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Cronaca

Liquami dei campi rom sversati nei tombini, così esultava l'imprenditore arrestato: "Roma Capitale è nostra"

Otto arresti nell'ambito di un'inchiesta sullo smaltimento illecito di rifiuti liquidi provenienti dai campi nomadi di Castel Romano e di La Barbuta

Erano stati incaricati di smaltire secondo le normative ambientali i rifiuti liquidi prodotti nel territorio di Aprilia e provenienti dalle baraccopoli della Capitale, Castel Romano e La Barbuta. In realtà si limitavano a versarli in terreni isolati o addirittura nella rete fognaria.

Il traffico illecito di rifiuti coinvolge 23 persone dipendenti a vario titolo di una ditta dei Castelli Romani che si è aggiudicata l’appalto per il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti liquidi prodotti nel territorio di Aprilia e aggiudicataria di altri appalti con enti locali di Roma e provincia. L’inchiesta è stata condotta dagli investigatori del servizio centrale operativo della squadra mobile di Latina e del compartimento Lazio della polizia stradale, che nei giorni scorsi hanno eseguito otto misure di custodia cautelare per altrettante persone. Tra loro c’è anche un imprenditore di origini calabresi di 51 anni che in passato ha già ricevuto due interdittive antimafia e che, secondo gli inquirenti, avrebbe legami con la malavita organizzata.

Rifiuti speciali sversati in terreni e reti fognarie

L’ipotesi degli inquirenti è che una volta a capo della ditta, l’uomo avrebbe gestito l’appalto di Roma Capitale per lo smaltimento dei rifiuti liquidi dei campi nomadi e quello di Acea Ambiente per fornire lo stesso servizio nell’impianto ex Kiklos gestito dalla società ad Aprilia. Peccato che i rifiuti non finissero negli appositi impianti, ma nei pozzetti dell'azienda e in terreni, mentre i proventi del traffico venivano reinvestiti per acquistare altre società e beni tramite conoscenze nelle ‘ndrine e prestanome.

Per la procura è il 51enne, insieme con il braccio destro, un 53enne anche lui di Cosenza, il “promotore, organizzatore e dirigente dell’associazione, che ha a disposizione in maniera occulta i mezzi e la struttura organizzativa delle aziende”. Sempre lui è “colui che tiene i contatti, gestisce gli introiti provenienti dallo sversamento illegale e stabilisce le tariffe, presiede alle operazioni di smaltimento illegale nei pozzetti e dispone la partecipazione a questa attività di propri operai o terze persone”. Ancora, l’imprenditore calabrese “gestire in prima persona i proventi derivanti dagli appalti e i rapporti con imprenditori, politici e amministratori utili allo scopo e le attività di intestazione fittizia e riciclaggio tramite l’utilizzo di società ad hoc costituite e numerosi prestanome”.

Proprio alla luce dei precedenti dell’imprenditore, l’inchiesta è stata coordinata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Roma: le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, commissione di delitti contro l’ambiente e truffa ai danni dello Stato. A presentare denuncia sono stati i responsabili di Acea Ambiente, insospettiti dal procedimento di smaltimento dei rifiuti: gli investigatori hanno scoperto che in dipendenti della ditta falsificavano i timbri sui formulari di identificazione dei rifiuti per attestare la regolarità del ciclo di smaltimento ed essere in questo modo pagati da Acea Ambiente, mentre in realtà i rifiuti venivano di fatto sversati con conseguenti gravi danni ambientali.

Le intercettazioni

Numerose le intercettazioni incriminati a sostegno della tesi degli inquirenti. Nell’aprile del 2018, per esempio, il geometra della ditta (tra gli indagati) contattava un dipendente chiedendo di presentarsi a Fiumicino per uno spurgo urgente “perché mi hanno chiamato, c’è il presidente della Regione e c’è il sindaco, un casino”. Alla domanda del dipendente su dove i rifiuti sarebbero poi stati smaltiti “perché la cisterna poi mi serve”, il geometra risponde “al cantiere”, intendendo la sede della ditta ad Ariccia e il pozzetto installato nel deposito.

“Prepara una bottiglia, Roma Capitale, l’abbiamo vinta, è nostra”, è il contenuto delle telefonate fatte dall’imprenditore nel 2017, all’epoca dell’aggiudicazione dell’appalto per lo svuotamento delle vasche di rifiuti liquidi posizionate nei campi rom di Castel Romano e La Barbuta. “Un lavoro della Madonna, complimenti, è una cosa seria”, risponde un interlocutore.

Ricostruito il traffico illecito, il gip ha accolto la richiesta dei magistrati di emettere un’ordinanza di custodia cautelare, in carcere per il 51enne e ai domiciliari per gli altri sette indagati.

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