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Cronaca

L'agente "amico", la pizza e i pacchi consegnati da parenti e amici: così a Rebibbia entrano droga e smartphone

L'uomo, assistente capo coordinatore, è finito nel mirino dei carabinieri e dei suoi colleghi del Nucleo Investigativo: stando agli accertamenti era il referente per amici e parenti che portavano la merce ai detenuti

Due indagini parallele e distinte che hanno condotto alla fine alla stessa persona: c’era un agente penitenziario, secondo gli inquirenti, al centro del traffico di droga, smartphone e sim condotto nel carcere di Rebibbia. Era lui, assistente capo coordinatore, il tramite per la consegna della merce e il referente interno dei parenti e degli amici che rifornivano i detenuti che portavano avanti lo spaccio nel braccio G8.

Sette misure di custodia cautelare, quasi un anno di indagini

A indagare sono stati i i carabinieri della Compagnia Roma Eur e il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, due inchieste distinte condotte in diversi periodi di tempo che hanno finito per convergere intorno alla figura dell’agente, già sospeso in via cautelativa e finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione e spaccio in concorso. In totale sono 7 le misure di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Roma, 5 i carcere e 2 ai domiciliari, per fatti avvenuti, come accertato nel corso delle due inchieste, tra il luglio del 2020 e il marzo 2021.

Trecento euro per ogni pacco introdotto in carcere

L’operazione “Open Prisons” ha consentito tramite accertamenti tecnici, monitoraggi e indagini approfondite di risalire a un gruppo di persone del Corviale che si occupavano di far arrivare droga e cellulari in carcere. Quasi veniva introdotto principalmente attraverso i pacchi colloquio, nascosto tra i generi alimentari, i capi di vestiario e gli altri oggetti che parenti e amici consegnavano ai detenuti con cadenza mensile.

Le scatole passavano i controlli e le ispezioni anche grazie alla collusione dell’agente penitenziario, che stando agli accertamenti condotti per ogni pacco introdotto in carcere riceveva una mazzetta da 300 euro. In alcuni casi era poi lui stesso a ricevere "l'ordinazione", prenderla in consegna e farla poi arrivare in cella ai detenuti, che si occupavano poi di rivenderla. In un'occasione gli investigatori hanno bloccato anche la consegna di una pizza che conteneva in realtà 40 pasticche di oppiaceo e 10 sim.

Innegabile insomma per gli inquirenti la partecipazione al traffico dell'agente, senza il quale gran parte delle consegne non sarebbero riuscite a entrare in carcere: "Il dipendente della polizia penitenziaria - sottolinea il gip Maddalena Cirpiani - ha mostrato una notevole capacità a delinquere essendosi posto a servizio dei detenuti in totale spregio della divisa indossata".

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