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Cronaca

Villaggio Olimpico, Legambiente: "No a Tor di Quinto. Valutare area di Saxa Rubra"

L'associazione ambientalista si dice contraria alla realizzazione del Villaggio Olimpico a Tor di Quinto e propone un'area edificabile come quella di Saxa Rubra

“Altro che Olimpiadi caratterizzate dall'ambiente, realizzare il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto significherebbe una nuova variante cementizia al piano regolatore. Per le aree atleti e media si deve trovare un'area edificabile e infrastrutturata, come ad esempio la centralità di Saxa Rubra". Lo afferma Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, tornando sulle parole del sindaco Alemanno, dopo la visita all'Ippodromo dei Lanceri di Montebello, salvo dall'abbattimento.

“La proposta di localizzare il Villaggio per gli atleti ed altre funzioni previste in occasione dell'eventualità dei Giochi olimpici a Roma nel 2020 - spiega Mauro Veronesi, responsabile territorio di Legambiente Lazio- è del tutto avulsa dalle previsioni del piano regolatore vigente, ed è strategicamente sbagliata dal punto di vista infrastrutturale.”

Legambiente analizza l'elemento infrastrutturale: come è noto nell'area di Tor di Quinto in proprietà delle F.S. è stato recentemente avviato lo sgombero di una vera e propria cittadella di capannoni che impegnavano decine e decine di ettari - quasi 40, complessivamente. La presenza di questa cittadella abusiva, nata agli inizi degli anni '70, è stata quindi per decenni una realtà che non ha consentito di avviare i lavori per la chiusura dell'Anello Ferroviario/Arco Nord. Ma a tutt'oggi FS non avrebbe inserito tale opera tra quelle strategiche per Roma, preferendo concentrare tutte le risorse sulla sola Stazione Tiburtina. In conseguenza di ciò, avviare previsioni urbanistiche del peso indicato dal sindaco - 700.00 metri cubi su una superficie di 220.000 metri quadri - su un'area che difficilmente vedrà la chiusura dell'Anello Ferroviario entro il 2019, rischierebbe di essere un errore strategico: “fare i metri cubi” senza riuscire a realizzare, contestualmente, l'armatura infrastrutturale del trasporto pubblico su ferro.

Nel piano regolatore vigente (PRG), peraltro, le aree alle spalle dell'Ippodromo, in proprietà all'Esercito, tra Via Camposampiero e Via del Baiardo, sono classificate quali Agro Romano, poiché aree che compongono l'area di rispetto con la prospiciente ansa a gomito del Tevere. Trasformare queste aree - fa notare l'associazione ambientalista - significherebbe quindi “caricare” il dimensionamento del piano di ben 700mila nuovi metri cubi, visto che il Prg vigente sull'area in questione non prevede alcuna trasformazione urbanistica. In conseguenza di quanto detto, la scelta delle aree di Tor di Quinto è doppiamente sbagliata: dal punto di vista infrastrutturale, perché la “chiave” è la chiusura dell'Anello, opera a rischio entro il 2019, e dal punto di vista del piano regolatore che le definisce aree agricole. Se non bastasse, il Piano territoriale Paesistico della Regione Lazio (PTPR), in forza del vincolo dato dalla legge Galasso che vincola le fasce di rispetto delle aste fluviale, classifica queste aree quali “Paesaggio Agrario di continuità”, classificazione questa che è data alle aree che compongono i paesaggi fluviali. C'è quindi un terzo elemento che stride con la proposta avanzata dall'amministrazione, ed è l'incompatibilità della proposta stessa con lo strumento paesaggistico regionale.

“Tor Vergata è un luogo interessante, una importante centralità pubblica del piano regolatore, con una destinazione che sarebbe compatibile, ma a nostro avviso quelle aree sono fuori gioco per la troppa distanza dallo Stadio Olimpico - dice Parlati. - E' noto, infatti, che uno dei criteri del Cio nel valutare le proposte di candidatura delle città ad ospitare i Giochi Olimpici è la vicinanza tra il principale impianto sportivo, e quindi l'Olimpico, e il Villaggio Atleti".

“Se si vuole connotare il dossier Olimpico in modo ambientale non basterà compensare le emissioni o chissà cos'altro, la realizzazione delle nuove strutture è dirimente - afferma Veronesi. - Per questo il Comune e il Comitato promotore devono individuare un'area nel PRG vigente dove sono già previste trasformazioni urbanistiche, non ancora in attuazione, vicina allo Stadio Olimpico. In tal senso, sarebbe interessante ragionare della Centralità di Saxa Rubra, dove attualmente opera il Centro Rai, un'area senza vincoli preclusivi, già dotata della ferrovia Roma Nord da potenziare, di un parcheggio di scambio affianco al Gra.”

Legambiente ricorda che nelle aree di Saxa Rubra è prevista la nascita di una Centralità Urbana, su una superficie territoriale complessiva di 655.689 metri quadri, dei quali 19.900 metri quadri (63.680 metri cubi) con destinazione abitativa e 112.766 metri quadri (36.085 metri cubi), per commerciale/turistico/ricettiva, per un totale quindi di 424.531 metri cubi. Molto meno, in dimensionamento, delle cifre indicate dall'amministrazione a Tor di Quinto: ma un po' di “sobrietà” nelle cubature non farebbe male, ammesso che una città voglia avanzare candidature a partire dal “biglietto di presentazione Ambientale”. Dal punto di vista infrastrutturale, l'area è già servita dalla Linea delle FS Roma Nord, del quale è previsto il rafforzamento, in specie nel tratto Piazzale Flaminio/Prima Porta, in parte finanziato dalla Regione Lazio. In più, già esiste un parcheggio di scambio di 500 posti, c'è la ciclabile Roma Nord e ne è prevista anche un tratto aggiuntivo nel Parco della Vecchia Fornace Mariani, che sorge sui 30 ettari che la Rai cederà al Comune. L'avvenuta realizzazione del GRA a tre corsie, completa un quadro infrastrutturale già a buon punto. In più due ulteriori elementi: l'uso finale del Villaggio Olimpico sarà quello di residenze universitarie, quindi del tutto compatibile con l'attuale realtà di Saxa Rubra. Particolare non da poco, avere il Centro Rai e il Villaggio Olimpico nello stesso luogo potrebbe essere uno degli elementi di qualità che il Cio valuta, oltre ad essere una grande occasione per la Rai. Infine, l'area non confligge con il Ptpr, poiché lo strumento paesaggistico si è limitato a dare prescrizioni sulle attuazioni.

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