rotate-mobile
Cronaca

Botte e minacce per far installare le loro slot: così il clan Pagnozzi reinvestiva i soldi sporchi

L'Operazione Tulipano ha evidenziato come il settore dei giochi di intrattenimento fosse non solo fonte di guadagno dei 'Napoletani del Tuscolano' ma anche indice di affermazione sul territorio

Una doppia opportunità, quella di affermarsi sul territorio e al contempo ricercare nuove fonti di guadagno in gradi di fornire una parvenza di liceità anche alle ingenti somme di denaro ricavate dalle altre attività delittuose che rappresentavano il 'core business' dell’organizzazione. Questo quanto rappresentato per il Clan Pagnozzi dall'attitività imprenditoriale nel settore dei giochi di intrattenimento, in particolar modo della gestione delle slot machine nelle sale giochi del Tuscolano e di Cinecittà. Questo uno dei principali filoni investigativi tracciati dai carabinieri nell'ambito della Operazione Tulipano che ha portato alla luce la presenza dei 'Napoletani del Tuscolano', un clan "autoctono" di matrice camorristica attivo nella periferia sud est della Capitale.

ATTIVITA' IMPRENDITORIALE - In particolare l'attività investigativa del Reparto Operativo dei Carabinieri di Roma ha intercettato il tentativo di organizzare in modo imprenditoriale, ed il più possibile monopolizzante, il controllo della distribuzione delle slot machine in molti esercizi commerciali della zona Tuscolana - Cinecittà, ricorrendo a condotte di illecita concorrenza con violenza e minaccia, avvalendosi della forza intimidatrice riconosciuta al clan. Una attività che 'Mimì Occhi di Ghiaccio' soprannome con il quale si indicava Pagnozzi, ha perseguito attraverso due dei suoi tredici fedelissimi uomini stanziati a Roma dalla Campania, incaricati di gestire e risolvere i problemi relativi al 'business' delle slot machine.

L'ILLECITA' CONCORRENZA - Ad indicare come questo settore fosse fondamentale per gli 'affari puliti' dei 'Napoletani del Tuscolano' lo stesso procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia Michele Prestipino che ha spiegato come questo business avesse una importante valenza per il clan Pagnozzi: "Da un punto di vista oggettivo, in quanto in questo modo il sodalizio ha esercitato le proprie attività commerciali con metodo mafioso tradizionale, avvalendosi di violenze ed atti intimidatori".

ASPETTO SOGGETTIVO - Lo stesso Michele Prestipino ha poi spiegato anche l'aspetto soggettivo di questa attività dei Napoletani del Tuscolano: "Che ha dato un messaggio chiaro della loro capacità di fare gruppo e controllare tutti insieme il territorio". In questo l'affare del settore dei giochi di intrattenimento l'ha fatta da padrone come indicato approfonditamente nell'informativa dei Carabinieri sulla Operazione Tulipano con un ampio spazio dedicato "Alla illecità concorrenza con violenza e minaccia per l'installazione delle slot machine".

TRE ORDINI DI ESIGENZA - In particolare, si sottolinea come "la ricerca da parte dell’organizzazione criminale facente capo a Pagnozzi di settori imprenditoriali nei quali reinvestire i proventi dei delitti fine consumati nell’ambito soprattutto del settore del narcotraffico, risponde almeno a tre ordini di esigenze legate ispettivamente a : Occultamento attività criminali e in particolare dei profitti da esse derivanti attraverso il riciclaggio; Ricerca di profitti economici in grado di procurare entrate stabili al sodalizio criminale avvalendosi delle condizioni caratteristiche delle organizzazioni di tipo mafioso: lo scoraggiamento della concorrenza, l’accesso a risorse finanziarie illecite, l’irregolarita’ delel condizioni di lavoro, contributive e fiscali; Controllo del territorio, sul quale esprimere la propria supremazia".

GESTIONE DELLE SLOT MACHINE - In particolare si spiega come nel corso di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali, Pagnozzi abbia ordinato ad uno dei suoi fedelissimi deputati all'affare delle slot "di recarsi presso la sala giochi"(...) per intimare al titolare della stessa di “togliere” gli apparecchi installati da un’altra società, evidentemente allo scopo di consentire l’installazione di quelli noleggiati dalla propria azienda". In tale frangente, 'Mimì O Professor', al fine di rendere l’intimidazione nei confronti del titolare del bar "ancora più penetrante, aveva ordinato", al sodale incaricato "di spendere il nome del capo clan o, addirittura, di passarglielo telefonicamente [“fai la faccia tosta gli dici mo ho parlato con lui. O sennò passamelo a telefono proprio”]".

CONTROLLO DEL TERRITORIO - In tale contesto appaiono particolarmente significative alcune conversazioni avvenute due mesi dopo dopo la pretesa installazione degli apparecchi della loro società. Delle conversazioni che, secondo l'informativa dei carabinieri: "oltre a costituire oggettivo riscontro circa l’avvenuta installazione delle citate slot machines, testimonia il modus operandi dell’organizzazione criminale che, una volta aver imposta e ottenuta l’installazione delle proprie apparecchiature, avvalendosi della forza intimidatrice di cui è portatrice, impone ai titolari dei locali anche le modalità di esercizio delle stesse".

IO DEVO CAMPA' - Ancora più esplicativa è una intercettazione ambientale sulla possibiltà reale "di installare tra i 200 e i 300 apparecchi il localita’ Roma sud, anche attrverso il ricorso all’attività di danneggiamento di apparecchiature installate da altre societa’…" Io voglio le macchinette dappertutto. Io devo campà! Ora gliele faccio scassare tutte quante. Qua è sempre zona Tuscolana, andiamo alla sala nuova che stanno per aprire".

GUADAGNI NON FATTURATI - Oltre alle macchine legali gli uomimi di Pagnozzi andavano a commercalizzare anche apparecchi illegali, biliardo, calcio balilla e siti internet per le scommesse sportive, un business ben illustrato in una intercettazione nella quale i Napoletani del Tuscolano indicano come fosse possibile "acquisire percentuali illecite con una sorta di doppia carta che ti consente di alzare i guadagni a circa 100-200.000,00 euro al mese non fatturati".

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Botte e minacce per far installare le loro slot: così il clan Pagnozzi reinvestiva i soldi sporchi

RomaToday è in caricamento