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Cronaca

La droga per comandare a Roma e l'ascesa della 'Ndrangheta: il rapporto Mafie nel Lazio

Il rapporto restituisce il racconto delle operazioni coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Roma negli ultimi due anni e mezzo

"Chi ha la droga a Roma fa quello che vuole". La frase è emblematica ed è contenuta nel VI e VII rapporto 'Mafie nel Lazio', elaborato dalla Regione, che mappa i gruppi criminali organizzati nella Capitale e nelle altre città della regione, relativo al biennio 2020-2021 e al primo semestre del 2022. Il testo di oltre duecento pagine documenta il lavoro fatto dalle forze dell'ordine, direzione distrettuale antimafia e dai magistrati. 

Il quadro conferma il numero crescente di piazza di spaccio operative 24 ore su 24 a Roma. Organizzazioni strutturare in maniera "professionale", anche con welfare dedicati per i pusher. Un "lavoro" che qualcuno, intercettato, chiama "andare al cantiere" che documentano il metodo "aziendale" con cui viene venduta la droga. Un "modello imprenditoriale-criminale", si legge, con una meticolosa suddivisione dei compiti, stipendi e assistenze legali e l'impiego sempre più frequente di minorenni.

Le piazze di spaccio aperte e chiuse 

Le piazze di spaccio di Roma sono un fenomeno criminale che ha caratteristiche sia quantitative e qualitative. Secondo il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, risultanze investigative portano a quantificare in centinaia le piazze di spaccio operative a tutte le re. La densità è maggiore nei quartieri di Tor Bella Monaca, San Basilio, Montespaccato, Romanina, Acilia, Primavalle, Ponte di Nona, Tufello, Giardinetti-Borghesiana, Torre Nova, Nuova Ostia, Quartaccio, e Bastogi. 

Si tratta di piazze di spaccio "chiuse" fondate anche sulla fama criminale dei gruppi che gestiscono gli affari e controllano il territorio. Nei quartieri come il Quarticciolo-Centocelle, Corviale, Boccea e Trullo si sono invece cementati sodalizi criminali attivi nel settore dello spaccio di stupefacenti sviluppati intorno a figure particolarmente "carismatiche" in ambito criminale. In altre zone della città, invece, risultano operative piazze di spaccio minor”, come ad esempio la zona della Laurentina e piazze di spaccio aperte, cioè senza sentinelle e sistemi di sorveglianza. È il caso del Pigneto e di San Lorenzo. 

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Le alleanze e il mercato di Roma

Chi gestisce le piazze di spaccio in queste zone ha la capacità di creare, costituire, gestire il business e l'organizzazione quasi aziendale. Non solo. Deve saper tessere alleanze, se necessario anche con matrimoni oppure convivenze combinati con altre famiglie criminali. E tenere in piedi un welfare criminale parallelo per gli associati.

Dal rapporto emerge come Roma offra agli occhi delle organizzazioni criminali un mercato ideale per ogni sorta di investimento, legale e illegale. L'estensione del territorio, l'ampio numero di imprese che operano nella città, la vicinanza con le istituzioni nazionali, sono alcune delle variabili che la rendono un mercato unico in termini di convenienza e di profitto. Il territorio capitolino presenta peculiarità, anche storiche, che lo differenziano da altri luoghi di proiezione delle mafie nel centro-nord. 

In un'intercettazione ambientale, un uomo della 'Ndrangheta, la più potente e organizzata delle mafie presenti nella Capitale, ha definito Roma in una sola parola: "Il futuro".
Già nel 2016 la direzione nazionale antimafia così descriveva il rapporto fra le mafie e l'economia romana: "La scelta delle cosche di investire a Roma e nel Lazio viene privilegiata innanzitutto per la facilità di mimetizzazione degli investimenti, in un territorio particolarmente vasto e caratterizzato dalla presenza di numerosissimi esercizi commerciali nonché di attività imprenditoriali, società finanziarie e di intermediazione, immobili di pregio".

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L'ascesa della 'Ndrangheta

Le famiglie di 'Ndrangheta come i Bellocco, i Marando, i Filippone, i Molè, i Piromalli, come si legge nel rapporto, "si sono progressivamente radicate a Roma" proprio attraverso un processo di "infiltrazione nell'economia legale e illegale, confermato in numerose sentenze, alcune già definitive". L'organizzazione gioca un ruolo determinante nelle dinamiche criminali romane, "dal narcotraffico internazionale sino al reinvestimento dei capitali illeciti". Il suo posizionamento nello scenario criminale della città si è fatto gradualmente evidente - come sottolineato alcuni anni fa dal procuratore di Roma, Michele Prestipino. 

Era il 2016. Da allora le indagini hanno portato alla luce numerosi aspetti che riguardano l'assetto organizzativo delle 'ndrine nella Capitale. La ndrangheta  gioca un ruolo determinante nelle dinamiche criminali romane, dal narcotraffico internazionale sino al reinvestimento dei capitali illeciti. E così nella primavera del 2022 per la prima volta emerge che la 'Ndrangheta ha creato una sua filiale a Roma. Non singoli boss che agiscono nella capitale per i loro interessi personali, "ma l'avanguardia della colonizzazione, condotta per conto dell'intera cupola nella città del potere", spiegano gli esperti che hanno redatto il rapporto.

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Quando e perché sono cambiate le cose a Roma e come mai la capitale ad un certo punto diventa la "Propaggine" della 'Ndrangheta lo spiega l'ordinanza di custodia cautelare relativa all'inchiesta omonima che ha avuto il suo step più importante il 10 maggio 2022. All'alba vengono eseguiti 43 arresti nel Lazio e 34 in Calabria. La novità sta nel fatto che in questo caso si tratterebbe di una vera e propria "locale", una struttura di comando al vertice della 'Ndrangheta che per una ragione simbolica, legata ai rituali calabresi mai decifrati, dovrebbe essere composto da almeno 49 componenti. Il loro "noi a Roma siamo una propaggine di là sotto", carpito dalle forze dell'ordine durante le intercettazioni, era il certificato di origine, controllato e garantito, di cui gli appartenenti al clan si fregiavano.

Non solo. Per capire l'ampiezza del radicamento della malavita calabrese basta anche solo osservare la città da Borgo Pio, dove c'è il clan Filippone, fino ad arrivare a San Basilio, dove ci sono i Marando di Platì. "Chi ha la droga a Roma, fa quello che vuole e i calabresi hanno sempre la droga. Alcune volte ci sono dei conflitti, i romani hanno le piazze qua a Roma e i calabresi li riforniscono", racconta un collaboratore di giustizia citato nel rapporto Mafie nel Lazio.

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