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Cronaca

Il giallo sul falso Modigliani e la presunta truffa da 10 milioni di euro

Iniziato il processo al mediatore che nel 2015 avviò una trattativa per la vendita di "Jeune femme a' la guimpe blanche", un capolavoro che per la procura è un falso

Un capolavoro di Amedeo Modigliani, un dipinto che racconta un amore tormentato e unico nel suo genere, sino a poco più di 10 anni fa sconosciuto e mai esposto in Italia, finisce al centro di un processo. È la “Jeune femme a' la guimpe blanche", il ritratto che il pittore livornese ha fatto di Simone Thirioux, studentessa di medicina con cui intrecciò una relazione brevissima da cui, nel 1917, nacque Gèrald, mai riconosciuto da Modì. 

Il quadro è finito al centro di un'inchiesta avviata dalla procura di Roma nel 2019, anno in cui un facoltoso collezionista americano era pronto a pagare 10 milioni di euro per aggiudicarsi quello che per gli inquirenti sarebbe un falso. A impedire che l'affare andasse in porto la valutazione di una broker di opere d'arte, la sua denuncia e il successivo blitz del nucleo dei carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, e in questi giorni a piazzale Clodio è iniziato il processo a carico del mediatore che stava conducendo la trattativa.

La "Jeune Femme" di Modigliani e la mostra all'Avvocatura di Stato

La battaglia intorno al capolavoro di Modì - le cui opere sono tra le più falsificate e quotate - si combatte a colpi di perizie: da un lato quelle degli esperti della procura, secondo cui il ritratto della “jeune femme” sarebbe un falso, dall’altra quelle della difesa del mediatore, un professionista di Fregene che assicura che il quadro è assolutamente autentico e che quella che a oggi si ritiene sia la proprietaria, la specialista oftalmica di origini ungheresi Olga Sidamon-Heristavi, ha siglato una procura a suo nome per procedere alla vendita. Nel mezzo l'olio su tela 73x50 che raffigura la testa di una donna con gli inconfondibili tratti di Modigliani, custodito sino al 2015 nel caveau di una banca del centro di Roma

L’appassionato statunitense stava seguendo il dipinto ormai da tempo, arrivando a sponsorizzare, nel 2009, una mostra del Modigliani Institut, “Amore segreto”, dedicata proprio alla “Jeune Femme” e allestita nella Sala Vanvitelli dell’Avvocatura Generale dello Stato. Così facendo si era guadagno un diritto di prelazione nel caso in cui la proprietaria avesse deciso di venderlo. Ed è qui che inizia il giallo.

La denuncia della broker e il blitz dei carabinieri

A far scattare il blitz dei carabinieri è stata infatti la denuncia di una broker di opere d’arte, che nel novembre del 2015 era stata contattata per condurre le trattative per la possibile vendita di un'opera di Modigliani. La professionista aveva ottenuto il contatto di un altro mediatore, che aveva spiegato di avere ottenuto un mandato per vendere il dipinto a 10 milioni di euro e di poter chiudere la trattativa anche a 9.

La tela in questione, datata 1918, era ovviamente la “Jeune Femme”. Un’opera di inestimabile valore (non solo economico) messa in vendita a un prezzo decisamente inferiore rispetto alle stime, e già questo aveva fatto scattare un campanello d’allarme. La broker decide però di procedere comunque, e accetta di incontrare il mediatore per vedere da vicino l’opera.

L’incontro avviene qualche settimana dopo all’interno della banca in cui il quadro è custodito: altra stranezza, tenuto conto che un caveau non è il luogo di conservazione ideale per un dipinto di una tale importanza. E in un’aula di piazzale Clodio, davanti al pm Giovanni Nostro, la donna ha spiegato con dovizia di particolari che cosa la spinse alla fine a bloccare la trattativa, informare i propri clienti e poi rivolgersi ai carabinieri: oltre al prezzo cui il dipinto veniva venduto (nel novembre del 2015 un altro dipinto di Modigliani era stato venduto alla cifra record di 174 milioni di euro) e le peculiari modalità di incontro, il fatto che telaio e tela presentassero caratteristiche poco compatibili con un dipinto risalente al 1918.

Il sequestro e il processo

Dopo la denuncia i carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale decidono di vederci più chiaro: rintracciato il mediatore si presentano prima alla sua porta, a Fregene, e poi nella banca in cui il quadro è custodito, dove trovano effettivamente la tela firmata in alto a destra “Modigliani” insieme con alcuni documenti tra cui anche la già nominata procura. Scatta a quel punto il sequestro, e le successive indagini della procura hanno portato all’apertura di un fascicolo per la violazione del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, per la messa in vendita di un’opera ritenuta falsa.

Nel processo la parte offesa è il Ministero per i Beni culturali, l’imputato è il mediatore. Che dal canto suo continua a sostenere che l’opera sia assolutamente autentica, e ha già chiesto una serie di controperizie per confutare la tesi della procura: a settembre il processo riprenderà proprio con l'audizione dei periti.

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