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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Operazione Data Room: rubavano dati personali e li rivendevano ai call center

Oltre un milione i dati acquisti dai gestori telefonici. Tredici gli arresti. Le indagini della Polizia Postale avviate dopo la denuncia di Tim

Rubavano dati personali e li rivendevano in parte ai call center. Un vero e proprio mercato nero di dati riservati sui quali lucravano diverse persone fra Roma e la Campania. A smascherare la truffa messa in piedi ai danni di utenti telefonici inconsapevoli la Polizia Postale e delle Telecomunicazioni. 

All'alba il blitz con perquisizioni a Napoli, Perugia, Ancona e Roma. Venti i provvedimenti cautelari notificati, 13 ordinanze che dispongono gli arresti domiciliari ed ulteriori 7 ordinanze che dispongono l’obbligo di dimora nel comune di residenza ed il divieto di esercitare imprese o ricoprire incarichi direttivi in imprese e persone giuridiche. I provvedimenti restrittivi, emessi dal GIP presso il Tribunale di Roma, sono stati eseguiti nei confronti degli indagati residenti sul territorio capitolino ed in diverse province campane.

L'indagine è partita da una denuncia presentata da Tim. Secondo l'inchiesta, che si è avvalsa anche di intercettazioni telefoniche, alcuni dipendenti delle compagnie telefoniche sottraevano informazioni private di singoli utenti telefonici sulle segnalazioni di guasti: i dati erano rivenduti ad aziende che poi chiamavano gli utenti per proporre un cambio di gestore proprio nel momento di insoddisfazione sul servizio. La truffa si stava espandendo anche al settore dell energia.

Tra i destinatari dei provvedimenti figurano dipendenti infedeli di compagnie telefoniche, (i procacciatori materiali dei "preziosi" dati), gli intermediari che si occupavano di gestire il commercio illecito delle informazioni estratte dalle banche dati ed i titolari di call center telefonici, che sfruttavano tali importanti informazioni per contattare i potenziali clienti e lucrare le previste commissioni per ogni portabilità, che arrivano fino a 400 euro per ogni nuovo contratto stipulato.


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Cosa sono le Data Room

Ma cosa sono le data room? Sono utilizzate in diversi contesti commerciali, nel caso in cui più soggetti ovvero imprese debbono condividere una grande quantità di dati riservati, confidenziali (comunque non destinati al pubblico), inerenti l’offerta di servizi o beni in vendita, evitando quindi il rischioso passaggio di informazioni.

In breve si tratta di vere e proprie casseforti contenenti informazioni messe in comune, cui accedere in maniera sicura, abbattendo il rischio di divulgazione, anche accidentale, connesso al trasferimento o alla distribuzione del dato stesso.

La data room tradizionale infatti era una stanza costantemente sorvegliata, situata, di solito, presso la sede del venditore o in quella dei suoi legali che gli interessati ed i loro consulenti potevano visitare allo scopo di consultare documenti, registri ed altri dati resi disponibili.

Le virtual Data Room 

Con l’avvento della tecnologia le data room sono state riprodotte in ambiente virtuale (cd. virtual data room). Una virtual data room consiste in un sito, una piattaforma o comunque uno spazio virtuale riservato, il cui accesso è consentito ad un numero definito di soggetti ai quali viene fornito un chiave sicura, che consente la consultazione del contenuto. I soggetti abilitati possono così accedere ai dati, eseguirne il download senza dover rispettare turni di consultazione.

Il valore economico dei dati riservati 

Tali preziosi caveau di informazioni sono gestiti da Tim, manutentore della infrastruttura di rete e soprattutto del cosiddetto ultimo miglio, l’ultimo tratto della infrastruttura che atterra presso il singolo utente consumatore.

I dati relativi alla gestione tecnica dell’utenza, da sempre hanno sul mercato un grande valore economico (si pensi alle informazioni relative alle segnalazioni di guasto) e possono consentire l’attuazione di pratiche commerciali aggressive, volte al
procacciamento di clientela, magari predisposta alla portabilità proprio in ragione di problematiche varie, segnalate e presenti all’interno delle Data Room.

Le indagini 

Le articolate indagini sono state avviate nel mese di febbraio scorso dal CNAIPIC, su delega della Procura della Repubblica di Roma, a seguito di una denuncia depositata da parte di Telecom Italia, nella quale si segnalavano vari accessi abusivi ai sistemi informatici gestiti da TIM, riscontrate quantomeno a partire dal gennaio 2019.

Gli accessi abusivi avvenivano tramite account o virtual desktop in uso ai dipendenti di gestori di servizi di telefonia e di società partner per l’accesso ai database, chiavi spesso carpite in modo fraudolento, direttamente gestiti dalla stessa società denunciante, in ragione della concessione delle attività di manutenzione della infrastruttura telefonica nazionale.

Le banche dati vengono ordinariamente alimentate da tutti i gestori telefonici in relazione alle segnalazioni ricevute dai clienti sui disservizi rilevati, rappresentando oltretutto una vera e propria istantanea, delle condizioni della infrastruttura nazionale di telecomunicazioni.

La filiera criminale 

La “filiera criminale”, all’interno della quale ogni componente ha uno specifico compito, funzionale al raggiungimento dell’obiettivo finale, aveva predisposto addirittura degli “automi”, grazie alla collaborazione di un esperto programmatore romano, anch’esso colpito da misura cautelare, ossia dei software programmati per effettuare continue, giornaliere interrogazioni ed estrazione di dati.

Le estrazioni, per come verificato nel corso delle intercettazioni, venivano sistematicamente portate avanti con un volume medio di centinaia di migliaia di record al mese. Gli indagati gestivano tali volumi modulandoli a seconda della illecita “domanda” di mercato, come emerge ad esempio da una conversazione nella quale uno degli indagati chiede ad un dipendente infedele una integrazione di 15.000 record per arrivare ai 70.000 pattuiti per il mese in corso, preannunciando un ulteriore ordine per 60.000 utenze mobili.

Dati rivenduti ai call center 

Le informazioni estratte dal database, divenivano quindi oggetto di un illecito mercimonio, in quanto particolarmente appetibili per le società di vendita di contratti da remoto che cercano per l’appunto di intercettare la clientela più “vulnerabile”, a causa di problemi o disservizi, per proporre quindi il cambio del proprio operatore telefonico.

Il complesso “sistema” vedeva da un lato una serie di tecnici infedeli in grado di procacciare i dati, dall’altro una vera e propria rete commerciale che ruotava attorno alla figura di un imprenditore campano, acquirente della preziosa “merce” ed a sua volta in grado di estrarre “in proprio”, anche con l’utilizzo di software di automazione, grosse quantità di informazioni, in virtù di credenziali illecitamente carpite a dipendenti ignari.

La “merce” veniva poi piazzata sul mercato dei call center, 13 sono quelli già individuati, tutti in area campana, ed oggetto di altrettante attività di perquisizione. 

Dati personali "puliti" e passati di mano in mano 

I dati stessi, adeguatamente “puliti” per essere utilizzati dai diversi call center, passavano di mano in mano, rivenduti a prezzi ridotti in base alla “freschezza” del dato stesso, motore di un movimento che alimenta il fenomeno delle continue proposte commerciali che tutti ben conoscono.

Di assoluto livello criminale la mole dei proventi, come emerge da più di una una conversazione nella quale alcuni indagati discutono dei corrispettivi, frutto dell’attività illecita, pattuendo la ripartizione dei proventi illeciti del mese, per decine di migliaia di euro da spartirsi tra gli operatori infedeli ed i collettori/rivenditori dei dati.

Le indagini tecniche hanno inoltre permesso altresì di far emergere come l’attività di commercializzazione di liste di utenti e relativi recapiti, riguardasse anche i sistemi informatici in uso a gestori operanti nel settore dell’energia, in corso di ulteriore approfondimento.

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