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Cronaca

A Roma ovest la "casa drive in" dello spaccio: ecco come funzionava

Il Gico della Guardia di Finanza ha smantellato il giro di spaccio di una banda che, da Boccea, rifocillava le piazze del quadrante ovest della città, ma non solo. In quattro sono finiti nei guai

Il primo approccio, per definire i dettagli dell'affare, avveniva in un bar in zona Boccea. Una volta trovata la giusta intesa tra la quantità di merce da acquistare e il prezzo, ecco allora che veniva definito un secondo appuntamento: quello della compravendita. Lo scambio era facile e veloce, collaudato. L'acquirente andava direttamente sotto l'appartamento del compratore e, restando in auto, ecco che l'affare veniva concluso. 

È così che avveniva lo spaccio in modalità drive in a Roma ovest con la droga, cocaina, destinata ad essere nuovamente rivenduta e consumata nelle piazze che arrivavano anche a Casalotti, Primavalle, Portuense, Aurelio e San Basilio. In sostanza, la zona della Capitale che costeggia il Grande Raccordo Anulare, in quel ramo di città. 

A ricostruire il quadro sono stati i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma che hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare con la quale il Gip di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia capitolina, ha disposto la custodia in carcere per 3 persone e la misura degli arresti domiciliari per una quarta, tutte indagate, a vario titolo, per l'ipotesi di reato di "associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti".

Le indagini svolte dal Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, hanno riguardato la banda di pusher che, secondo gli inquirenti, seppure "piccola" era "efficiente" forte del duraturo legame di "amicizia e della fiducia reciproca esistente tra i sodali". La banda vendeva chili di cocaina con un sistema collaudato nel periodo precedente il lockdown del 2020. 

A gestire lo spaccio due uomini di 69 e 59 anni - finiti già nei guai per l'operazione 'Zia Bianca' che nel 2020 smantellò un imponente giro di cocaina - e un loro complice, morto lo scorso autunno. I tre, nonostante i loro pregressi contatti, secondo le indagini gestivano "in totale autonomia i vari passaggi connessi alla vendita di stupefacenti". Il narcotico veniva ricercato sul mercato contattando vari fornitori - tra cui un 32enne, anche lui passato agli onori della cronaca nell'ottobre del 2020 tra i protagonisti dell'operazione Stanley -, per poi essere acquistato dal miglior offerente.

Successivamente, in casa, i tre di Boccea provvedevano a tagliare, preparare e confezionare la droga a seconda degli ordinativi ricevuti da una ristretta cerchia di clienti abituali, selezionata in base all'affidabilità dimostrata nei pagamenti.

Una volta "scelto" l'acquirente, dopo un contatto telefonico o un incontro presso un bar di Boccea - scelto come luogo dove condurre le trattative di persona - i due pusher di 69 e 59 anni davano appuntamento sotto al loro condominio - a circa un centinaio di metri dal locale - per la consegna della cocaina in modalità drive-in, senza che l'acquirente dovesse scendere dall'auto o dallo scooter, in modo tale da ridurre i tempi e non destare sospetti.

Droga che veniva venduta ai clienti selezionati dai 5 ai 30 grammi. Secondo le indagini, inoltre, parte dei profitti intascati dallo spaccio venivano messi in una cassa comune per essere reinvestiti in nuovi approvvigionamenti una volta terminato lo smercio della partita precedentemente acquistata. E così la giostra continuava. Ed è proseguito fino allo smantellamento della banda. 

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