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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

L'ascensorista morto e l'ipotesi del cellulare dimenticato. La famiglia: "Perché il corpo ritrovato 24 ore dopo?"

Tra le ipotesi avanzate dagli inquirenti nelle indagini sulla morte del tecnico ascensorista schiacciato dalla cabina all'interno della Farnesina c'è quella che possa non avere azionato lui il blocco

Potrebbe esserci una tragica fatalità dietro la morte di Fabio Palotti, il tecnico ascensorista di 39 anni ucciso dalla cabina dell’ascensore che stava controllando nel corso di un intervento di manutenzione ordinaria all’interno del Ministero degli Esteri.

Tra le ipotesi avanzate c’è infatti quella che Palotti, sposato e papà di due bambini, finito l’intervento si sia accorto di avere dimenticato il cellulare sul tetto della cabina e sia tornato nell’intercapedine della tromba dell’ascensore per recuperarlo. Questa volta, però, senza azionare il sistema che blocca l’impianto: in quei pochi attimi qualcuno avrebbe chiamato l’ascensore, e la cabina muovendosi lo avrebbe schiacciato.

Si tratta a oggi soltanto di un’ipotesi presa in considerazione dagli inquirenti, in attesa di risposte più certe dalle perizie disposte sia sull’ascensore sia sul telefono di Palotti, trovato effettivamente sul tetto della cabina. I punti oscuri in questa tragica vicenda però restano tanti, soprattutto sul fronte del sistema di sorveglianza della Farnesina.

Le grida di aiuto e il mancato intervento

“Fabio lavorava da 12 anni come ascensorista, era un tecnico esperto e un lavoratore coscienzioso - sottolinea a RomaToday l’avvocato Michele Montesoro, che assiste la famiglia della vittima - Anche ponendo il caso, ancora tutto da dimostrare, che possa avere dimenticato di azionare il blocco, resta da chiarire come è possibile che qualcuno abbia sentito chiedere aiuto alle 18.25 e che non sia stato trovato nessuno. E come sia possibile che il corpo ormai senza vita di Fabio sia stato scoperto soltanto la mattina dopo, oltre 12 ore dopo l’incidente, da un collega che si è preoccupato vedendo la sua auto nel parcheggio”.

Sino a oggi gli inquirenti sono riusciti a ricostruire le ore precedenti la morte di Palotti: mercoledì 27 aprile il 39enne, che lavorava da oltre 10 anni per la ditta che ha in appalto la manutenzione degli ascensori della Farnesina, è in turno dalle 14 alle 22. Intorno alle 18 (ma l’orario non è ancora stato definito con precisione) inizia un intervento di ordinaria amministrazione su una cabina, da solo, così come prevede il protocollo in questi casi.

Alle 18.25 l’ultima conversazione via chat con gli amici, pochi minuti dopo un funzionario del ministero riferisce al presidio di sicurezza della Farnesina di avere sentito qualcuno gridare aiuto nell'ala del palazzo in cui si trova l'ascensore incriminato. Dal sopralluogo non emerge nulla: il corpo di Palotti viene trovato intorno alle 8 di giovedì mattina da un collega, impensierito nel vedere la sua auto ancora nel parcheggio.

"Perché nessuno ha trovato prima il corpo di Fabio?"

“Davanti all’ascensore in cui Fabio stava lavorando c’era un aspirapolvere e anche alcuni attrezzi - sottolinea l’avvocato Montesoro - come è possibile che siano sfuggiti, o che non abbiano sollevato domande viste la segnalazione su una richiesta di aiuto? E ancora, perché nessuno si è chiesto dove fosse Fabio? Stiamo parlando della Farnesina, un luogo che dovrebbe avere un sistema di sorveglianza eterno ai più alti livelli. Se il collega non si fosse preoccupato, o fosse stato in malattia, il corpo di Fabio magari sarebbe stato scoperto ancora più tardi. In attesa di accertare come la cabina si sia potuta muovere, prima di scaricare la responsabilità dell’accaduto su di lui, non si può non sottolineare l’inadeguatezza del sistema di sicurezza del ministero”.

Le indagini, coordinare dal pm Antonino Di Maio, intanto proseguono. Effettuato il sopralluogo sull’ascensore, si attendono i risultati delle perizie e i pareri dei consulenti per capire cosa sia accaduto nei corridoi del ministero della Difesa.

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