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Cronaca

Falsi green pass venduti online fino a 500 euro: indagini per cercare gli acquirenti

Gli utenti venivano attratti con messaggi su Telegram. Il pagamento avveniva tramite porzioni di bitcoin, la criptovaluta più conosciuta

Bastava pagare e si poteva avere l'illusione di aggirare le norme sul Green Pass con una certificazione falsificata. Con l'indagine 'Fake pass' sono state 4 le persone denunciate dalla Polizia postale e delle comunicazioni: due maggiorenni e due minorenni che su canali Telegram avevano catalizzato l'attenzione di migliaia di iscritti vendendo falsi green pass per importi che andavano dai 150 ai 500 euro. 

Il pagamento avveniva tramite porzioni di bitcoin, la criptovaluta più conosciuta, o attraverso buoni acquisto per lo shopping online. Alla fine, nonostante gli indagati abbiano cercato di confondere i passaggi di denaro utilizzando appunto criptovalute come pagamenti, sono stati scoperti e i loro canali Telegram, sequestrati. 

Gli utenti venivano attratti con messaggi del seguente tenore: "Ciao, ti spiego brevemente come funziona. attraverso i dati che ci fornisci (nome e cognome, residenza, codice fiscale e data di nascita) una dottoressa nostra collaboratrice compila un certificato vaccinale e (quindi sì, risulti realmente vaccinato per lo Stato) e da lì in green pass".

Gli ingenui acquirenti, con la garanzia dell'anonimato assoluto, pagavano le false certificazioni di avvenuta vaccinazione contro il Covid 19 sperando così di aggirare la normativa e potersi muovere più liberamente in questo periodo estivo, pur senza vaccinazione. Peccato che oltre a chiedere una cosa illegale chiedevano una cosa impossibile da realizzare: le false certificazioni non avrebbero infatti superato alcuna verifica sull'App ufficiale "VerificaC19". Attraverso l'applicazione viene interrogata la banca dati ministeriale contenente l'elenco ufficiale della popolazione vaccinata e, di conseguenza, un Qr-code generato con una certificazione non autentica sarebbe stato immediatamente scoperto. 

L'indagine non è ancora chiusa perché la Polizia postale sta lavorando per identificare altri amministratori dei canali di messaggistica e gli utenti che hanno richiesto la falsa certificazione. Gli investigatori del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, Milano e Bari, con il coordinamento delle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Roma, Milano e dei minorenni di Bari, hanno sequestrato e chiuso 32 canali Telegram.


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"Le indagini vanno avanti per individuare i gestori dei canali e gli acquirenti. Questo è solo il primo step dell'attività, che ovviamente continuerà perché il fenomeno è tutt'altro che debellato. Speriamo di stroncare subito questo mercato e puntiamo a far crollare la domanda a fronte di un'offerta che esiste ed è ancora sostenuta seppur abbondantemente defalcata dall'operazione che abbiamo condotto", ha spiegato all'Adnkronos Ivano Gabrielli, direttore del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche. 

"L'indagine è partita dal monitoraggio, che era doveroso nel momento in cui ci sono stati i primi decreti sul green pass - spiega Ivano Gabrielli - C'era già del 'rumore' in rete che stavamo notando e nel momento in cui il green pass è divenuto obbligatorio per alcuni servizi, immediatamente alcuni canali che conoscevamo, perché sono dedicati a commerci illeciti, sono stati tutti riconvertiti alla vendita di green pass fasulli. Altri sono spuntati dopo, fino a una fotografia che abbiamo fatto qualche giorno fa di 32 canali, per i quali è stato richiesto il sequestro preventivo da parte della procura di Roma e che è stato concesso dal gip". "L'attività ha portato a denunciare quattro persone che sono state perquisite - sottolinea il direttore del Cnaipic - Due erano minori, 17enni molto 'skillati' dal punto di vista informatico con una buona confidenza anche con gli strumenti di pagamento in moneta virtuale".
 

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