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Cronaca

Omicidio Macro, la madre scrive a Pignatone: "Non archivi inchiesta su roulotte di Sant'Egidio"

L'ente di volontariato è al centro di un'indagine parallela per abuso edilizio, ma la Procura ha deciso per l'archiviazione. Di seguito la lettera appello di Giuliana Bramonti

Un fenomeno "inquietante di degrado, di illegalità e di ingiustizie", che ha incrociato il tragico destino del figlio. Nel giorno delle motivazioni alla sentenza della Corte d'Assise che ha condannato Joseph White Clifford a 14 anni di reclusione per omicidio volontario, la mamma di Carlo Macro, vittima dell'omicidio, si appella a Pignatone. 

Il 30enne è stato ucciso il 17 febbraio 2014, da un uomo che abitava una delle roulotte per indigenti sparse per Roma e gestite dalla comunità di Sant'Egidio, che per la donna ha sempre avuto una responsabilità indiretta nella morte del ragazzo.  

L'ente di volontariato è al centro di un'inchiesta parallela per abuso edilizio, scattata a seguito di un esposto presentato in Procura dai consiglieri di opposizione regionale, Fabrizio Santori, e municipale, Marco Giudici a pochi giorni dalla morte del 30enne. Un'inchiesta che si avvia verso l'archiviazione. Di seguito pubblichiamo integralmente la lettera appello di Giuliana Bramonti indirizzata al procuratore Pignatone. 

Un grido disperato per chiedere giustizia, e scongiurare quello stop sulla strada di indagini "che confermano oltre che i reati denunciati, anche di altri gravi delitti contro la Pubblica Amministrazione per violazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento. Delitti che non hanno meritato alcun approfondimento". 

Al Presidente dell’Ufficio GIP presso il Tribunale Penale di Roma, Dott. Gentili 

Al Procuratore Generale della Procura della Repubblica di Roma, Dott. Pignatone 

E p.c.  

Al Ministro dell’Interno, Dott.Angelino Alfano 

Al Prefetto di Roma, Dott. Gabrielli   

sono Giuliana Bramonti, presidente dell’Associazione “ Carlo Macro per la cultura della legalità “, e madre di Carlo Macro, cittadino romano di 33 anni assassinato ingiustamente e barbaramente  il 17 febbraio 2014 dal clochard di cittadinanza indiana Joseph White Clifford, presente sul territorio italiano privo del permesso di soggiorno, con un decreto di espulsione del giugno 2012, già con precedenti penali,  abitante in una roulotte abusivamente parcheggiata in via Garibaldi in Roma,  messagli  a disposizione dalla Comunità di S.Egidio ad agosto 2012, in evidenteviolazione delle leggi sull’immigrazione, di quelle urbanistiche e del codice della strada. 

Oggi, che si è chiuso il primo grado del processo contro l’assassino di mio figlio, rivolgo un appello a tutti voi, per quanto di vostra competenza, affinché vi interessiate all’inchiesta svolta nei mesi scorsi dalla Procura, riguardante il fenomeno delle roulotte e dei camper adibiti a dimora dei clochard (Proc. Pen. n. 58090/14 R.G.N.R.). L’indagine, infatti, iniziata con un esposto di due esponenti politici locali, il consigliere regionale del Lazio Fabrizio Santori ed il consigliere del Municipio XII Marco Giudici, ha fatto emergere un fenomeno inquietante di degrado, di illegalità e di ingiustizie. Un fenomeno che ha incrociato tragicamente il destino di mio figlio. 

Dopo un anno di indagini è stata chiesta l’archiviazione. Un anno in cui si è parzialmente fatta luce su un fenomeno caratterizzato dal silenzio connivente delle istituzioni, da interessi trasversali, da illegittime interazioni tra privati e pubblica amministrazione, con la Comunità di S.Egidio che ancora oggi incentiva forme improprie di assistenza disseminando degrado su tutta la città. Un fenomeno diffuso che la nostra città deve respingere con vigore. 

Infatti, nelle indagini svolte sono emerse conferme, oltre che dei reati denunciati, anche di altri gravi delitti contro la Pubblica Amministrazione per violazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento. Delitti che non hanno meritato alcun approfondimento. 

L’assassino di mio figlio, Joseph White Clifford, dimorava in una roulotte al Gianicolo e prima ancora di essere un assassino era definito un semplice indigente. Molti pregiudicati, spacciatori, rapinatori e delinquenti comuni dimoravano in altre parti della città e a tutt’oggi stazionano nei nostri centri abitati, spesso protetti da associazioni di volontariato ed enti locali. 

Oggi il lavoro che la Procura di Roma sta svolgendo in questa fase complicata per reprimere il malaffare e promuovere la cultura della legalità nella nostra città è encomiabile. E se nel prossimo futuro Roma avrà un altro volto, questo sarà soprattutto grazie all’impegno dei magistrati sul fronte di inchieste importanti, come quella di Mafia Capitale. 

Ma una città grande come Roma non è solo Mafia Capitale. Sono tanti piccoli e grandi fenomeni che le amministrazioni locali non possono o non vogliono affrontare. Ed è ancora la magistratura che può risolverli con il consenso e il sostegno della gente comune. 

Per queste ragioni, certa di rappresentare il sentimento di gran parte dei cittadini Romani, vi chiedo di fare il possibile per sensibilizzare gli organi competenti che valuteranno le ragioni dell’opposizione all’archiviazione presentata dai consiglieri Santori e Giudici, parti offese nel procedimento, perché questa città ha bisogno di un vento nuovo di giustizia e di legalità che in questa fase storica delicata solo la magistratura sembra essere in grado di offrire. 

Certa di una vostra collaborazione, porgo distinti saluti.   

Giuliana Bramonti 

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