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Cronaca

Rapporto mafie nel Lazio: così la criminalità affitta le piazze di Roma per lo spaccio. La mappa di NarcoRoma

Il Rapporto restituisce il racconto delle operazioni coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma

Lo spaccio a Roma non si ferma mai. Muta, si evolve e resta al passo con i tempi. Le compravendite di droga si fanno su chat criptate e con linguaggi in codice. Il tutto in uno scenario dove alleggiano le ombre dei sodali di 'Ndrnagheta, Camorra e Mafia siciliana, oppure cani sciolti che fanno affari in un sistema si divide tra piazze di spaccio aperte e chiuse che siano.

Insomma, ci si ingegna come succede a Tor Bella Monaca dove le piazze vengono anche date in gestione quando gli storici "titolari" vengono arrestati. Già perché il business non si può fermare.

Lo scenario emerge dal quinto rapporto delle 'Mafie nel Lazio', redatto dall'Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio e presentato oggi dal governatore Nicola Zingaretti e dal presidente dell'Osservatorio, Gianpiero Cioffredi dalla villa confiscata ai Casamonica in via di Roccabernarda. 

Le piazze di spaccio date in gestione

A Tor Bella Monaca, scrivono i carabinieri in uno stralcio citatao nel rapporto: "Christian Careddu riceve dal nuovo gestore un affitto mensile e impone l'assuzione di un suo uomo: attualmente prende la somma di duemila euro al mese per la gestione della piazza solo per il motivo di esserne proprietario indiscusso".

In un altro punto invece si legge come il collaboratore di giustizia Alessandro Palone racconta che su via Scozza "operi una piazza di spaccio, senza soluzione di continuità", gestita da una gruppo o da suoi fiduciari.

Il collaboratore e le indagini coordinate dalla procura di Roma hanno evidenziato come ogni volta che le forze dell'ordine colpiscono una piazza di spaccio e arrestano il leader la stessa piazza "riprende ad operare con l'autorizzazione del precedente responsabile della stessa al quale il nuovo gestore versa un affitto oppure divide con il precedente gestore i proventi dello spaccio e del traffico di stupefacenti".

Come si spaccia a Tor Bella Monaca

La mappa della NarcoRoma

Ma c'è di più. Secondo quanto emerge dal omicidio di Luca Sacchi e il ferimento di Manuel Bortuzzo hanno riportato per l'ennesima volta l'attenzione sulla questione droghe e sul loro mercato nella Capitale.

"La mappa della NarcoRoma è il frutto dell'analisi dei dati investigativi di tutti i comandi e reparti, anche territoriali della Capitale delle forze dell'ordine. Secondo i dati elaborati, con il coordinamento del procuratore, le droghe sequestrate nella Capitale ammontano a 5 tonnellate per ogni anno", spiega chi ha redatto il rapporto della Mafie nel Lazio.

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I clan che trafficano droga, nella maggior parte dei casi, fanno ricorso al metodo mafioso per la gestione di porzioni sempre più grandi di territorio che diventano piazze di spaccio dove la fama criminale dei gruppi locali impartisce disciplina all'interno dei gruppi e verso l'esterno.

E' così, ad esempio, per le piazze cosiddette spaccio "chiuse", quelle delle aree di Montespaccato, la Romanina, un pezzo del Quadraro, Tor Bella Monaca, Acilia, Primavalle, Giardinetti-Borghesiana, Torre Nova, Nuova Ostia, Quartaccio, Tufello, Ponte di Nona e San Basilio.

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Il modello delle piazze di spaccio "chiuse" e di un accentuato controllo del territorio risulta essere adottato anche in altre realtà periferiche come Quarticciolo-Centocelle, Bastogi, Corviale e Trullo dove attorno a figure particolarmente carismatiche in ambito criminale si sono cementati sodalizi criminali attivi nel settore dello spaccio di stupefacenti.

Nel contempo in alcune zone di Roma risultano operative piazze di spaccio cosiddette "minori" o "aperte", come ad esempio quella della zona della Laurentina e piazze di spaccio aperte ovvero senza sentinelle, ostacoli fissi e sistemi di sorveglianza più o meno sofisticati: è il caso del Pigneto e di San Lorenzo.

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"Chi le gestisce, in queste zone ha la capacità di crearle e proteggerle. - si legge nel documento - Queste aree diventano piccoli fortini dove si sperimenta il metodo mafioso, mutuato da altre realtà o generato pescando nel tessuto criminale autoctono. Appartiene a questi gruppi la capacità di tessere alleanze, con matrimoni oppure convivenze, con altre famiglie criminali è uno dei punti di forza dei narco-criminali di Roma che, negli anni hanno creato e rafforzato un welfare criminale parallelo".

La mafia romana, da borgata a criminalità di spessore

Il documento, che esamina i fatti della cronaca più recenti e mette in luce l'ambito nel quale si sono verificati, illustra anche lo scenario della malavita romana, quello che nel rapporto si legge come "piccole mafie" seguendo la definizione della Suprema Corte che così si è espressa su alcuni gruppi mafiosi romani e stranieri. Gruppi autoctoni che svolgono in alcune attività come le estorsioni, l'usura, il recupero crediti correlate o affiancate al principale business: il narcotraffico.

"Sul territorio romano sono visibili gli effetti di un contagio criminale di tipo mafioso all'interno di molti gruppi autoctoni storicamente radicati nelle borgate, in periferia, nelle aree a ridosso del Raccordo Anulare. Alcuni di questi gruppi ibridi e flessibili trafficano principalmente droga e commettono altri reati correlati usando il metodo mafioso", si legge.

E così vengono citate nel report le gesta degli affiliati del clan Casamonicai boss del quartiere di Montespaccato e dell'area a Nord di Roma. Uno scenario che, però, per essere compreso va sempre inquadrato come una costola del "sistema Ostia" e da quegli affari che sul litorale romano hanno trovato basi e appoggi solidificati e cresciuti a dismisura nel corso degli anni '90, liberi di espandersi e cucire nuove alleanze.

Ossia quando sul litorale venivano mandati in soggiorno obbligato pezzi della mafia siciliana (Torvaianica, Campo Ascolano) o disertori dei Casalesi (Acilia) sebbene qui avessero già preso indirizzo per proprio conto famiglie di potere e temute come i Cuntrera di Siculiana (Ostia) e le 'ndrine dei Gallace (Anzio e Nettuno), senza tralasciare le pesanti contaminazioni nell'apriliano e ad Ardea. 

La mappa dei clan a Roma

Il Coronavirus e il post Covid: "Preservare fondi dall'interesse dai gruppi criminali"

Spaccio, usura e non solo. I soldi pubblici, infatti, hanno e hanno ancora un grande appeal verso le diverse consorterie. Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nella prefazione del report, d'altronde aveva ammonito: "Non c'è dubbio che la crisi sanitaria scatenata dal Covid e le sue drammatiche conseguenze economiche e sociali abbiano già aperto nuovi spazi per la criminalità organizzata: grandi opportunità di reinvestire i capitali sporchi nell'economia legale; condizioni favorevoli per alimentare l'usura, approfittando della situazione di debolezza di imprenditori e famiglie; un generale rafforzamento del potere di ricatto criminale su una comunità impaurita e impoverita. Ecco perché, oggi più che mai, dobbiamo essere uniti e fare muro, intervenendo concretamente sulle disuguaglianze sociali, sulle distanze crescenti tra centro e periferie; su tutte quelle forme di disagio che rappresentano da sempre il terreno più fertile per ogni organizzazione criminale. E poi stando accanto al mondo delle imprese, che in questi giorni difficili devono essere aiutate a resistere e rilanciarsi. Oggi abbiamo ancora più che in tempi normali il dovere di affermare la presenza positiva dello Stato attraverso una nuova stagione di investimenti pubblici, restando al fianco delle imprese che vogliono ripartire e aiutando il nostro territorio a creare lavoro e sviluppo".

Un input raccolto anche dal prefetto di Roma Matteo Piantedosi: "A Roma è tutto più facile per le consorterie criminali e quindi occorre maggiore impegno per il contrasto a questi fenomeni. In nessuna parte come Roma c'è la saldatura tra degrado urbano e crescita di fenomeni criminali e tutto corre intorno alla droga. La nostra grande scommessa è combattere ciò. L'attenzione va posta su scenari futuri indotti dal Covid e dovuti all'arrivo di nuovi fondi che andranno preservati dall'interesse dai gruppi criminali. Serve prevenzione, bisognerà buttare il cuore oltre l'ostacolo".

D'altronde anche DIA, nella sua ultima relazione semestrale, aveva scritto che "le ricadute economiche del Covid potrebbero innescare una 'infezione finanziaria mafiosa', un pericolo concreto, reale che impone di non abbassare la guardia anche quando i riflettori si abbasseranno perché le mafie tenderanno a riprendere spazio, insinuandosi nelle maglie della burocrazia".

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