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Cronaca Quadraro / Via Pietro Rovetti

Al Pigneto e Torpignattara droga a tutte le ore: i "citofoni" e il linguaggio in codice dei pusher

Tutti gli affiliati ricevevano assistenza dal sodalizio che provvedeva alla loro tutela legale, economica e logistica

Un gruppo di spacciatori multietnici. Italiani, bengalesi, romeni e tunisini, impegnati nel vendere marijuana, hashish e cocaina a tutte le ore a Torpignattara, soprattutto in via Rovetti, senza disdegnare la piazza di spaccio del Pigneto. Il target, quello dei giovani della movida romana e gli studenti universitari. Spacciatori rodati che utilizzavano "citofoni", così chiamavano i loro smartphone, e un linguaggio criptato per eludere i controlli.

A sgominare il sodalizio che in caso di arresto provvedeva alla tutela legale, economica e logistica degli affiliati, sono stati i carabinieri con la direzione distrettuale antimafia. Quindici le persone arrestate.

Nello specifico l'ordinanza firmata dal gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per dodici persone, altre tre invece andranno agli arresti domiciliari. Il gruppo è gravemente indiziato, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di cocaina, hashish e marijuana e produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.

La base a Torpignattara

L'indagine dei carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Roma Centro ha consentito di ricostruire le dinamiche del gruppo. Ad avere i ruoli principali all'interno della banda di pusher era il gruppo degli italiani, attivi nel traffico di cocaina, hashish e marijuana che nel quartiere di Torpignattara avevano costituito una fiorente piazza di spaccio, ben delineata per compiti e obiettivi, organizzata in vedette e controlli posti a supporto e difesa della zona e con una turnazione di soggetti dediti allo spaccio tali da garantire un flusso ininterrotto di illeciti affari. Una organizzazione simile a quelle che si vedono a San Basilio o Tor Bella Monaca, per fare qualche esempio noto.

Lo spaccio anche al Pigneto

Gli accertamenti della procura e dei carabinieri, inoltre, hanno permesso di arrestare altri cittadini italiani, non appartenenti direttamente al gruppo di Torpignattara, ma comunque attivi in altre due piazze di spaccio in via Rovetti e nel limitrofo quartiere del Pigneto.

Anche loro sono ritenuti responsabili della vendita delle medesime tipologie di stupefacenti, peraltro molto richieste al Pigneto e a Torpignattara, luoghi ormai fissi della movida romana e di una massiccia presenza di studenti universitari.  

Il linguaggio in codice 

Uno dei principali indicatori per comprendere il livello di organizzazione ed efficienza raggiunto dal gruppo per eludere i controlli delle forze dell'ordine era l'impiego di telefoni, convenzionalmente denominati "citofoni", usati esclusivamente per comunicazioni sui luoghi d'appuntamento e per la tipologia e quantità di sostanza stupefacente richiesta. 

Il tutto con l'utilizzo di un apposito linguaggio in codice: così, con 'Bruno' ci si riferiva in realtà all'hashish, con 'Maria', 'Mary', 'Verde' o 'M' alla marijuana, mentre con 'Lei', 'Ina' o 'Cristiano' veniva indicata la cocaina. Con il termine 'un biglietto intero', poi, in base alla tipologia di droga richiesta dall'acquirente, venivano indicate le dosi da consegnare, mentre con 'chiavi della bicicletta' i membri del sodalizio comunicavano tra loro riferendosi alle chiavi dei depositi dove lo stupefacente veniva di volta in volta custodito.

Come avveniva lo spaccio

Le cessioni dello stupefacente venivano effettuate in base alle specifiche richieste del compratore, con appuntamenti presso la piazza di spaccio oppure direttamente con consegna all'indirizzo scelto dal cliente. Quest'ultimo, nel comunicare il suo ordinativo al pusher, poteva scegliere fra un vasto assortimento di prodotti, suddivisi in varie nomenclature e marchi corrispondenti alla differente qualità disponibili: ad esempio, per la marijuana i clienti potevano scegliere fra 'amnesia wire' e 'black dominal', mentre per l'hashish c'erano vari loghi tra cui 'WhatsApp', 'Ballon d'or - Modric', 'Land Rover' o una tipologia con impresso il simbolo del 'violino', ad indicare materiale di ottima qualità chiamato "polline".

Pur adoperando tale linguaggio criptico, i contatti telefonici tra il pusher e l'acquirente venivano comunque ridotti al minimo, spesso limitati a fissare il solo luogo e le modalità d'appuntamento.

La droga arrivava da Primavalle

Al termine di ogni giornata di lavoro, infine, il vertice della struttura riceveva la contabilità e controllava così l'operato e l'efficienza dei singoli spacciatori. Stando alle indagini a rifornire la piazza di spaccio, completando di fatto la struttura delinquenziale piramidale, vi era un ventinovenne romano in qualità di fornitore ufficiale, che a sua volta si approvvigionava da un grossista di origini pakistane, con contatti nel quartiere di Primavalle, in grado di alimentare il sodalizio con ingenti partite di hashish e marijuana, alcune delle quali sono state intercettate dai carabinieri. 

In due differenti interventi, infatti, i militari sono riusciti a sequestrare un carico da 5 chilogrammi di hashish e un altro da più di 2 chilogrammi di marijuana, pronti per essere confezionati in dosi e successivamente distribuiti nelle piazze di spaccio. Gli accertamenti compiuti dai militari hanno permesso di appurare l'esistenza di un altro canale di rifornimento che il grossista aveva aperto verso altri pusher attivi al Pigneto, anche loro raggiunti dall'ordinanza.

I numeri dell'indagine

A riscontro dell'attività, nel corso dell'indagine sono state già arrestate 22 persone in flagranza di reato, 5 denunciate in stato di libertà e 5 segnalate al Prefetto quali assuntori di stupefacenti. Sono stati inoltre sequestrati complessivamente circa 12,5 chilogrammi di hashish, 6,3  chilogrammi di marijuana, 170 grammi di cocaina e 2.460,00 euro in contanti.

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