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Cronaca Cinecittà / Via Lemonia

Omicidio Piscitelli, l'appuntamento trappola e la mano dei clan: Diabolik ucciso con il "metodo mafioso"

Il fascicolo sulla morte di Diabolik affidato alla Direzione Distrettuale Antimafia. Tra le piste investigative seguite dagli inquirenti ci sarebbe anche quella che porta verso la crimialità dell'est

Da una parte il comportamento fiero dell'ultras. Dall'altra gli affari legati a doppio filo alla criminalità organizzata. Due facce della stessa medaglia. Strade mai parallele che si sono incrociate e hanno scandito la vita "spericolata", come hanno ricordato più volte in queste ore gli amici, di Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik, assassinato nel pomeriggio del 7 agosto.

E mentre nel Parco degli Acquedotti, tra l'umidità di Roma e il canto delle cicale, prosegue il pellegrinaggio dei tifosi, gli inquirenti vanno avanti nelle indagini, ascoltano testimoni e battono la pista dei clan. Già perché nei minuti in cui uno dei tanti tifosi laziali lasciava una mazzo di fiori sulla panchina che affaccia su viale Lemonia, la direzione distrettuale antimafia rompeva gli indugi: si tratta di "omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso".

Chi ha ucciso Fabrizio Piscitelli?

Il fascicolo sulla morte di Diabolik è affidato alla Direzione Distrettuale Antimafia, coordinata dal procuratore facente funzioni Michele Prestipino. I magistrati lavorano sull'ipotesi più efferata anche perché, lo storico capo ultras della Lazio è stato colpito mortalmente alle spalle dal suo killer. Per di più a distanza ravvicinata. Una vera e propria esecuzione in stile mafioso, una di quelle che nella finzione sono già state raccontate da Romanzo Criminale. 

Gli inquirenti assicurano che "Piscitelli aveva gente fidata vicino ma anche molti nemici, era un personaggio centrale con rapporti anche con realtà albanesi". Qualcuno sussura che avesse debiti di droga e che avesse spostato il suo patrimonio dividendolo tra le figlie e la moglie. Su questo punto, però, chi indaga preferisce non commentare.

La ricostruzione dell'omicidio di Diabolik 

Sono le 18:50 circa di mercoledì quando una persona dal volto coperto coglie Piscitelli di sorpresa mentre era seduto su una panchina del parco. Un colpo preciso sparato con una pistola calibro 7,65 che ha trafitto mortalmente il 53enne alla testa trapassandolo all'altezza dell'orecchio sinistro. Ad ucciderlo un uomo che, secondo quanto emerso, si era vestito da runner per confondersi meglio tra chi, in quelle ore, era nell'area verde del Tuscolano

Il killer di Fabrizio Piscitelli è stato "sfacciato" e "spietato", "sapeva quello che stava facendo". Ha agito a colpo sicuro. Era a piedi e, come ha riferito alla polizia un testimone, ci sarebbe stato un complice che lo avrebbe atteso dopo la curva di viale Lemonia per agevolare la fuga. Un'azione studiata.

Striscione per Diabolik al Colosseo

FOTOultrà e residenti morte diabolik-4-2

L'appuntamento trappola per Fabrizio Piscitelli

Ma Diabolik perché era andato al parco mercoledì pomeriggio? Sicuramente la sua non era una passeggiata di piacere. Tanti sono gli elementi che fanno propendere come, su quella panchina, il 'capitano' degli Irriducibili attendesse qualcuno. Ad accompagnalo un amico cubano che gli faceva da autista.

L'uomo è stato ascoltato a lungo dagli agenti della Squadra Mobile sulle tracce dell'assassino fuggito. Secondo quanto raccontato, Diabolik era tranquillo tanto da andare in via Lemoni senza la solita "scorta" di amici al seguito. Insomma, si fidava della persona che avrebbe dovuto incontrare.

Lo conosceva. Ecco perché, secondo gli inquirenti, nel cellulare della vittima ci potrebbero essere degli indizi importanti. Ma chi doveva incontrare? Forse proprio l'uomo che poi l'ha ucciso oppure un'altra persona ed è caduto in una trappola

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Perché non esiste la vendetta ultras e il movente politico

Al momento in Procura a Roma non si esclude alcuna pista. Anche la Digos è stata interpellata. Sul tavolo, già scoperte, ci sono diverse carte. Piscitelli non ha mai fatto nulla per nascondere la sua appartenenza al mondo dell'estrema destra e il suo "siamo gli ultimi fascisti rimasti" all'indomani dell'attentato incendiario nella sede degli Irriducibili è un marchio nero di cui Diabolik ne andava fiero. Il movente politico, però, appare debole. 

Così come la pista che porterebbe ad una faida tra ultras, anche interna al mondo Lazio. Diabolik era sottoposto all'obbligo di firma in occasione della partite della Lazio, conseguenza del Daspo che gli era stato notificato per gli scontri con i tifosi della Spal un anno fa ad Auronzo di Cadore. Di malumori, negli anni, nella tifoseria biancoceleste ce ne sono stati ma chi conosce quel mondo sa nessuno ti spara alle spalle per questioni di tifo.  

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La pista dei clan nell'omicidio di Fabrizio Piscitelli

L'ipotesi principale rimane quella del regolamento di conti negli ambienti della criminalità organizzata, ovvero clan e non solo italiani. Le indagini tengono in considerazione lo scenario criminale di quella zona di Roma e il passato di Piscitelli. Nel 2015 Diabolik fu condannato a quattro anni e 8 mesi per traffico di sostanze stupefacenti, condanna ottenuta con il rito abbreviato: aveva introdotto un carico di hashish pari a 183 chili. Secondo l'accusa era referente, promotore e finanziatore di un traffico internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dalla Spagna, che venivano introdotte nel territorio nazionale tramite corrieri appositamente reclutati.

Non solo. Il nome di Diabolik compare, infatti, anche nelle carte di Mafia Capitale. Dalle carte emergeva come Massimo Carminati aveva il quartier generale in Corso Francia e comanda tutta la zona a Nord del Tevere. Michele Senese, detto 'O pazzo, controllava il sud est ma anche Ponte Milvio. Nell'ordinanza si legge: 

"Tutti erano infatti concordi nell'affermare che su Ponte Milvio opera una batteria particolarmente agguerrita e pericolosa con a capo Fabrizio Piscitelli alias Diabolik e della quale facevano parte soggetti albanesi; che la predetta batteria era al servizio dei 'napoletani' ormai insediatisi a Roma nord, tra cui i fratelli Esposito facenti capo a Michele Senese".

Minacce ai giornalisti nel luogo dell'omicidio

Fabrizio Piscitelli Diabolik morto-2

Il Gico della Finanza, inoltre, aggiunge"Piscitelli è più volte assurto agli onori della cronaca giudiziaria: dai rapporti, risalenti agli anni tra il 1991 ed il 1992, con il noto Michel Senese il quale, proprio attraverso Fabrizio Piscitelli e il fratello Gennaro Senese, stringeva accordi con il clan Abate, all'epoca egemone nell'area di San Giorgio a Cremano (in provincia di Napoli), ma con interessi nella Capitale, finalizzati all’approvvigionamento di eroina dalla Turchia, via Germania, e di hashish dalla Spagna, al più recente processo connesso alla scalata alla Lazio ovvero, ancora, agli innumerevoli episodi di violenza negli stadi", si legge nelle carte dell'operazione. 

Una figura di spicco quindi. Possibile, allora, che Piscitelli avesse pestato i piedi a qualcuno nella suo stesso ambiente criminale, forse voleva mettersi in proprio e qualcuno che gliel'ha fatta pagare. Oppure, chi lo ha ucciso, voleva colpire indirettamente anche Michele Senese, un boss dall'elevata caratura criminale. Poi c'è la terza ipotesi: Diabolik voleva tirarsi fuori dagli affari me la sua opzione non era gradita.

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