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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Desirée, la sentenza: condannati i 4 imputati. Due all'ergastolo

Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe sono stati tutti condannati. Minthe, però, torna libero subito per la per scadenza dei termini di custodia cautelare. La madre: "Non ho avuto giustizia"

Dopo oltre sette ore di camera di consiglio, i giudici della terza Corte d'Assise di Roma hanno emesso la sentenza per l'omicidio di Desirée Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina trovata morta in un palazzo di via dei Lucani il 19 ottobre del 2018. Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe, accusati di avere violentato e ucciso con un mix di droghe la sedicenne, sono stati tutti condannati. Le accuse erano, a vario titolo, di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori.

Diverse però le condanne. Lo scorso dicembre i pm Maria Monteleone e Stefano Pizza hanno chiesto l'ergastolo per tutti e quattro gli imputati, ma i giudici hanno dato l'ergastolo solo a Yousif Salia, 33 anni, e a Mamadou Gara, 27 anni. Brian Minthe, 44 anni, è stato condannato a 24 anni e sei mesi, mentre Chima Alinno, 48 anni, è stato condannato a 27 anni.

Proprio per Minthe si è parlato inizialmente di rilascio per scadenza dei termini, ma sabato notte è stato raggiunto da una nuova misura di custodia cautelare per omicidio richiesta dalla procura.

Il video dell'arresto

Omicidio Desirée, la ricostruzione e la storia processuale

È la notte tra il 18 e il 19 ottobre del 2018 quando il corpo di una ragazza viene trovato abbandonato su una branda all'interno dello stabile abbandonato di via dei Lucani, a San Lorenzo. Roma è sotto choc, le indagini partono immediatamente nel tentativo di ricostruire cosa sia accaduto e cosa abbia ucciso la giovane, identificata nella 16enne Desirée Mariottini, originaria e residenti a Cisterna di Latina.

Il 25 ottobre del 2018 i poliziotti della squadra mobile di Roma e del commissariato San Lorenzo fermano due cittadini senegalesi: Mamadou Gara, 27 anni, e Brian Minteh, 43 anni. I due sono accusati di violenza sessuale di gruppo, cessione di stupefacenti e omicidio volontario, le ricerche proseguono per individuare altre due persone che per gli inquirenti avrebbero partecipato alla violenza. Nelle ore successive scatta l’arresto per Alinno Chima, 47 anni, e Yusif Salia, mentre gli inquirenti ricostruiscono le ore prima della morte di Desirée: la ragazza avrebbe nel palazzo di via dei Lucani avrebbe ricevuto e assunto un mix di droghe che le avrebbe fatto perdere i sensi, e mentre era incosciente sarebbe stata stuprata.

Per i quattro indagati inizia l’iter processuale. Il 13 novembre del 2018 il Tribunale del Riesame fa cadere l'accusa di omicidio per Alinno Chima: secondo il giudice l'uomo avrebbe stuprato Desirée, ma non le avrebbe dato la droga. Qualche mese dopo, il 15 aprile 2019, Chima viene nuovamente accusato di omicidio dopo i risultati del test del dna effettuato sul corpo della 16enne e su una serie di reperti, tra cui un flacone di metadone e una cannuccia utilizzata anche da Desiree per fumare crack. Il dna di Chima combacia con quello trovato sul flacone e la cannuccia.

Nel giugno del 2019 la Procura di Roma chiude le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile e coordinate dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal pm Stefano Pizza. Chima, Gara, Salia e Minthe sono accusati di concorso in omicidio volontario, violenza sessuale di gruppo e cessione e somministrazione di droga a minore.

L’8 ottobre del 2019 è il giorno dell'udienza preliminare. Il Comune di Roma si costituisce parte civile insieme con Regione Lazio, Telefono Rosa e le associazioni 'Insieme con Marianna' e 'Dont't worry- Noi possiamo Onlus'. In incidente probatorio, un testimone riferisce che gli imputati impedirono di chiamare i soccorsi per aiutare la ragazza. Il testimone, che si trovava all'interno dell'edificio di via dei Lucani, è stato chiamato a confermare con atto istruttorio irripetibile quanto già detto nel corso delle indagini a inquirenti e investigatori, e cioè che voleva chiamare l'ambulanza ma gli fu impedito dagli indagati.

Il 21 ottobre 2019 il gup di Roma Clementina Forleo rinvia a giudizio i 4 indagati, con un impianto accusatorio ormai ben delineato: per l’accusa avrebbero dato a Desirée un mix di droghe abusando di lei mentre era in overdose ed evitando di chiamare i soccorsi, provocandone così la morte.

Il 4 dicembre del 2019 parte il processo. Yussef Salia - che aveva presentato denuncia contro i genitori di Desirée per omessa vigilanza sulla ragazza - è tra i primi a parlare, ribadendo che “non sono responsabile della morte di questa ragazza, chiedo perdono e scusa alla madre e alla famiglia e rispetto il loro dolore’’.

Il 15 gennaio 2020 la Terza Corte di Assise decide di proseguire a porte chiuse il processo che si svolge nell'aula bunker di Rebibbia, meno di sue settimane dopo la Cassazione conferma il carcere per Alinno Chima, alla luce "delle risultanze delle indagini tecniche sui campioni biologici" da cui è emersa la "prova della somministrazione degli stupefacenti alla vittima da parte dell'indagato, in specie per quanto concerne il metadone, il cui sovradosaggio è stato individuato dai consulenti come la probabile causa di morte della ragazza". In aula al processo intanto parla in lacrime Gianluca Zuncheddu, il papà di Desirée: "Ho cercato di salvarla ma non ho potuto fare niente".

Il 14 novembre 2020 dall'aula bunker di Rebibbia, il processo si sposta sul luogo del delitto, con un sopralluogo di pm e avvocati, durato oltre due ore, nell'edificio abbandonato di via dei Lucani, dove è morta Desirée. A turno, muniti di mascherina e guanti per le norme anti contagio, pm, giudici, avvocati di parte civile, difese e gli agenti della Polizia di Stato che hanno curato le indagini visitano l'interno dello stabile, sotto sequestro da due anni, per osservare i luoghi dove sono accaduti i fatti e poterli confrontare con quanto dichiarato dai testimoni.

 AGGIORNATO ALLE 10 DEL 20 GIUGNO

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