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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Velletri

Macchinista morto per esposizione all'amianto: Inail condannata a risarcire la vedova

L'ente aveva rigettato la richiesta di Maria Mangiocco, vedova di Maurizio De Meo, morto nel 2018 per un mesotelioma

A quattro anni dalla morte di Maurizio De Meo, macchinista ucciso da un mesotelioma pleurico dovuto all’esposizione ad amianto, il tribunale di Velletri ha condannato l’Inail a risarcire la sua vedova, Maria Manciocco, con 80 mila euro di arretrati, e a corrisponderle una rendita vita natural durante di circa 1.600 euro mensili.

La vicenda è iniziata nel 2018, quando Di Meo, macchinista delle Ferrovie dello Stato di Colleferro, è morto a soli 60 anni dopo una lunga lotta contro la malattia causata dall’esposizione ad amianto con cui era coibentato il reostato che collegava i 13 motori del locomotore. I due figli, all’epoca di 26 e 30 anni, e la vedova avevano fatto domanda di risarcimento all’Inail, ma l’ente previdenziale aveva rigettato la richiesta nonostante che il mesotelioma sia una malattia inserita nelle apposite tabelle. Si erano quindi rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, per avere assistenza legale.

Bonanni in tribunale ha sostenuto la tesi secondo cui, per ottenere la rendita, al lavoratore sia sufficiente dimostrare di essere affetto dalla patologia e di essere addetto alla lavorazione nociva. Durante il processo, di primo grado anche i testimoni esaminati hanno confermato che, dal 1985 al 2003, il 60enne aveva lavorato a contatto con l’amianto presente nei locomotori. Il consulente tecnico nella perizia chiesta dalla vedova, Corradino Menchella, aveva confermato in aula che “la patologia che ha condotto a morte Di Meo va individuata nel mesotelioma pleurico metastatizzato strumentalmente diagnosticato nel mese di aprile del 2017”.

Il tribunale di Velletri alla fine ha dato ragione alla vedova, riconoscendo come l’inserimento del mesotelioma nelle tabelle sia “la cristallizzazione di giudizi scientifici specifici sull’esistenza del nesso di causalità”, e ha condannato l’Inail a corrisponderle 80mila euro e una rendita di 1.600 euro mensili: “Un’altra vittoria nella lotta all’amianto - ha detto Bonari - mi dispiace soltanto che ancora, per questioni ormai assodate, si debba adire il tribunale con lungaggini che potrebbero essere assolutamente evitate. Si tratta di una sofferenza ulteriore per le famiglie delle vittime che già hanno perso un familiare a causa di una malattia contratta sul posto di lavoro”.

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