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Cronaca

Francesco Sandrelli, il pittore morto dopo l'incendio della sua auto sul raccordo anulare

Francesco Sandrelli è morto a causa delle gravi ustioni riportate. Sulla tragedia sta indagando anche la procura di Roma. Il terribile incidente è avvenuto allo scorso 6 febbraio

Si chiamava Francesco Sandrelli e aveva 53 anni. È lui la vittima del rogo della sua Volkswagen Golf sul grande raccordo anulare di Roma. È deceduto in ospedale a causa delle ustioni il 24 marzo scorso. La sua storia è diventata tragicamente famosa per un video pubblicato su 'Welcome to Favelas' nel quale si vedono proprio le drammatiche immagini del rogo accompagnate dall'agghiacciante frase "A zi hai pijato foco? ….. Senti che callo mamma mia".

La procura è sulle tracce dell’autore del filmato agghiacciante, dopo il rogo del 6 febbraio scorso, non soltanto dal punto di vista delle immagini, ma anche per il commento di chi lo ha girato. La domanda che si pone la pm è se vi fu omissione di soccorso da parte dell'autore del video che avrebbe potuto chiamare i soccorsi, guadagnando minuti preziosi. Sandrelli viveva in provincia di Arezzo, luogo scelto dalla famiglia per i funerali. 

Chi era Francesco Sandrelli 

Francesco Sandrelli, come riporta ArezzoNotizie, era un pittore. Aveva 53 anni, viveva in Valdichiana ed era anche agricoltore. Un carriera in ascesa quella di Sandrelli, che lo aveva portato a esporre  a New York, Londra, Toronto, San Pietroburgo, Mosca, Pechino, oltre che a Milano e a Roma.

Le sue opere erano note sia in Russia che negli Usa. Il 53enne era però anche molto legato alla sua terra, dove ha vissuto e lavorato a contatto con la natura in una fattoria nei pressi di Castiglion Fiorentino. Sandrelli lascia i genitori, Alberto e Maria Vittoria, e i fratelli.

Nei giorni scorsi un post è stato scritto da Jacopo Melio, consigliere regionale, giornalista e scrittore: "Sia chiaro, senza la giusta strumentazione nessuno chiede di buttarsi nel fuoco rischiando la vita. Ma tirare dritto senza chiamare aiuto è qualcosa di abominevole, ancor più se anziché per telefonare ai soccorsi si utilizza il cellulare per riprendere la scena e magari inviarla ai propri amici “per divertimento”. Non possiamo arrenderci alla crescente indifferenza di questa società, dobbiamo ripartire da tutta un’altra educazione: familiare in primis, ma anche stradale, costruendo una cultura del soccorso solida, formando le persone affinché sviluppino capacità ed empatia per non voltarsi più dall’altra parte. Un abbraccio alla famiglia di Sandrelli".

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