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Cronaca

Rom e lavoro: "Dal Comune spesi 100mila euro a persona"

Un milione e 600 mila euro spesi dal Comune di Roma, attraverso tre diversi progetti, per favorire l'occupazione dei rom e la loro inclusione sociale. Solo 16, però, a causa delle differenti strategie implementate, hanno trovato lavoro

Si è svolta presso la sala Funzione Pubblica della CGIL di Roma, nel tardo pomeriggio di mercoledì 16, la presentazione del report “Lavoro sporco. Il Comune di Roma, i rom e le borse lavoro”. La ricerca, curata da Angela Tullio Cataldo, in collaborazione con Carlo Stasolla, dell’Associazione 21 Luglio, ha analizzato i diversi progetti di inclusione sociale e lavorativa dei gruppi rom e sinti presenti nella Capitale.

Premesse incoraggianti. “E’ la terza ricerca in ambito sociale. Cominciammo  con la scuola,  nell’ottobre scorso e, partendo da dati scoraggianti,sapevamo che si sarebbero evidenziate delle criticità importanti. Poi affrontammo la seconda ricerca “Anime smarrite”, presentata a febbraio, sul tema degli sgomberi. Un argomento doloroso, faticoso da raccontare.  Questa  terza ricerca sul lavoro – fa notare Carlo Stasolla, Presidente dell’Associazione 21 luglio-  ha invece avuto un avvio positivo. Lo spunto ci è stato fornito dal Vice Sindaco Belviso quando, nell’ottobre scorso, partecipando al Forum Sociale delle Comunità Rom in Europa, ha riconosciuto il merito di aver aperto un’agenzia di collocamento, la RETIS, per persone fragili, tra cui rientrano anche individui con problemi di inclusione. Grazie a questa rete, affermava il Vice Sindaco,  ci sono 150 nomadi che lavorano. Noi siamo partiti da qui – ricorda Stasolla - perché ci sembrava finalmente una buona notizia”.

Finalità della ricerca. “L’obiettivo del nostro studio – spiega la Tullio Cataldo – è stato quello di analizzare i progetti rivolti ai rom che il Comune di Roma ha  finanziato dal 2010 al 2011 con una spesa di  1,6 mln. Al fine d’individuare quali siano i fattori in grado di rendere una politica di inserimento lavorativo funzionale, di successo, e quali sono, al contrario, quei fattori che rendono tale politica una sperpero di denaro pubblico”.
I progetti analizzati, attraverso questionari semi strutturati ed interviste aperte,  sono stati essenzialmente tre: il RETIS, il Form on the Job ed i progetti di attività di pulizie negli insediamenti.

RETIS, il progetto più riuscito. “Il progetto RETIS è stato l’unico, finanziato dal comune di ROM, non pensato esclusivamente per rom, poiché  rivolto a persone colpite da disagio sociale, come le ragazze madri, gli ex detenuti o gli ex tossicodipendenti – chiarisce la dott.ssa Tullio Cataldo - Questo ha fatto sì che il tirocinio fosse eterogeneo ed estraneo alla realtà dei campi nomadi”.
Un aspetto molto importante, evidenziato a più riprese.“Affinché funzionino questi progetti è necessario che si svolgano all’esterno dai campi. Una premessa necessaria ma non sufficiente” specifica la ricercatrice sociale.
Ed in effetti, altre condizioni importanti, risultano essere la formazione svolta prima di incominciare il tirocinio, che nel caso del progetto RETIS è incentrato sul servizio di riciclo dei materiali ingombranti presso un’oasi ecologica. L’affiancamento di un tutor; l’acquisizione di competenze tecniche. Fattori che, se da una parte hanno determinato il successo di RETIS, conclusosi con l’assunzione di tutti e 14 i rom che hanno portato a termine il proprio tirocinio, dall’altra, la loro assenza, è stata causa del fallimento delle altre due politiche di inserimento.

Form on the Job. Se il Form on the Job, ha evidenziato delle carenze, ma anche qualche aspetto positivo, soprattutto per le donne coinvolte nelle attività all’interno del campo, lo stesso non si può dire infatti per i risultati prodotti dalle cooperative di pulizie del terzo, e più costoso, progetto messo in campo.

 

Lavoro Sporco. Il comune di Roma, i rom e le borse lavoro


Cooperative di pulizie: un fallimento. “Il  progetto relativo alle attività pulizie negli insediamenti – fa notare la Tullio Cataldo -  ha necessitato di oltre 1 mln di euro. Il costo più elevato, cui sono corrisposti i risultati peggiori in assoluto” al punto da non aver creato, a distanza di un anno, nessun inserimento lavorativo. Negativa è stata anche la percezione dei rom che, solo nel 12% dei casi hanno dichiarato di aver percepito dei miglioramenti, pur in assenza d’inserimento lavorativo. “Ha funzionato male perché creato ad hoc per i ROM, perché nella totalità  dei casi si è realizzato all’interno degli insediamenti e perché ha riguardato la sola attività di pulizie nel campo” conclude la ricercatrice.
Un risultato doppiamente fallimentare, sia per l’ingente spesa che  per le ricadute in termini socio occupazionali.


Monitoraggio fondi spesi. In conclusione, a fronte di un esborso complessivo di un milione e seicento mila euro, messi in campo dal Comune, attraverso questi tre progetti, soltanto 16 Rom (14 dei quali attraverso il RETIS) hanno trovato un’occupazione.
“Dunque sono stati spesi 100mila euro a persona – fa notare Stasolla che conclude – porteremo questa ricerca all’Assessorato alle Politiche sociali, per chiedere di continuare ad incentivare il progetto Retis, ma anche per intervenire sugli altri, dotandoli degli strumenti di controllo e di monitoraggio dei fondi utilizzati e dei reali obbiettivi raggiunti. Da oggi sarà questa la battaglia dell’Associazione 21 luglio, insieme al tentativo di svelare le dinamiche che dal 2005 ad oggi hanno caratterizzato i rapporti tra i sedicenti portavoce Rom –mai eletti da nessuno – e l’amministrazione comunale, al fine di promuovere determinate politiche funzionali alle proprie campagne elettorali”.
 

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