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Cronaca

Omicidio Desirée: chiesta in appello la conferma delle condanne, anche per i due ergastoli

I quattro imputati, Mamadou Gara, Yousef Salia, Brian Minthe e Alinno Chima sono accusati, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio

Confermare le condanne di primo grado a due ergastoli e a 27 e 24 anni e mezzo per i quattro imputati a processo per la morte di Desirée Mariottini, la 16enne originaria di Cisterna di Latina, morta il 19 ottobre del 2018 a causa di un mix di droghe, dopo essere stata abusata in un immobile abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo nella capitale.

Questa la richiesta del sostituto pg davanti ai giudici della Corte d'Assise d'appello di Roma. I quattro imputati, Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe sono accusati, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio. In primo grado il 19 giugno del 2021, Gara e Salia sono stati condannati all'ergastolo, Chima a 27 anni e Minthe a 24 e mezzo.

''Gli imputati avrebbero potuto salvare Desiree, chiamando i soccorsi, ma non lo fecero per evitare problemi ai loro affari con la droga da parte di tutti e 4 vi fu adesione volontaria all'evento morte per nascondere le loro responsabilità'' ha detto in aula il sostituto pg.

Omicidio Desirée, la ricostruzione e la storia processuale

È la notte tra il 18 e il 19 ottobre del 2018 quando il corpo di una ragazza viene trovato abbandonato su una branda all'interno dello stabile abbandonato di via dei Lucani, a San Lorenzo. Roma è sotto choc, le indagini partono immediatamente nel tentativo di ricostruire cosa sia accaduto e cosa abbia ucciso la giovane, identificata nella 16enne Desirée Mariottini, originaria e residenti a Cisterna di Latina.

Il 25 ottobre del 2018 i poliziotti della squadra mobile di Roma e del commissariato San Lorenzo fermano due cittadini senegalesi: Mamadou Gara, 27 anni, e Brian Minteh, 43 anni. I due sono accusati di violenza sessuale di gruppo, cessione di stupefacenti e omicidio volontario, le ricerche proseguono per individuare altre due persone che per gli inquirenti avrebbero partecipato alla violenza. Nelle ore successive scatta l’arresto per Alinno Chima, 47 anni, e Yusif Salia, mentre gli inquirenti ricostruiscono le ore prima della morte di Desirée: la ragazza avrebbe nel palazzo di via dei Lucani avrebbe ricevuto e assunto un mix di droghe che le avrebbe fatto perdere i sensi, e mentre era incosciente sarebbe stata stuprata.

Per i quattro indagati inizia l’iter processuale. Il 13 novembre del 2018 il Tribunale del Riesame fa cadere l'accusa di omicidio per Alinno Chima: secondo il giudice l'uomo avrebbe stuprato Desirée, ma non le avrebbe dato la droga. Qualche mese dopo, il 15 aprile 2019, Chima viene nuovamente accusato di omicidio dopo i risultati del test del dna effettuato sul corpo della 16enne e su una serie di reperti, tra cui un flacone di metadone e una cannuccia utilizzata anche da Desiree per fumare crack. Il dna di Chima combacia con quello trovato sul flacone e la cannuccia.

Nel giugno del 2019 la Procura di Roma chiude le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile e coordinate dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal pm Stefano Pizza. Chima, Gara, Salia e Minthe sono accusati di concorso in omicidio volontario, violenza sessuale di gruppo e cessione e somministrazione di droga a minore.

L’8 ottobre del 2019 è il giorno dell'udienza preliminare. Il Comune di Roma si costituisce parte civile insieme con Regione Lazio, Telefono Rosa e le associazioni 'Insieme con Marianna' e 'Dont't worry- Noi possiamo Onlus'. In incidente probatorio, un testimone riferisce che gli imputati impedirono di chiamare i soccorsi per aiutare la ragazza. Il testimone, che si trovava all'interno dell'edificio di via dei Lucani, è stato chiamato a confermare con atto istruttorio irripetibile quanto già detto nel corso delle indagini a inquirenti e investigatori, e cioè che voleva chiamare l'ambulanza ma gli fu impedito dagli indagati.

Il 21 ottobre 2019 il gup di Roma Clementina Forleo rinvia a giudizio i 4 indagati, con un impianto accusatorio ormai ben delineato. Il 4 dicembre del 2019 parte il processo. Il 15 gennaio 2020 la Terza Corte di Assise decide di proseguire a porte chiuse il processo che si svolge nell'aula bunker di Rebibbia, meno di sue settimane dopo la Cassazione conferma il carcere per Alinno Chima, alla luce "delle risultanze delle indagini tecniche sui campioni biologici" da cui è emersa la "prova della somministrazione degli stupefacenti alla vittima da parte dell'indagato, in specie per quanto concerne il metadone, il cui sovradosaggio è stato individuato dai consulenti come la probabile causa di morte della ragazza".

In aula al processo intanto parla in lacrime Gianluca Zuncheddu, il papà di Desirée: "Ho cercato di salvarla ma non ho potuto fare niente". Il 14 novembre 2020 dall'aula bunker di Rebibbia, il processo si sposta sul luogo del delitto, con un sopralluogo di pm e avvocati, durato oltre due ore, nell'edificio abbandonato di via dei Lucani, dove è morta Desirée. Il 19 giugno 2021 il primo grado. 

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