La generazione coprifuoco e la malamovida
Il primo week end con il coprifuoco allungato è stato scenario di una serie di episodi di movida, tra degrado, risse, alcol e balli senza distanziamento
Una premessa è d'obbligo, lo spazio per i nostalgici del "ai miei tempi non si faceva così", non è questo. Siamo all'anno uno signori. Quello a cui assisteremo la prossima estate - e già ne abbiamo avuto un assaggio - non sarà minimamente paragonabile a quanto vissuto negli anni precedenti. Assembramenti fuori dai locali, piazze trasformate in discoteche, persone senza mascherina, scarso rispetto delle distanze di sicurezza e giovani che, per quel tanto agognato pizzico di social-visibilità in più, riprendono il tutto con lo smartphone solo per finire su 'Uercom tu favelas' (scritto come pronunciato alla romana).
C'è una voglia di vivere che sta per esplodere. Il parere è comune, anche di chi - per mestiere - studia (tra le altre cose) il fenomeno dalla movida romana, ossia chi gestisce l'ordine pubblico in città. "Beh, ma l'anno scorso già c'era il Covid", direte voi. Vero, ma eravamo ancora così rintontiti (e impauriti) dai contagi e dal lockdown che quasi la stagione estiva è passata per inerzia. Come la prima vacanza dopo il liceo: pensi di essere libero, ma in realtà sei solo su un ponte che ti sta traghettando dall'altra parte del fiume.
È difficile non essere bacchettoni in questi casi. Ma agitare il dito come la mamma non è la strada giusta.
Proviamo a fare una riflessione. Il Coronavirus, lo sappiamo, ha ribaltato tutto. Una rimescolata del mazzo dove, ogni tanto - e se i contagi ci aiutano - esce fuori il jolly delle riaperture ma che, di fatto, da marzo 2020 ha visto più serrande abbassate che nuovi locali aperti, più sessioni di crossfit on line e meno lezioni in palestre, più film e serie divorati sulle piattaforme streaming e nessun cinema all'aperto, concerti sul web e non dal vivo, cene romantiche da asporto e sempre meno nei ristoranti, partite alla Play e meno al campetto. Poi ci sono le scuole, aperte a metà con le lezioni in Dad in un'Italia a 56 k. E il "rimorchio"? Altro che 'struscio' e pub, una decina di like su Instagram quasi contano come il primo bacio. Mesi di rivoluzione. Ecco perché quel "ai miei tempi non si faceva così" non è applicabile, semplicemente perché quei "tempi" non esistono e forse non torneranno più. Ce ne saranno altri, probabilmente diversi. Ma non quelli.
Insomma, il dato certo da buttare nell'equazione è uno: gli sfoghi non ci sono. Non ci sono stati. E quelli che ci saranno prossimamente, anche con una eventuale zona bianca e l'addio del coprifuoco, saranno comunque diversi dai precedenti.
I ragazzi, quelli della generazione coprifuoco, smaniano. Hanno voglia di vivere. Di toccarsi, abbracciarsi, spingersi e - come spesso succede (e le storia lo insegna) - quando il furore giovanile si accende, non bisogna solamente guardare la miccia della dinamite che si consuma, altrimenti si fa la fine di Willy il Coyote: boom.
In queste settimane, mesi, le forze dell'ordine a Roma hanno provato a controllare questa rabbia di vita inespressa, sedata (giustamente) dalle norme anti Covid. Il canovaccio è stato chiaro: il 'Modello Roma' con transenne e chiusure temporanee nelle vie dello shopping del Tridente e non solo; piazze, fontane e scalinate chiuse nelle zone della movida. Ora, però, con la bella stagione, la campagna vaccinale che procede, i casi in flessione e le scuole chiuse, quei giovani tenuti "in gabbia" per un anno, sono carichi. Anche troppo.
D'altronde è come il flusso dell'acqua, se non si creano canali alternativi il torrente rischia di esondare e far danni. Senza eventi, concerti, discoteche e cinema - tutti chiusi per il Covid - quegli sfoghi non hanno fatto altro che riempire il fiume che, mano mano, sta strabordando. Nelle prossime settimane, con il cessato coprifuoco e gli spazi alternativi che man mano riprenderanno vita, gli sfoghi alternativi ci saranno, e - probabilmente - torneremo a parlare di movida senza quel "mala" davanti.
Lo scorso week end, il primo con il coprifuoco allungato di appena un'ora, ne è stato l'esempio. A San Lorenzo il playground è diventato una discoteca. Solo le sirene delle forze dell'ordine hanno interrotto il party, rompendo le righe del "non c'è Coviddi" alla vaccinara.
Largo Passamonti, dove è stato anche accoltellato un ragazzo, la mattina dopo era una discarica a cielo aperto. Ecco come la movida diventa "mala", tra sangue e rifiuti. Un po' pulp, ma senza il fiction.
E di segnali - tutti inascoltati - ce ne sono stati eccome. Gli appuntamenti con risse prima e gli innumeremoli party abusivi poi. In piena stagione di campagna elettorale, prendere decisioni dure rischia sempre di diventare una trappola. La sindaca Virginia Raggi si è espressa con un timido commento, domenica si è limitata a ricordare che "tutti abbiamo bisogno di libertà", ma non bisogna "vanificare gli sforzi fatti sinora". Il più classico dei "gioca, me senza sudare bello de mamma".
Che la "mala" movida - così ormai definita dai più - sarà al centro del dibattito politico dei prossimi giorni c'è da scommetterci. Il candidato alle primarie di centrosinistra, Tobia Zevi ripropone un suo vecchio cavallo di battaglia il 'sindaco di notte': "Roma segua l'esempio di altre grandi città che del governo della notte ne hanno fatto una priorità tanto da istituire una figura istituzionale specifica. Se sarò eletto primo cittadino di Roma istituirò la figura del 'sindaco della notte', con il compito di coordinare le attività economiche e le diverse iniziative che prendono corpo di sera, all'insegna della sostenibilità, della lotta al degrado e del rilancio dell'economia".
Per la capogruppo al Comune di Roma della Lista Civica Rtr, Svetlana Celli la chiave è un'altra: "Mi auguro che dalla prossima settimana ci siano iniziative, in piena sicurezza, in grado di far vivere piazze e quartieri con un'offerta culturale che sia un'alternativa al ritrovo spontaneo in strada". Senza sfoghi, il fiume esonda.