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Cronaca Ponte Galeria / Via Malagrotta

“Monti dell’Ortaccio è Malagrotta: qui peggio che all’Ilva di Taranto”

La protesta nella Valle Galeria sta montando. Romatoday ha fatto un giro tra gli impianti dell'area e nei luoghi della cava che ospiterà la nuova discarica del post Malagrotta

“Buone notizie! Non una ma ben due discariche. Si vocifera di una nuova proroga per Malagrotta”. Ovviamente il “buone” è ironico. A Massimina, nel presidio permanente dei comitati in protesta, si commentano le ultime news e, con qualche risata, si prova a tirarsi su. Ma il “sì” di Sottile a Monti dell’Ortaccio è percepito come un dramma e nessuno lo nasconde, anzi. “Ho letto un comunicato interessante, si parla di un possibile sito nel XII municipio” irrompe il presidente Bellini che, più che da politico, è lì da cittadino. Un’ultima speranza? Non ci crede nessuno.

“Era chiaro che avrebbero scelto noi. Gli altri siti servivano solo a prendere tempo. Lo sapevamo già che la lotta ci aspettava. E siamo più che pronti” tuona Alessandro Costantino Pacilli, rappresentante de Il Popolo della Nebbia, uno dei comitati riuniti in 'La Valle Galeria si rifiuta', tutti assolutamente contrari a un'altra discarica sulla loro terra. La ‘nebbia’ poi non è solo quella dei fumi prodotti da re Manlio. C’è la mega raffineria della Totalerg che, soprattutto di notte quando lavora a pieno regime “emana un puzzo insostenibile”, il gassificatore (che non funziona come dovrebbe) e l’impianto Ama per i rifiuti ospedalieri di Ponte Malnome. Della serie, “noi qui abbiamo già dato” esclama una cittadina.

Chi vive a Malagrotta ha la possibilità di contrarre tumori alla laringe, al pancreas e al cervello con una percentuale superiore del 3-4% rispetto al resto dei romani. A stabilirlo è uno studio epidemiologico sul quartiere disposto dalla Regione Lazio. Poi ci sono i numeri dell’Arpal che testimoniano come, nella falda acquifera sottostante i 240 ettari di discarica, si superino i limiti di presenza di sostanze pericolose come ferro, manganese e nichel, mentre in alcuni prelievi l’arsenico e il benzene oltrepassino di 30 volte i limiti di legge.

Monti dell'Ortaccio: dal presidio a Massimina ai luoghi della cava



“Chiudere Malagrotta e aprire Monti dell’Ortaccio - ribadiscono dal comitato - è come dire che Malagrotta rimane aperta. Qui la situazione è peggio che all’Ilva di Taranto”. Nei luoghi intorni alla fabbrica pugliese, secondo dati recenti, siamo al 15% in più di casi di tumori rispetto alla media nazionale. "Anche perché, non prendiamoci in giro, Monti dell’Ortaccio non sarebbe provvisoria - continuano dal comitato - dal momento che è più grande della stessa Malagrotta”. Piana del Sole, ci spiegano, è il nucleo abitativo più vicino a Monti dell’Ortaccio, poi c’è Massimina, la Muratella, Ponte Galeria. Si vedono tutti ad occhio nudo e, per farci capire, i rappresentati del comitato ci accompagnano di persona.

Percorrendo via di Malagrotta la distesa di macchine, fumi e odori nauseabondi è lunga. C’è la Totalerg, l’Ama, l’impero Cerroni: “La città delle industrie ambientali” si legge all’ingresso di Malagrotta. E Monti dell’Ortaccio è a pochi metri di distanza, con qualche casa, addirittura, a centimetri. Entriamo da un ingresso secondario e camminiamo fino all’altura più alta, dove si vede tutto. Da lì il concetto prende forma. La cava è in parte già sbancata e guardando sotto si vedono le ruspe.

Per dare un’idea dell’ampiezza dell’area facciamo riferimento a una foto: il punto da dove è stata scattata e l’antenna che si vede in lontananza (distanti circa 150 metri) erano entrambi su una piana in cima alla collina di Monti dell'Ortaccio e ci si poteva spostare da uno all’altro in linea retta. Oggi si scende e si risale perché nel mezzo c’è un enorme buco, quello scavato per ospitare i rifiuti. Altro dettaglio esplicativo: la stessa piana (cima di quella che era prima la collina di Monti dell’Ortaccio) che univa i due punti ostruiva la visuale al quartiere di ‘Piana del Sole’ che oggi invece, con gli scavi effettuati, vede Massimina dall’altra parte.

Alla destra delle ruspe c’è un laghetto, per i nostri accompagnatori si tratterebbe di una falda acquifera emersa dal terreno, un piccolo ecosistema insomma, “altro che acqua piovana come dicono Clini e Cerroni, sono settimane che non piove, di che parlano?”. Sulla sinistra si vede Malagrotta, si vede bene, forse troppo. “E‘ lì dove ci sono i pannelli solari - ci illustra Alessandro del Popolo della Nebbia - e questo dove siamo adesso non è il punto più vicino, è solo il più alto”.

Ma per scongiurare l’incredibile (“è assurdo che continui a pagare chi con tutto questo ci convive da trent’anni”) i cittadini della valle sono pronti a tutto. Per il 4 settembre è pronta la fiaccolata di protesta che forse, ci informano, ospiterà anche una delegazione dall’Ilva di Taranto. Ci saranno, sempre forse, anche quelli che loro chiamano “i pezzi da novanta (Comune, Provincia, Regione, ndr)”. Ed è proprio delle intenzioni istituzionali che i residenti della Valle non si fidano, motivo per cui il presidio tiene volutamente lontano il mondo politico. "Se ne fai parte - ci spiegano - puoi tranquillamente venire a vedere cosa facciamo, ma come semplice cittadino". Se comitati e associazioni non si fidano è perché, se è vero che ufficialmente gli enti locali si dichiarano contrari, “bisogna vedere se si tratta di un 'no' solo politico, o anche tecnico”. “In ogni caso se dovessero andare fino in fondo siamo pronti a tutto. Passeranno sui nostri corpi”.


 

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