selavdi

Con Enrico Bennato, l'argentino avrebbe infatti commesso un secondo delitto, quello de settembre 2020, quando l'albanese Shehaj Selavdi, detto Simoncino, è stato ucciso in spiaggia, a Torvaianica. Anche qui da un killer vestito da runner. In pieno giorno. Davanti a tanti testimoni. Ma il gruppo di fuoco era pronto a continuare. Secondo gli inquirenti, infatti anche Fabrizio Fabietti, braccio destro di Piscitelli, faceva parte della lista.

"Se vengono qui a Casalotti, ce rimettono la vita. Tutti e tre ce l'hanno rimessa: Diabolik e quell'altri due. Qui non devono venì a fa i prepotenti a Casalotti", dice Bennato parlando al telefono. E poi, riferendosi ai rivali, afferma: "Non metti paura manco ar cazzo. Già non metti paura così, perché non fai niente, perché è morto pure quello, a sede su a panchina stava, a fuma a sigaretta, ha preso 'na revolverata qua dietro. E uno! Mo so morti pure quelli che hanno sparato a Leandro". Il fratello di Enrico Bennato, Leandro, era infatti stato gambizzato quattro mesi dopo l'omicidio Diabolik, probabilmente in risposta all'agguato in cui ha perso la vita il leader degli Irriducibili della Lazio.

D'altronde, come sottolinea il gip di Roma Tamara De Amicis, "il delitto di Fabrizio Piscitelli è maturato in un contesto criminale di gruppi contrapposti". "L'attivismo di Piscitelli e il suo essere una figura di leader di carisma superiore o comunque pari ai capi delle famiglie criminali egemoni da decenni, come i Casamonica, sì da poter fare il paciere come un vero padrino, lo esponeva tuttavia a malumori, insofferenze e gelosie", secondo il magistrato che continua: "Alla fine della indagine Grande Raccordo Criminale, in alcune conversazioni registrate tra i suoi fedelissimi si paventavano esplicitamente rischi per la stessa incolumità di Diabolik. L'uomo appariva persino agli occhi dei suoi sodali eccessivamente imprudente nella aperta esibizione della sua leadership criminale, che schiacciava 'competitor' di tutto rispetto - scrive il gip - E i rischi profetizzati nel 2018 di lì a poco si sarebbero materializzati, nella spietata esecuzione che vedeva Diabolik freddato nel parco di via Lemonia, riverso su una panchina, che sarebbe diventata oggetto di pellegrinaggio di tifosi e fedelissimi".

"Il suo assassinio d'altra parte, ha calamitato l'attenzione dei media nazionali e persino internazionali per molti mesi, vuoi per la notorietà della vittima, oltre i confini del tifo locale, vuoi per l'effetto prodotto da una esecuzione così eclatante nella Capitale, dove, pur con sporadici fatti di sangue, regnava la pax mafiosa che - conclude il gip - Piscitelli stesso si era convinto di poter garantire fino a quel 7 agosto".

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