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Cronaca

Fratelli pronti a morire l'uno per l'altro e un sicario al loro servizio, il gruppo di Casalotti che ha fatto fuori 'Diaboolik' e 'Simone'

Il cognome della famiglia Bennato, negli ultimi anni, è finito spesso tra le carte delle ordinanze dei gip e dei pm di Roma

Assieme a Raul Esteban Calderon, il 'Francisco' accusato di aver ucciso Fabrizio Piscitelli, noto come 'Diabolik', c'è un altro cognome che si legge più volte tra le pagine delle ordinanze firmate da gip e pm di Roma, che mettono insieme il lavoro di polizia e carabinieri, quello dei Bennato. 

Per uno di loro, Enrico, 53 anni e nipote di Walter Domizi, boss della zona Casalotti detto 'Il gattino', l'accusa è grave. Bennato, già in cella per stalking contro la sua ex compagna, a cui aveva reso la vita un inferno anche con colpi di pistola esplosi contro il portone di casa, avrebbe partecipato in prima persona all'omicidio di Shehaj Selavdi detto 'Simone', il 20 settembre del 2020, sulla spiaggia di Torvajanica. Fatti di sangue, che hanno messo con prepotenza sullo scacchiere criminale i fratelli Bennato. 

Già perché oltre ad Enrico, nelle pagine dell'inchiesta rimbomba anche il nome Leandro Bennato. Se per i due omicidi non risultano su di lui capi di imputazione, è altrettanto giusto sottolineare come la sua figura sia più volte tirata in ballo come persona che, quanto meno, non si è mai opposto alla doppia azione di fuoco. Anzi, secondo la ex compagna di Raul Esteban Calderon, "Leo" - così lo chiama - sarebbe addirittura il mandante dell'omicidio di 'Diabolik'. 

Non solo. Secondo le dichiarazioni fornite  agli inquirenti: "Raul aveva avuto 100.000 euro in contanti da Leo (Leandro Bennato ndr) e siccome era poco, ma lui non aveva altri contanti, gli avrebbe dato 4 mila euro al mese". Effettivamente, stando a quanto ricostruito, il denaro non mancava da quando Calderon frequentava la famiglia Bennato: oltre 7 mila euro in un cassetto, 2 mila euro per un mobile del bagno, 500 euro in regalo. Quelli elencati nell'ordinanza. E quello di Diabolik sarebbe stato solamente il primo affare di sangue, bene pagato.

La famiglia Bennato

Ma chi sono questi Bennato? Possibile che due fratelli e un sicario ex rapinatore abbiano potuto far fuori un personaggio del calibro di Piscitelli senza l'ok di elementi di spicco della criminalità napolena, albanese, romana o calabrese con cui l'ex capo degli Irriducibili aveva a che fare? Il gruppo, grazie anche alle conoscenze e al nome di Walter Domizi, da anni è entrato nei giro del traffico di sostanze stupefacenti e non hanno paura a girare armati. Casalotti è la loro casa. Secondo la ex di Calderon, Bennato avrebbe voluto uccidere Diabolik perché quest'ultimo lo riteneva un "infame". Stando a quanto si legge in un'intercettazione riportata nell'ordinanza di convalida del fermo per Raul Esteban Calderon, il gip di Roma sottolinea come dalle parole di Enrico Bennato "si evince chiaramente il contesto di lotte tra gruppi, e l'attribuzione dell'omicidio Piscitelli al proprio gruppo".  

"Le parole di Bennato appaiono particolarmente credibili - scrive il gip - non soltanto per il contesto riservato in cui sono pronunciate all'interno della propria abitazione e rivolte a persone di cui sembra avere piena fiducia ma anche perché egli confessa il proprio coinvolgimento in uno degli omicidi di cui stanno parlando, quello dell'albanese Sheajh e 'accusa' altresì il proprio fratello Leandro, quale mandante dell'omicidio Piscitelli", si legge. Descrivendo il proprio scontro con un albanese, Enrico Bennato è chiaro: "Se vengono qua a fa' casotti ce rimettono la vita. Qua non devono venì a fà i prepotenti a Casalotti. Sò morti quelli che hanno sparato a Leandro".

L'agguato a Leandro Bennato

Leandro Bennato, 43 anni, in quell'anno di sangue (quello tra il 2019 e il 2020) lo volevano fare fuori. Dopo l'omicidio di Piscitelli, ad agosto, a Roma si era sparsa la voce e così qualcuno organizzò una vendetta. "Leo" Bennato fu ferito con dei colpi di pistola in via di Boccea, in mezzo al traffico delle 19 del 15 novembre 2019. Di lui, già in passato si occuparono le forze dell'ordine. Nel 2013 Bennato era stato arrestato a Barcellona per reati legati al traffico di droga dopo un periodo di latitanza di tre anni. Nel 2010 era evaso dai domiciliari che scontava nella clinica romana Villa Lauricella. 

Originario di Primavalle, Bennato è parente di Walter Domizi, detto 'Il Gattino', un nome pesante nella mala romana. Domizi negli anni ha salito la scala del crimine affermandosi come il boss del narcotraffico a Primavalle, Ottavia e Casalotti appunto. Finito dietro le sbarre nel carcere di Spoleto, lo Stato gli confiscò nel 2011 oltre 10 milioni di euro tra ville e auto di lusso.

I legami con Fasciani e i Senese

E ancora, il cognome dei Bennato (quello di Leandro in particolare) compare nelle intercettazioni dell'ordinanza di custodia cautelare che portò in carcere a maggio 18 persone per un traffico di stupefacenti tra la Calabria e Roma. Tra i nomi anche quello di Vincenzo Senese, figlio di Michele "O'pazzo", esponente di spicco del noto clan camorristico. Tra i due gli inquirenti avrebbero ricostruito contatti telefonici e incontri. Altro nome che emerge nella rete di legami di Bennato è quello di Alessandro Fasciani, membro dell'omonimo clan di Ostia. 

Mentre era latitante in Spagna, si trovavano entrambi a Barcellona, entrambi ricercati. Fasciani proprio qui viene arrestato dagli agenti della squadra Mobile, con l'accusa di un omicidio avvenuto davanti a una discoteca in zona Ostiense. E lo stesso Fasciani, mentre Bennato veniva raggiunto all'addome dagli spari, finì in manette. Figlio di Terenzio e nipote del boss Carmine esponente di primo piano del clan (la cui mafiosità è stata definitivamente riconosciuta dalla Corte Cassazione), è stato arrestato ad Acilia, voleva lasciare l'Italia.  

La faida in famiglia 

Non solo. I Bennato sono nipoti di primo grado di Mario Maida, uomo ucciso con un colpo di pistola nel 2012 a Torrevecchia, e a sua volta killer del fratello di Leandro e Enrico, Andrea Bennato. I fatti risalgono a sette anni prima, al 12 dicembre 2005. I figli di Mario Maida, Davide e Nicola, aggrediscono la fidanzata di Bennato, loro cugino.

Dopo il pestaggio, Enrico, Gianluca e Andrea Bennato armati di pistola si recarono da Mario Maida per chiedere conto di quanto era accaduto. L'uomo però era già uscito di casa e accolse i tre a colpi di pistola. Uno dei proiettili raggiunse alla schiena Andrea Bennato che morì. Leandro Bennato rimase estraneo alla vicenda processuale, mentre Mario Maida venne indagato per omicidio volontario. Da qui l'ipotesi che l'uccisione dello stesso Maida del 2012 sia legata a una vendetta. I colpevoli però non sono mai stati individuati. 

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