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Cronaca

Le minacce della Ndrangheta a Klaus Davi, il giornalista: "Mia campagna bloccata da amministrazione Raggi"

Le denunce del giornalista furono "bloccate dall'amministrazione di Virginia Raggi, anche se forse la sindaca non ebbe diretta responsabilità nella decisione"

La "Locale" di 'ndrangheta a Roma, smantellata dalle indagini che hanno portato all'arresto di 43 persone, era preoccupata. Le denunce e l'iniziativa promossa 5 anni fa dal giornalista Klaus Davi, che aveva ideato di affiggere nella metropolitana di Roma una mappa delle stazioni 'Ndrangheta di Roma, con tutti i nomi dei boss tra cui quelli dei due capi della 'diarchia' della Capitale, Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, spaventava e non poco i vertici del clan.

Un "elemento di riflessione riguarda le minacce di Carzo contro il giornalista-opinionista Klaus Davi - scrive il gip Sturzo nell'ordinanza dell'operazione Propaggine - reo di aver attirato l'attenzione sulla 'ndrangheta a Roma avendo progettato di voler affiggere alle fermate della metropolitana i nomi dei boss calabresi e tra questi proprio Carzo e Alvaro, mettendo in pericolo la loro copertura. In una conversazione intercettata, proprio il boss dice: "'sto sbirro di Klaus Davi voleva mettere i boss della 'ndrangheta a Roma, chi sono...e voleva appiccicarli nelle fermate...da...della metropolitana...come ha fatto a Milano...e aveva messo me...a Vincenzo...ora ti mostro...".

L'iniziativa del giornalista, "fu poi bloccata - si legge nell'ordinanza - ma non sappiamo se ci possa essere stata qualche connessione tra il blocco di allora e le successive minacce di Carzo". Stando a quanto rivelato dal giornalista in una nota stampa diffusa oggi, la campagna ideata dallo Klaus Davi e da Pasquale Diaferia a Roma nel luglio del 2017, fu bloccata dall'amministrazione di Virginia Raggi, anche se "forse la sindaca non ebbe diretta responsabilità nella decisione".

Come raccontò allora la stampa locale calabrese, "la campagna di Klaus Davi e del pluripremiato creativo Pasquale Diaferia sui boss della 'Ndrangheta che vivono a Roma è stata bloccata. La comunicazione dell'annullamento della campagna pianificata presso la concessionaria Nuovi Spazi è arrivata al massmediologo in queste ore. Stringata la motivazione: "opportunità politica", si legge nella nota diffusa allora dai due creativi".

Cosa avevano di così inopportuno i poster che avrebbero dovuto essere affissi in tutta la metropolitana di Roma? L'idea creativa riproduceva metaforicamente la mappa di una metropolitana e, al posto dei nomi delle fermate, comparivano quelli dei capibastone della 'Ndrangheta scarcerati di recente e residenti nella capitale, secondo uno schema che era già stato realizzato nella città di Milano con una campagna analoga. Tra gli affiliati figuravano proprio Vincenzo Alvaro e  Antonio Carzo.

Il blocco suscitò la reazione di alcuni esponenti Dem, tra cui Emanuele Fiano che criticò la scelta del sindaco. Nelle intercettazioni, diffuse in questi giorni, Davi viene definito "bastardo" e "sbirro" per la sua volontà di affiggere questi manifesti. Viene addirittura accusato di aver suscitato l'interesse degli inquirenti verso la presenza della 'Ndrangheta a Roma. Il claim della campagna già allora era eloquente: "La 'Ndrangheta è l'associazione criminale più influente al mondo: fattura 53 miliardi di euro. Nel Lazio controlla il business della coca, della ristorazione, dell'edilizia, dell'ortofrutta. È tra di noi e distrugge la nostra economia. Ma la politica tace".

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