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Cronaca

Droga dello stupro importata dall'estero, in 30 a processo. C'è anche la sorella di Ornella Muti

A condurre le operazioni erano stati i carabinieri del Nas sotto il coordinamento del procuratore aggiunto di Roma Giovanni Conzo

Si aprirà il 12 aprile prossimo davanti alla settima sezione penale del tribunale di Roma il processo per il traffico di droghe sintetiche acquistate dall'estero sul web o sul darkweb. La Procura della Capitale ha infatti chiesto e ottenuto il giudizio immediato per oltre 30 persone arrestate lo scorso 27 ottobre, tra le quali Claudia Rivelli, 71 anni, attrice e sorella dell'attrice Ornella Muti. A condurre le operazioni erano stati i carabinieri del Nas sotto il coordinamento del procuratore aggiunto di Roma Giovanni Conzo.

Rivelli è accusata di importazione e cessione di sostanze stupefacenti perché "illecitamente dall'Olanda, con cadenze trimestrali, importava vari flaconi di Gbl provvedendo a inviarne parte al figlio residente a Londra dopo averne sostituito confezione ed etichetta riportante indicazione 'shampoo' in modo da trarre in inganno la dogana" come si legge nel capo di imputazione contenuto nell'ordinanza con cui erano stati disposti nei suoi confronti gli arresti domiciliari.

La sorella della Muti era stata già arrestata lo scorso 15 settembre dopo che nella sua abitazione in via della Camilluccia, a Roma, gli agenti della Polaria di Fiumicino avevano trovato e sequestrato tre flaconi contenenti complessivamente un litro di sostanza Gbl, conosciuta come la "droga dello stupro". In quell'occasione, l'attrice, durante l'udienza per direttissima si era difesa dicendo di aver spedito la sostanza al figlio a Londra "perché lui la usa per pulire la macchina, io invece lo uso per pulire l'argenteria".

Nel suo appartamento gli investigatori avevano trovato altri due flaconi già pronti per la spedizione in Gran Bretagna al figlio, etichettati come "shampoo" per nasconderne il vero contenuto alla dogana. Una modalità ormai rodata, stando agli elementi acquisiti dagli inquirenti e alle conversazioni via whatsapp che la donna aveva proprio con il figlio: "Pacco arrivato e nascosto", scriveva Rivelli, e ancora "fammi sapere notizie mano a mano, se no mi agito troppo fino a giovedì".

"Il tenore delle chat - aveva scritto il gip nelle motivazioni per la misuta cautelare - e la circostanza che l'indagata camuffasse il reale contenuto delle spedizioni appaiono elementi oggettivamente indicativi della piena consapevolezza e della volontà di quest’ultima di realizzare condotte pienamente rilevanti, ponendosi quale schermo per agevolare il figlio nell’importazione". Le indagini hanno confermato che la droga veniva acquistata in Olanda (dove è venduta legalmente) e poi inviata in Italia, dove Rivelli provvedeva al travaso in flaconi di "shampoo" prima di spedirla nuovamente a Londra.

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