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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Detenuto evade dall'ospedale Pertini per la seconda volta in un mese: preso dopo la fuga

Per Donato Capece, segretario nazionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) "quel che è successo è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezza delle carceri"

È evaso per la seconda volta in un mese. La prima fuga, bloccata poco dopo, era stata il 12 ottobre scorso. Martedì è evaso di nuovo mentre era ricoverato nel reparto di psichiatria dell'ospedale Pertini, sulla Tiburtina. A darne notizia sono stati i sindacati della polizia penitenziaria.

Il fuggitivo, un romano di 24 anni, era piantonato da tre agenti della polizia penitenziaria quando, intorno alle 18, si è scagliato verso la porta del reparto sferrando un calcio, si è arrampicato sull'inferriata esterna alta due metri ed è scappato. Sulla fuga del giovane, detenuto per un'aggressione alla stazione di Ponte Mammolo, la svolta è arrivata intorno alla mezzanotte, quando gli uomini del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti Cittadino di Roma del Corpo di penitenziaria lo hanno rintracciato a casa del padre.

Il 24enne, originario di Guidonia, ha infatti prima fatto tappa a Colle Fiorito per comprare una dose di droga e poi si è diretto verso la casa dei genitori. Quando gli agenti ci sono arrivati il padre li ha notati, è rientrato in casa e dopo qualche minuto il giovane è uscito dal portone e si è consegnato.

"Al Nucleo Cittadino di Roma della Polizia penitenziaria vanno il complimenti della UILPA PP per la brillante e fulminea operazione, che tuttavia non attenua i mali del sistema più volte denunciati e che vanno necessariamente e urgentemente affrontati dal Governo e dal Parlamento", attaca Gennarino De Fazio.

Il segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria ha poi aggiunto: "Non conosciamo ancora l'esatta dinamica dell'evasione e non sappiamo valutarne le cause, ma certamente anche questo accadimento è fortemente sintomatico dello stato patologico del sistema penitenziario di cui noi abbiamo fatto più volte la diagnosi e persino suggerito la terapia, ma rispetto al quale non si hanno risposte dalle istituzioni preposte, in questo caso rappresentate dalla politica, dal ministero della Giustizia e dal Governo".

Secondo De Fazio, peraltro, "la circostanza del ricovero in un reparto psichiatrico sembra tendenzialmente confermare da un lato la pericolosità sociale dell'evaso, ma dall'altro anche il fatto che il luogo di custodia con ogni probabilità non dovrebbe essere il carcere, laddove non è evidentemente possibile allo stato attuale fornire le cure adeguate. Tutto questo non lo si può risolvere semplicemente associando l'infermo al penitenziario per poi trasferirlo in carcere e sottoporlo a piantonamento della polizia penitenziaria, con tutto ciò che ne deriva per la sicurezza, i costi economici e soprattutto sociali laddove quello descritto non sembra certo il percorso di recupero ideale".

Per Donato Capece, segretario nazionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) "quel che è successo è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezza delle carceri, che vede sempre maggiori ricorsi a visite in strutture ospedaliere esterne nonostante buona parte delle carceri abbiano Centri diagnostici terapeutici (Cdt) e infermerie all’altezza con personale medico e paramedico adeguato". 

Quanto alla situazione sanitaria delle carceri "è semplicemente terrificante: secondo recenti studi di settore è stato accertato che almeno una patologia è presente nel 60-80% dei detenuti. Questo significa che almeno due detenuti su tre sono malati. Tra le malattie più frequenti, proprio quelle infettive, che interessano il 48% dei presenti. - conclude Capece - A seguire i disturbi psichiatrici (32%), le malattie osteoarticolari (17%), quelle cardiovascolari (16%), problemi metabolici (11%) e dermatologici (10%). Questo fa capire ancora di più come e quanto è particolarmente stressante il lavoro in carcere per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria e dei Nuclei Traduzioni e Piantonamenti che svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità, pur in un contesto assai complicato per il ripetersi di eventi critici".

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