Strade "killer", la battaglia della mamma di Elena Aubry: "La morte di mia figlia non sia vana"
Graziella Viviano è la madre della 26enne che nel maggio del 2018 perse la vita sulla Ostiense finendo con la moto in una buca. Indagati per omicidio stradale 8 tra funzionari comunali e incaricati della manutenzione: il caso è diventato il simbolo di un cambio di mentalità
“Finalmente qualcosa si muove. Peccato che mi sia dovuta morire una figlia perché accadesse”. La voce di Graziella Viviano è ferma, il tono calmo e misurato, eppure il dolore trapela, vivo e crudo, da ogni parola.
Graziella è la mamma di Elena Aubry, morta a 26 anni sulla Ostiense dopo essere stata inghiottita da una delle buche che crivellano la strada ed essere andata a sbattere contro il guardrail. Una morte che a distanza di tre anni ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 8 tra dipendenti comunali e incaricati delle manutenzioni stradali, scoperchiando un vaso di Pandora sul tema della responsabilità. Un caso e un volto, quelli di Elena, che sono diventati il simbolo di una battaglia per la sicurezza stradale che punta a cambiare il modo in cui si concepisce e si affronta il tema ai più alti livelli istituzionali.
Se Elena è il volto, Graziella è il braccio armato. Negli ultimi tre anni ha lavorato senza sosta su più fronti, ha seguito ogni singolo sviluppo dell’iter giudiziario partito dopo la morte di Elena e ha fatto della prevenzione, della sicurezza e della tutela degli utenti più fragili della strada il suo manifesto personale.
Morte di Elena Aubry, 8 indagati per omicidio stradale
Nei giorni scorsi il pubblico ministero Laura Condemi ha esteso la responsabilità della morte di Elena ad altri due funzionari comunali: la procura accusa di omicidio stradale due responsabili del Simu - il Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana di Roma Capitale - il responsabile della manutenzione stradale e il direttore tecnico del Municipio X, il direttore dei lavori dell’Ufficio Manutenzione e pronto intervento del Municipio IX e il responsabile della manutenzione ordinaria del lotto di strada dove è avvenuto l’incidente.
Per l’accusa inoltre il tratto di strada su cui Elena ha perso la vita era troppo pericoloso per motociclisti e scooteristi, e andava chiuso. Il tema non è più, quindi, solo la mancata manutenzione, ma anche l’assenza di provvedimenti fondamentali per prevenire tragedie.
“Finalmente si muove qualcosa di serio e importante sul tema della mancanza di manutenzione sulla strada - riflette Viviano - Tutto ciò che è stato fatto dopo la morte di Elena, tutto ciò che ho mosso fuori e dentro, partecipando anche a un gruppo ministeriale che parla proprio di sicurezza stradale e si riunisce ogni mese, è servito a sollecitare una nuova sensibilità in materia. Certo, doveva morire Elena perché succedesse?”.
Il caso di Elena Aubry è stato uno spartiacque, “un punto a capo”, come lo definisce la madre, per iniziare a parlare seriamente di responsabilità e sicurezza: “Io ho avuto la fortuna di avere un grande magistrato che ha capito l’assurda ingiustizia di quello che era successo - prosegue Viviano - Elena era un motociclista esperta, andava piano e non ha effettuato alcuna manovra imprudente. Tutti gli accertamenti hanno dimostrato che a farla cadere e a ucciderla è stata quella buca, frutto dell’incuria e della negligenza. Dimostrazione ne è il fatto che dopo 15 giorni sono cadute altre due persone su quel tratto di strada. La vicenda di Elena è stata così emblematica, ha scosso così tanto le persone da dover dire ora basta”.
Morte di Elena Aubry, la madre: "La prevenzione parte dalla progettazione delle strade"
“Ho cercato di andare oltre il fatto della manutenzione delle strade - spiega ancora Viviano - C’è un prima e un dopo Elena. Io dal canto mio ho cercato di far cambiare mentalità a uno Stato che ha sempre concepito la sicurezza stradale in un unico modo. Invece è un insieme di cose, e si parte dalla prevenzione e dalla progettazione delle strade. È indispensabile cambiare mentalità, dietro la bandiera di Elena ci sono 420 associazioni motociclistiche e circa 650.000 motociclisti: il concetto di prevenzione deve entrare nella testa di chi governa e di chi progetta, i motociclisti e i ciclisti sono tra gli utenti più deboli della strada e maggiormente a rischio, e su questo va costruito il concetto di sicurezza stradale. Pensiamo ai guardrail: non sono pensati per i motociclisti, sono trappole mortali”.
Il caso di Elena Aubry ha tracciato una strada percorsa poi da altri genitori che hanno perso i figli per incuria e mancata manutenzione stradale. Soltanto due settimane fa la procura ha rinviato a giudizio i responsabili della ditta che si occupa della manutenzione del tratto di via del Labaro su cui è morto Luca Tosi Brandi: vent’anni, ha preso una buca con la moto ed è finito contro un muro. Il 12 dicembre del 2018, sei mesi dopo l’incidente mortale di Elena Aubry.
“Le cose stanno cambiando e ci è voluta tanta fatica e tanto dolore - conclude Graziella Viviano - Quanto fatto non mi riporta indietro Elena, ma almeno che serva a salvare la vita degli altri. Questo, almeno, mi aiuta a dare un senso a quanto è successo”.