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Cronaca

Musicista fa causa al Ministero: "Per 14 anni precaria nella banda della polizia di Stato"

Ornella Bartolozzi, arpista romana, si è rivolta al Tribunale del Lavoro per chiedere un risarcimento di poco meno di 1,2 milioni di euro

Oltre dieci anni di “servizio” nella banda della Polizia di Stato, 150 concerti in cui ha preso posto dietro la sua arpa per suonare per capi di Stato, politici e altre figure istituzionali a eventi nazionali e internazionali. Solo che Ornella Bartolozzi, arpista diplomata al conservatorio Santa Cecilia di Roma, non fa parte del corpo di Polizia e non è mai riuscita a partecipare ad alcun concorso necessario per vedersi riconoscere questa appartenenza. E dunque, denuncia, non ha mai ricevuto lo stipendio di altri musicisti che invece ne fanno parte, ma un forfait di 75 euro a esibizione come “rimborso spese” e la promessa di essere prima o poi regolarizzata.

Bartolozzi, oggi 50 anni, ha suonato per la banda della Polizia dal 2003 al 2017, e a quasi cinque anni dall’ultima esibizione ha deciso di rivolgersi al Tribunale del Lavoro per chiedere che quei 14 anni vengano riconosciuti anche a livello economico. Al Ministero dell’Interno domanda un milione e 198mila euro, una somma quantificata sulla base delle differenze retributive, usate per calcolare l'indennità ai sensi dell'art.36 della Costituzione. La cifra include anche i danni da precarizzazione e quelli psicologici legati all’instabilità lavorativa prolungata.

“La banda della Polizia di Stato è pubblica, vi si accede per concorso - spiega Aurelio Salata, l’avvocato che rappresenta Bartolozzi  insieme con la collega Vanessa Ivone - Bartolozzi ha lavorato in modo continuativo nel corso degli anni aspettandosi di essere stabilizzata, ma non è mai accaduto. Nel corso degli anni è sempre stata disponibile per le chiamate, ha rinunciato ad altre opportunità lavorative, comprese le supplenze necessarie per perseguire una carriera nell’insegnamento. Ha perso parecchie chance di lavoro e da questo è derivato, oltre a un danno economico, anche un danno psicologico notevole. Aggiungiamo il fatto che per tutti quegli anni è stata scambiata per un membro della Polizia di Stato a tutti gli effetti, viaggiando sui mezzi della polizia e partecipando a eventi cui i civili di norma non possono accedere. La nostra richiesta è di riconoscere il lavoro svolto e di retribuirlo. La nostra Costituzione sancisce che se due persone fanno lo stesso lavoro hanno diritto a essere pagate allo stesso modo”.

Una prima udienza del processo si è già tenuta davanti al giudice del Tribunale del Lavoro, con un primo tentativo di conciliazione da parte del giudice, che ha proposto 25.000 euro a titolo transattivo: “Una cifra che non si avvicina minimamente a quanto chiesto”, sottolinea l’avvocato Salata. L’Avvocatura di Stato dal canto suo richiama la prescrizione, che sempre secondo Salata non è però applicabile visto che si parla di un indennizzo ex art. 36 della Costituzione. In una memoria è stato inoltre sottolineato che le somme versate a Bartolozzi erano rimborsi spese, e non compensi, e che venivano corrisposte non dalla banda ma dall’ente che organizzava gli eventi, senza documentazione fiscale proprio perché rimborsi spese. La prossima udienza del processo si terrà il 20 gennaio

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